30 agosto 2018

Unità, antifascismo... Carla Nespolo. Presidente Nazionale ANPI.

"La lezione di unità dei Partigiani è ancora fondamentale. Un'unità senza aggettivi se non uno: antifascista. Non mi interessa se sei riformista, rivoluzionario, comunista o democristiano, mi interessa se sei una persona umana. E ricordatevi sempre, siamo di più"

Carla Nespolo Presidente Nazionale ANPI, al dibattito del 26 agosto alla Festa nazionale dell'Unità a Ravenna.

28 agosto 2018

ANPI Provinciale Milano - Europa senza muri...

Il Governo italiano, a guida Salviniana, sta imboccando la via della violazione delle regole, dei trattati internazionali e dell'articolo 2 della Costituzione repubblicana che parla di solidarietà e di accoglienza.
Martedì 28 agosto, in Prefettura, a Milano, si incontreranno Salvini e Orban.
Due muri a confronto e un'idea sovranista e nazionalista dell'Italia e dell'Europa che non ci appartiene e che si contrappone ai principi sanciti dalla Costituzione repubblicana, ai trattati internazionali e alla natura stessa dell'Unione Europea nata per guardare ai bisogni e alle sofferenze della gente.
L'ANPI Provinciale di Milano aderisce al presidio promosso da Insieme senza muri e da I Sentinelli di Milano che si svolgerà a Milano martedì 28 agosto alle ore 17 in piazza San Babila. 


8 settembre 1943 inizia la RESISTENZA... ANPI Milano.


Festa Partigiana Peli di Coli - ANPI Trovo Piacenza.


ANPI Maranello - ANTIFASCISTI di ieri e di oggi...


Eccidio di Anzola. - ANPI Omegna e Zona Cusio.


11 agosto 2018

Ai quindici di Piazzale Loreto...

Ringraziando per empatia, simbiosi e presenza, un Antifascismo pieno di vita contro la morte del pensiero, contro la morte delle idee, contro mani vili e traditrici, contro fascismo e razzismo. 
Ora e sempre Resistenza.
10 agosto sera Milano Piazzale Loreto, per voi come promesso le due poesie lette durante le mie riflessioni dal palco. Grazie ancora.
Ivano Tajetti. 


Ai quindici di Piazzale Loreto.                                                        Salvatore Quasimodo.
"Esposito, Fiorani, Fogagnolo,
Casiraghi, chi siete? Voi nomi, ombre?
Soncini, Principato, spente epigrafi,
voi, Del Riccio, Temolo, Vertemati,
Gasparini? Foglie d’un albero
di sangue, Galimberti, Ragni, voi,
Bravin, Mastrodomenico, Poletti?
O caro sangue nostro che non sporca
la terra, sangue che inizia la terra
nell’ora dei moschetti. Sulle spalle
le vostre piaghe di piombo ci umiliano :
troppo tempo passò. Ricade morte
da bocche funebri, chiedono morte
le bandiere straniere sulle porte
ancora delle vostre case. Temono
da voi la morte, credendosi vivi.
La nostra non è guardia di tristezza,
non è veglia di lacrime alle tombe:
la morte non dà ombra quando è vita."

Per i compagni fucilati in Piazzale Loreto.
Alfonso Gatto.

"Ed era l'alba, poi tutto fu fermo
la città, il cielo, il fiato del giorno.
Restarono i carnefici soltanto
vivi davanti ai morti.
Era silenzio l'urlo del mattino,
silenzio il cielo ferito:
un silenzio di case, di Milano.
Restarono bruttati anche di sole,
sporchi di luce e l'uno all'altro odiosi,
gli assassini venduti alla paura.
Era l'alba, e dove fu lavoro
ove il piazzale era la gioia accesa
della città migrante alle sue luci
da sera a sera, ove lo stesso strido
dei tram era saluto al giorno,
al fresco viso dei vivi, vollero il massacro
perché Milano avesse alla sua soglia
confusi tutti in uno stesso sangue
i suoi figli promessi e il vecchio cuore
forte e ridesto stretto come un pugno.
Ebbi il mio cuore ed anche il vostro cuore
il cuore di mia madre e dei miei figli,
di tutti i vivi uccisi in un istante
per quei morti mostrati lungo il giorno
alla luce d'estate, a un temporale di nuvole roventi.
Attesi il male come un fuoco fulmineo,
come l'acqua scrosciante di vittoria;
udii il tuono d'un popolo ridesto dalle tombe.
Io vidi il nuovo giorno che a Loreto
sovra la rossa barricata i morti
saliranno per primi, ancora in tuta
e col petto discinto, ancora vivi di sangue e ragioni.
Ed il giorno, ogni ora eterna brucia a questo fuoco,
ogni alba ha il petto offeso da quel piombo
degli innocenti fulminati al muro." 




