20 settembre 2007

relazione Tino Casali - assemblea Ass. della Resistenza

Cari compagni dell’ANPI e di tutte le Associazioni della Resistenza,
siamo qui riuniti per ricordare con affetto la figura e l’opera di Giovanni Pesce.
Caro Giovanni, a nome della nostra Associazione, che tu hai contribuito a creare, ti esprimo la tristezza ed il profondo vuoto che ha creato la tua perdita nei compagni, nell’impegno politico e sociale, per il lascito morale e di esperienze. Un patrimonio di idee che non deve disperdersi in quanto segna un percorso e una vita che va ancora considerata e rivista nella sua giusta, autentica dimensione e statura.
Caro Visone voglio dirti che la tua vita appartiene alla storia non solo di Milano ma della nazione tutta. Hai lasciato un’impronta operosa interamente iscritta in tutta la tua vita, che ha preso l’avvio da un cammino comune iniziato in una stagione – quella della Resistenza - che fu ricca di impegni e attività, condotti sempre allo scopo di consolidare la democrazia, per una civile convivenza ed un maggiore sviluppo sociale.
Ma sono anche qui, come compagno, con il dolore che si sente per la scomparsa di un amico fraterno al quale sono rimasto legato per oltre mezzo secolo, non solo per la stessa militanza politica ma da ragioni fatte di ideali e di lotta, di esperienze vissute insieme. Quando raccontavi e illustravi ai ragazzi ed alle giovani generazioni squarci della tua vita complessa e ricca di contenuti suscitavi immediatamente la loro attenzione tanto ché potevano stare delle ore ad ascoltarti.
Altrettanto preziosa resta la tua continua azione di memoria storica e con essa la tua modestia, ma anche i tuoi eccezionali contributi alle tematiche della vita politica, tesa al riesame dei fatti e delle vicende della nostra vita recente.
Anche in questa occasione voglio ribadire che la conoscenza della storia ed il suo rispetto sono condizioni essenziali di democrazia, specie nella società in cui viviamo, che rimuove e dimentica in fretta ogni accadimento che proprio per questo diventa debole e indifesa anche di fronte ad un revisionismo che si prefigge esplicitamente di cancellare con la penna, la storia scritta col sangue e ripropone i fantasmi che la guerra di Liberazione avrebbe dovuto definitivamente sconfiggere.
Un revisionismo tanto eticamente spregiudicato, con la Giunta comunale chiamata a fungere da apripista, da non sentire neppure vergogna ad equiparare e tentare di agire di convenienza le ragioni delle lotte contrapposte, strumentalizzando il sentimento di uguaglianza tra i morti ai quali appartiene il senso di pietà ed il costume civile di ogni popolo.
Pietà che non può essere strumentalizzata e abusata per negare l’evidenza della impossibilità di equiparare tra loro scelte di vita e di lotta diametralmente opposte.
Caro Giovanni, nei tuoi scritti e nei preziosi contributi allo studio ed elaborazione dei documenti associativi, sottolineavi in più occasioni la necessità di essere chiari nell’approfondire l’analisi degli eventi e delle situazioni della nostra storia recente anche al fine di acquisire una sempre maggior conoscenza degli stessi avvenimenti che, all’epoca, ci coinvolsero. Nel contempo affermavi la necessità di considerare il presente del nostro paese e dell’Europa, guardando al futuro per individuare problemi, tendenze, rischi e prospettive.
È stato detto della tua partecipazione, giovanissimo, alla guerra di Spagna e della tua responsabilità nella funzione di Presidente dell’AICVAS. Ma voglio anche ricordare il tuo impegno e le qualificate iniziative collegate alla memoria, nell’ANPI milanese e nazionale.
Con onestà hai onorato la tua Milano, città nella quale è unanime il riconoscimento dell’opinione pubblica per il tuo operato anche come uomo delle istituzioni.
Sappiamo che la morte sovente, attenua le passioni, cancella o sfuma le differenze, esalta le qualità. Ma ciò avviene più facilmente quando passioni e differenze e sono qualità piccole.
Naturalmente non è il tuo caso.
Sei stato uomo di parte, fiero di esserlo, come di parte sono gli uomini costretti a scegliere e quindi a prendere posizione in un momento cruciale per la storia nazionale. "Scelta" che fu per la libertà, scelta che facesti per tutti; scelta che diviene chiara e pienamente compresa attraverso i tuoi scritti:
"Senza Tregua", "Quando cessarono gli spari", sulla liberazione di Milano. E poi "Soldati senza uniforme", il tuo primo libro, "Garibaldini in Spagna", che raccontano le drammatiche vicende della guerra civile spagnola.
Fra gli ultimi tuoi scritti, ve ne è uno dal titolo emblematico: "Attualità dell’antifascismo" che raccoglie un tuo intervento in una scuola superiore di Varese.
