26 giugno 2008

Ruolo e impegno dell'ANPI nell'attuale situazione Politica

Doveri e limiti dell’ANPI nell’assumere posizioni pubbliche relative alle vicende e alla situazione politica italiana
Negli oltre 60 anni dalla sua Costituzione, avvenuta in Roma nel giugno 1944, la nostra Associazione ha sempre ritenuto proprio inderogabile dovere formulare valutazioni e assumere iniziative sulla vita istituzionale e politica della nostra Comunità nazionale, in tutte le situazioni varie e complesse che l’hanno caratterizzata, dalla Liberazione a tutt’oggi.
Questo ruolo fu determinato dalla esigenza, profondamente avvertita da tutti coloro che si erano battuti con grande sacrificio di sangue e sofferenze contro i totalitarismi fascista e nazista, di garantire una vigile tutela della nuova identità democratica scaturita per la nostra Patria dalla vittoria del 25 aprile 1945.
E’ muovendo da questa data, carica di significati concreti e simbolici nella storia d’Italia, che si sono resi possibili il mutamento della forma istituzionale del nostro Stato da monarchia a repubblica e l’elaborazione della Costituzione, carta fondamentale dei diritti e dei doveri dei cittadini tra le più lungimiranti e moderne dell’Europa.
Esistono dunque ragioni ideali profonde ed etiche che hanno motivato e tuttora motivano la Resistenza e per essa le associazioni che, come l’ANPI, ne incarnano la memoria e i valori, legittimandole a far sentire la propria voce sulle vicende politico-istituzionali del Paese in funzione, appunto, della salvaguardia e dell’affermazione dei principi che reggono il nostro sistema democratico.
Per tutto ciò l’ANPI ha preso posizione nel passato, con i propri congressi e le iniziative, contro i rigurgiti del fascismo, contro i tentativi di colpo di stato che pur si sono verificati nella vita della repubblica, contro lo stragismo fascista e il terrorismo delle Br negli anni di piombo, contro la criminalità organizzata che riduce gli spazi della democrazia, contro la P2 che ha perseguito l’obiettivo ambizioso di impossessarsi dei gangli essenziali del potere del nostro sistema politico.
Nel suo impegno l’ANPI ha sempre tenuto presente, e oggi intende ribadire, che per comprendere e affrontare il presente è necessario conoscere il passato e valorizzarne la memoria pur alla luce delle sfide che vengono imposte dalla modernità.
Per l’ANPI si tratta di un agire politico indirizzato soprattutto ai giovani che negli ideali della Resistenza trovano alimento per le proprie convinzioni.
L’ANPI tuttavia non è un partito politico. Nel corso della lotta di liberazione hanno agito fianco a fianco tutti i partiti antifascisti animati da una volontà comune: liberali, comunisti, socialisti, democratici cristiani, azionisti, repubblicani, insieme ad un grande
numero, la maggioranza, di donne, di uomini, di giovani, di militari che non appartenevano ad alcun partito ma agivano tutti sospinti esclusivamente da fini patriottici.
L’ANPI deve essere coerente con questa sua profonda, originaria radice unitaria, patto stretto fra le parti più consapevoli del nostro popolo per sconfiggere il totalitarismo fascista e instaurare una vera e moderna democrazia.
Le regole di questa democrazia sono state scritte nella nostra carta fondamentale, la Costituzione, ed è alla sua piena attuazione che le energie e la memoria di cui la nostra associazione dispone debbono tendere.
L’antifascismo è il cemento unitario che deve saldare insieme tutte le forze vive della società, nell’interesse generale del nostro popolo: non quindi un antifascismo generico, indeterminato, ma quell’antifascismo che è stato tradotto in norme giuridiche di immediata attuazione e nei principi e nelle norme programmatiche della Costituzione repubblicana.
La democrazia è fondata sul dialogo e sul reciproco rispetto tra maggioranza e opposizione e disciplinata da regole e da garanzie da tutti lealmente condivise. E’ interesse generale della collettività di cui l’ANPI ambisce farsi interprete che quel dialogo si realizzi proficuamente. Non spetta alla nostra associazione entrare nel merito delle singole scelte dei partiti politici, se non nella misura in cui le scelte possono incidere sul funzionamento del sistema democratico così come promosso dalla Resistenza e consacrato nella Costituzione.
Un ultimo richiamo è necessario, nel momento attuale: quello relativo all’etica della politica, in particolare nel senso che nessun incarico e funzione pubblici possono essere attribuiti o assunti come fonte di privilegi o di carriere, essendo ogni incarico e funzione pubblici tassativamente e assolutamente attribuibili o assumibili soltanto come servizio a favore della collettività e del bene generale del Paese.