09 agosto 2018

Per sconfiggere il razzismo serve un lavoro Partigiano...

PER SCONFIGGERE IL RAZZISMO
SERVE UN LAVORO PARTIGIANO.
Chi ci tiene a non finire sommerso deve svegliarsi adesso.
C’è un lavoro da fare: duro, scomodo e perfino intollerante.
Di Gianfrancesco Turano.
L'Espresso - 08 agosto 2018.
Nel viaggio dell’essere umano attraverso i suoi luoghi comuni, nessun paese è bello come la Tolleranza, nessun altro è così ricco di civiltà e monumenti, di cultura e buona educazione. È così bello attraversare la Tolleranza che molti si illudono di potercisi stabilire per sempre. Ma l’uomo non sta fermo se non quando è troppo tardi per tornare a muoversi, come accade nel luogo comune più frequentato, dove tutti finiscono per trasferirsi.
Chi pensa di risiedere nella Tolleranza, in realtà, continua il suo viaggio. Senza accorgersi, attraversa confini. Prima o poi, inevitabilmente, si sposta in luoghi altrettanto comodi e tranquilli che si chiamano Quieto Vivere, poi Ignavia e infine Viltà. È successo infinite volte nella Storia, quando si inizia a sentire un certo discorso, sempre uguale, rivolto a gente sempre diversa, siano gli armeni, gli ebrei, i tutsi del Ruanda o, prima ancora, i catari e gli ugonotti.
I bersagli di questo discorso vengono allontanati dagli altri e spinti verso il paese della Paura. Gli altri pensano: alla fine, è soltanto un discorso, è un parere personale e ognuno ha il diritto di esprimere un parere poiché ci troviamo nel paese della Tolleranza. È stato detto: non condivido la tua opinione ma difenderò fino alla morte il tuo diritto di esprimerla.
Ecco, in breve, il paese della Tolleranza e i suoi visitatori così abituali da sentirsene cittadini.
Questa tolleranza, oggi e qui, è sbagliata. È il travestimento del quieto vivere, della codardia, del menefreghismo, della frammentazione dolosa del corpo sociale illustrata dall’apologo del pastore luterano Martin Niemöller, spedito da Hitler a Dachau. È quello che si chiude con la frase: e quando vennero a prendere me, non c’era più nessuno con cui protestare.
Non esiste un modo tollerante di affrontare l’intolleranza. C’è solo un modo vile per farlo. Oppure, un modo intollerante.
Si è visto con Hitler e Mussolini, tollerati finché hanno raso al suolo l’Europa. Il loro esempio è così recente e vivo nella memoria che prima delle elezioni del 4 marzo 2018 si è additato come rischio supremo della civiltà il neofascismo di Casa Pound e Forza Nuova, che sono state votate dallo 0,8 per cento dei cittadini.
È stato facile prendersela con loro. Sono brutti, rasati, tatuati, spesso urlanti, minacciosi, violenti per Dna politico. Più di ogni altra cosa, sono pochi.
Mentre spezzavamo le reni ai pronipoti delle Ss, la Lega ex Nord si avviava a diventare il partito più seguito in Italia. In trent’anni di vita, alla Lega è stato consentito tutto. È stato tollerato il suo discorso esplicitamente razzista, l’insulto sistematico a stranieri e meridionali, la diffamazione dell’Italia e dell’Europa.
La Lega ha potuto seminare per decenni le opinioni alle quali, nel paese della Tolleranza, aveva diritto. La Lega ha convinto una massa crescente di italiani a non vergognarsi della sua intolleranza. Ha spiegato che il razzismo è un’opinione come un’altra e che si può esprimerla lanciando uova a una ragazza torinese, Daisy Osakue, di cui si disapprova il colore.