La tua vita ha espresso una chiara eticità, che contraddistingue gli uomini onesti, leali ed intransigenti. Moneta rara in tempi così difficili e confusi. Hai stabilito un fecondo e sereno rapporto di collaborazione con il mondo della scuola, cosciente com’eri che le nuove generazioni aspettano dagli adulti risposte a domande fondamentali e fra queste il significato da dare alla vita ed al senso della storia.
Ecco caro Visone cosa volevo dirti. E voglio aggiungere che il mio rimpianto e quello dell’ANPI sono grandi ed uniti al dolore di avere perso un vero, caro ed insostituibile amico.
Ma è ancora più pesante ricordarti dopo la presa di posizione della giunta comunale di Milano e le polemiche sortite dopo la proposta del Sindaco Moratti di tumularti nel Famedio, da parte di alcuni esponenti di un partito di giunta. Polemiche alla cui base vi è una ricostruzione insensata della storia, e che in ultima analisi esprimono la volontà di seppellire la storia.
È stato affermato che "Pesce non è uomo di riconciliazione"; è stato detto da alcuni in giunta comunale: "Dovremmo fare come in Spagna dove è stato costruito nella valle di Los Caìdos un monumento alla riconciliazione". Secondo costoro, là in quella tomba collettiva, sono stati tumulati franchisti e repubblicani. Questa insulsaggine ha osato pronunciare chi ha proposto un passo riconciliativi post mortem: spoglie di repubblichini e partigiani nello stesso luogo. Il proponente, figlio di un sindaco socialista di Milano del passato, ora in carica in altro partito di destra, non sa veramente nulla. Non sa che quel monumento contiene le spoglie di Francisco Franco e Primo De Rivera. Non sa che lo stesso è stato costruito, in epoca franchista, dal 1940, appena finì la guerra civile, sino al 1958, da prigionieri repubblicani costretti allo sfinimento, morendo a decine per portare a termine l’opera.
Nessun partito della sinistra rivendica quel luogo come orgoglio nazionale, perché i costruttori sono stati usati per rivendicare il superamento storico e per contrastare il "pericolo" determinato dal comunismo spagnolo.
Luogo che ogni 20 novembre è teatro di manifestazioni di nostalgici del franchismo spagnolo.
Un bell’esempio di riconciliazione quindi. L’ignoranza del proponente è veramente crassa.
La nostra posizione vuole anche essere un impegno, una conferma, una decisione dell’ANPI e delle altre Associazioni della Resistenza.
Per tutti un impegno a "non dimenticare". Si deve avere conoscenza che la lotta di Liberazione ha provocato la maggiore rottura di tutta l’età della storia moderna. Partigiani sono stati Italiani con una strategia e con un indirizzo di fondo che venivano da lontano: esponenti di forze politiche antifasciste diverse per le loro concezioni morali, culturali e sociali, ma unite nel comune denominatore della Libertà, di giustizia e della democrazia.
Per questo anche oggi respingiamo con fermezza l’interpretazione di coloro che insistono a considerare la guerra di Liberazione come "guerra civile", per la conquista di nuovi centri di potere.
La lotta di Liberazione – lo sappiano Pillitteri ed altri componenti della Giunta – fu un movimento popolare di donne e uomini, di combattenti antifascisti sostenuto da una grande solidarietà di massa, con i militari delle tre Forze Armate che hanno combattuto assieme a noi per riconquistare la Libertà per tutti, con una generosità non sempre conosciuta in altre epoche storiche.
Questo è il grande dato storico che anche oggi vogliamo sottolineare.
Oggi con l’onore reso a Giovanni Pesce, rinnoviamo l’omaggio a tutti i caduti e a quanti della nostra generazione sono scomparsi e che ci hanno lasciato un mobilissimo testamento, che non può essere dimenticato o tradito.
Se il Sindaco Moratti ha rivendicato per te il Famedio lo avrà fatto conoscendoti e rendendosi conto della tua statura.
Il resto è sostanziato dalle solite posizioni di coloro che cercano di sotterrare e cancellare una stagione splendida, quella della Resistenza italiana.
Caro Giovanni, difenderemo sempre il tuo ricordo, onoreremo la tua Medaglia d’oro al Valor Militare, la tua schiettezza. Ancora una volta dobbiamo dire che si può studiare ed inquadrare storicamente le diverse posizioni politiche che nella storia si sono espresse. Ma le diversità morali rimangono imperiture per sempre. I repressori, i fascisti rimangono tali e gli antifascisti pure, e sono altra cosa, sempre, sia da vivi sia da morti.
Voglio unire in questa occasione nel nostro ideale abbrazzio la cara Nori, la nostra "Sandra", la staffetta che dal 1943 hai avuto sempre al tuo fianco come compagna di una vita intera. Nori, ci uniamo al tuo dolore e a quello di tua figlia Tiziana e di tuo nipote Davide.
È un dolore vero, profondo, non facilmente esprimibile.
Il mio rimpianto e dolore sono grandi: quelli di avere perso un grande, insostituibile amico.

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