L’unico motivo per cui la Lega ci ha messo così tanto a sfondare è che il suo fondatore Umberto Bossi, reputato uno straordinario “animale politico” anche a sinistra, dove il razzismo si pratica con vergogna, si è comportato da imbecille politico.
Per un quarto di secolo, il presunto medico e presunto genio di Cassano Magnago ha rifiutato i consensi a sud del Po. Mentre il Fn della famiglia Le Pen dilagava nel paese europeo più ostile al fascismo per il semplice motivo che non discriminava nizzardi e marsigliesi, la Lega Nord si sparava in un piede giorno dopo giorno.
Poi è arrivato Matteo Salvini. Via la parola Nord, una mano di vernice allo statuto, qualche selfie davanti a una Napoli o con un cannolo in mano, e il gioco è stato fatto in pochi mesi.
Il risultato di decenni di tolleranza è che la mala pianta del razzismo è diventata una quercia. Oggi è la colonna portante del governo e promette di esserlo a lungo. Appena giunto al potere, il capo dei razzisti programma già di superare il suo modello, il democratore russo Vladimir Putin, e prevede di governare trent’anni contro i venti del Duce mentre afferma con sprezzo del diritto: noi leghisti non siamo ladri perché i soldi rubati li abbiamo già spesi.
Questo risultato è frutto di un viaggio collettivo nella Tolleranza che ha trasformato l’Italia non in un paese libero ma in un paese di gente libera di fare quello che vuole, un paese di condoni e patteggiamenti. La Tolleranza ha permesso la distruzione dei doveri dei cittadini italiani, in primis, e degli stranieri di riflesso. La Tolleranza ha distrutto i diritti. Oggi, mentre l’intolleranza neofascista si concentra sui migranti, nessuno si stupisce se un’azienda taglia affinché il top management intaschi la paga dei licenziati sotto forma di bonus variabile dovuto “alla creazione di valore”. Il consenso dei lavoratori vessati è alla base del Fascismo (Canale Mussolini di Antonio Pennacchi) e del Nazionalsocialismo (Berlin Alexanderplatz di Alfred Döblin).
Era chiaro già due anni fa che l’Italia della Tolleranza era pronta a cadere in braccio al primo democratore vagamente credibile. Adesso l’intolleranza è lì. Deve solo smontare quanto resta del M5S, abbandonato al suo destino dall’infantilismo democrat (dirigenti e militanti insieme).
Non servirà molto tempo. Quando un leader mostruoso entra in fase con la massa che lo ha eletto, è il maremoto. Chi ci tiene a non finire sommerso deve svegliarsi adesso. Deve capire che il viaggio nel paese della Tolleranza è un periodo di ferie meraviglioso ma è durato troppo a lungo. C’è del lavoro e al lavoro bisogna tornare sapendo che sarà duro, scomodo e spesso intollerante.
Sarà un lavoro partigiano. Forse non servirà prendere il fucile e andare in montagna. Basterà applicare la prima forma di intolleranza, il rifiuto, alle cose minime. Per esempio, disdire l’abbonamento a quei bagni di Alassio dove, come ha raccontato l’Espresso, esiste un cane da bagnasciuga addestrato al razzismo verso i neri poco abbienti. Miracoli dell’istruzione.
È giusto praticare il razzismo verso i razzisti. Anche loro vanno istruiti sul fatto che l’uomo tende sempre al diverso. Non lo si può punire meglio che lasciandolo in mezzo a gente uguale a lui."

03 agosto 2018

NO al fascismo... Legge 205. 20 giugno 1993.

Quando un Ministro, cha ha giurato sulla Costituzione nata dalla Resistenza, si pronuncia per eliminare la Legge 205 del 20 giugno 1993. (Detta Legge Mancino)...  Noi Partigiani, Antifascisti, Antirazzisti, figli, nipoti, famigliari di Partigiani, noi iscritti all'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, sentiamo un brivido lungo la schiena, e seriamente preoccupati che il male ritorni, non permetteremo che il fascismo trovi spazio legale, che alta si alzi la voce delle Istituzioni e della politica Democratica, non passi un tale disegno, un tale pensiero. Noi non dimentichiamo e ci opporremo con tutte le forze che tali riflessioni trovino consensi e permessi. Chiediamo le dimissioni del Ministro Fontana. Il fascismo non è un opinione è un reato. 
Sezione ANPI Barona Milano.
3 agosto 2018.  


La "legge Mancino" si colloca all'interno di un complessivo quadro normativo volto a sanzionare le condotte riconducibili al fascismo e al razzismo. Le principali fonti normative al riguardo sono le seguenti:
  1. la XII Disposizione transitoria e finale della Costituzione della Repubblica Italiana, al primo comma, stabilisce che "È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista";
  2. in attuazione della predetta Disposizione, la Legge 20 giugno 1952, n. 645, in materia di "Norme di attuazione della XII disposizione transitoria e finale (comma primo) della Costituzione", all'art. 1, precisa che si ha riorganizzazione del disciolto partito fascista quando una associazione, un movimento o comunque un gruppo di persone non inferiore a cinque persegue finalità antidemocratiche proprie del partito fascista:
    • esaltando, minacciando o usando la violenza quale metodo di lotta politica,
    • o propugnando la soppressione delle libertà garantite dalla Costituzione,
    • o denigrando la democrazia, le sue istituzioni e i valori della Resistenza,
    • o svolgendo propaganda razzista,
    • ovvero rivolge la sua attività alla esaltazione di esponenti, principi, fatti e metodi propri del predetto partito,
    • o compie manifestazioni esteriori di carattere fascista;
  1. la Convenzione internazionale sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, aperta alla firma a New York il 7 marzo 1966, è stata recepita dall'ordinamento italiano con legge 13 ottobre 1975, n. 654.
Tale Convenzione dichiara nel suo preambolo, fra l'altro, che "gli stati parti della presente convenzione [sono] convinti che qualsiasi dottrina di superiorità fondata sulla distinzione tra le razze è falsa scientificamente, condannabile moralmente ed ingiusta e pericolosa socialmente, e che nulla potrebbe giustificare la discriminazione razziale, né in teoria né in pratica, [e che gli stati stessi sono] risoluti ad adottare tutte le misure necessarie alla rapida eliminazione di ogni forma e di ogni manifestazione di discriminazione razziali nonché a prevenire ed a combattere le dottrine e le pratiche razziali".
In conseguenza la medesima Convenzione, all'art. 4, stabilisce che "gli Stati contraenti condannano ogni propaganda ed ogni organizzazione che s'ispiri a concetti ed a teorie basate sulla superiorità di una razza o di un gruppo di individui di un certo colore o di una certa origine etnica, o che pretendano di giustificare o di incoraggiare ogni forma di odio e di discriminazione razziale".
Sempre nel medesimo art. 4 della Convenzione, gli Stati contraenti "si impegnano ad adottare immediatamente misure efficaci per eliminare ogni incitamento ad una tale discriminazione od ogni atto discriminatorio, tenendo conto, a tale scopo, dei principi formulati nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo [...] ed in particolare:
  1. a dichiarare crimini punibili dalla legge, ogni diffusione di idee basate sulla superiorità o sull'odio razziale, ogni incitamento alla discriminazione razziale, nonché ogni atto di violenza, od incitamento a tali atti diretti contro ogni razza o gruppo di individui di colore diverso o di diversa origine etnica, come ogni aiuto apportato ad attività razzistiche, compreso il loro finanziamento;
  2. a dichiarare illegali ed a vietare le organizzazioni e le attività di propaganda organizzate ed ogni altro tipo di attività di propaganda che incitino alla discriminazione razziale e che l'incoraggino, nonché a dichiarare reato punibile dalla legge la partecipazione a tali organizzazioni od a tali attività;
  3. a non permettere né alle pubbliche autorità, né alle pubbliche istituzioni, nazionali o locali, l'incitamento o l'incoraggiamento alla discriminazione razziale."
La legge Mancino si richiama esplicitamente alle predette normative di riferimentoLa legge 25 giugno 1993, n. 205 è una norma della Repubblica Italiana che sanziona e condanna gesti, azioni e slogan legati all'ideologia nazifascista, e aventi per scopo l'incitazione alla violenza e alla discriminazione per motivi razziali, etnici, religiosi o nazionali. La legge punisce anche l'utilizzo di simbologie legate a suddetti movimenti politici.
Emanata con il decreto legge 26 aprile 1993 n. 122 - convertito con modificazioni in legge 25 giugno 1993, n. 205 - è nota come legge Mancino, dal nome dell'allora Ministro dell'Interno che ne fu proponente (il democristiano Nicola Mancino).
Essa è oggi il principale strumento legislativo che l'ordinamento italiano offre per la repressione dei crimini d'odio.
L'art. 1 ("Discriminazione, odio o violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi") dispone quanto segue: "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, [...] è punito:
  • a) con la reclusione fino a un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull'odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi;
  • b) con la reclusione da sei mesi a quattro anni chi, in qualsiasi modo, incita a commettere o commette violenza o atti di provocazione alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
È vietata ogni organizzazione, associazione, movimento o gruppo avente tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Chi partecipa a tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi, o presta assistenza alla loro attività, è punito, per il solo fatto della partecipazione o dell'assistenza, con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Coloro che promuovono o dirigono tali organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi sono puniti, per ciò solo, con la reclusione da uno a sei anni."
L'art. 2 ("Disposizioni di prevenzione") stabilisce che "chiunque, in pubbliche riunioni, compia manifestazioni esteriori od ostenti emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi" come sopra definiti "è punito con la pena della reclusione fino a tre anni e con la multa da lire duecentomila a lire cinquecentomila." Inoltre lo stesso articolo vieta la propaganda fascista e razzista negli stadi, disponendo che "è vietato l'accesso ai luoghi dove si svolgono competizioni agonistiche alle persone che vi si recano con emblemi o simboli" di cui sopra. "Il contravventore è punito con l'arresto da tre mesi ad un anno."

L'art. 4 punisce con la reclusione da sei mesi a due anni e con la multa da lire 400.000 a lire 1.000.000 "chi pubblicamente esalta esponenti, principi, fatti o metodi del fascismo, oppure le sue finalità antidemocratiche. Se il fatto riguarda idee o metodi razzisti, la pena è della reclusione da uno a tre anni e della multa da uno a due milioni."

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