La crisi politica italiana, il risultato delle elezioni e le nuove prospettive
La caduta del governo Prodi, le elezioni del 13-14 aprile scorsi, la relativa campagna elettorale si sono svolte in un’atmosfera di grave e per alcuni versi persino drammatica crisi della nostra società nazionale.
Crisi economica, crisi di fiducia nei confronti della politica sempre più distante ed estranea ai problemi reali dei cittadini che può portarli o alla rassegnazione o a estremismi gravi e settari, crisi di fiducia nel futuro vissuto come una incombente e sconosciuta minaccia, crisi di ogni idealità in una fase storica di tramonto delle ideologie. Una crisi in parte derivata da quella che pervade, nell’era della globalizzazione, l’intera vita del genere umano stretto tra uno straordinario progresso tecnologico e la condizione di enormi masse di individui che vegetano ai limiti di una sempre più precaria sopravvivenza; ma anche, in larga parte, crisi specifica della nostra realtà nazionale che nonostante gli insegnamenti drammatici del passato non è stata in grado, o non è stata capace, di attrezzarsi in modo adeguato per affrontare le sfide della modernità né sul piano organizzativo né sul piano ideale. Una crisi dunque le cui cause vengono da lontano e largamente consistono nella continuità di strutture, di comportamenti e di mentalità dello stato totalitario anche nella repubblica democratica e nella "nostalgia di fascismo" che non si è mai del tutto spenta nel nostro Paese.
Queste arretratezze e queste pulsioni sono state cavalcate in alcuni momenti critici della nostra vita repubblicana dalle forze avverse o indisponibili ad uno sviluppo pieno e trasparente della nostra democrazia.
Venendo ai nostri giorni crediamo possa affermarsi, come l’ANPI ha ribadito in diverse occasioni anche congressuali, che in questi anni la destra attuale ha fatto leva nella sua azione politica su antichi oscuri retaggi, attuando un populismo che non coincide certamente con lo sviluppo di un autentico sistema democratico. Ciò è dimostrato, fra l’altro, dalla sequenza delle leggi "ad personam" che essa ha varato, dallo scontro minaccioso nei confronti della magistratura, dal tentativo di manipolazione della Costituzione provvidenzialmente sconfitto con il referendum popolare del giugno 2006.
Nel corso dei due anni in cui il ministero Prodi è rimasto in carica la destra, questa destra, lo ha costantemente attaccato in modo aggressivo e immotivato, rifiutando ogni parvenza di dialogo e contestando in modi anche offensivi la legittimità del voto dei senatori a vita. E’ stato dato corso all’idea della "spallata" al governo senza alcuna motivata ragione e senza alcun riconoscimento dei risultati positivi della sua azione, quali ad esempio il risanamento dei conti pubblici, la consistente riduzione dell’evasione fiscale, piaga endemica del nostro Paese, l’aumento del prestigio internazionale dell’Italia.
Per questo complesso di ragioni, abbiamo ritenuto doveroso per la nostra associazione schierarsi a sostegno delle forze che hanno come riferimento i valori democratici e civili della lotta di liberazione nazionale e della carta fondamentale della nostra Repubblica. Con ciò non intendiamo naturalmente negare il positivo valore di una riconciliazione nazionale basata sulla accettazione autentica, nei fatti e nei comportamenti, dei valori democratici, civili e sociali della nostra Costituzione. Ciò esclude naturalmente che possa essere fatta una equiparazione storica fra coloro che hanno combattuto per la libertà e la democrazia in Italia e coloro che, dall'altra parte, hanno combattuto contro questa prospettiva a fianco del totalitarismo nazista, indipendentemente dal rispetto dovuto a tutti i caduti nel corso di quella tragedia epocale che fu la seconda guerra mondiale.
Alla luce di queste considerazioni abbiamo dedicato una particolare attenzione alle dichiarazioni fatte e agli accenti usati dal nuovo presidente della Camera nel suo discorso di insediamento, relativamente alla condanna dei totalitarismi del secolo scorso, all'elogio della libertà come precondizione della democrazia e al riconoscimento del 25 aprile e del 1° maggio come giornate in cui si celebrano valori autenticamente "avvertiti come vivi e vitali da tutti gli italiani".
Nel corso del suo recentissimo insediamento, il nuovo governo Berlusconi, con la parola e gli atteggiamenti del suo leader, ha proclamato una inedita volontà di dialogo con la coalizione di centrosinistra sotto il profilo di una effettiva volontà di collaborazione, quanto meno in ordine alle riforme istituzionali indispensabili per il Paese. I precedenti non sono incoraggianti e ci si potrebbe trovare di fronte a una tattica motivata da ragioni e calcoli proiettati nel futuro in fondo ai quali si colloca la prospettiva del Quirinale. Tuttavia l’unico atteggiamento serio e responsabile è quello di misurare le intenzioni con i fatti. Ad esempio in tema di riforme istituzionali sarebbero fatti concreti, oltre alla modifica della legge elettorale, la riforma della RAI tv e la messa in sicurezza della Costituzione mediante la modifica dell’articolo 138, mentre dovrebbe essere bandita ogni intenzione o velleità di elezione diretta da parte del popolo del Presidente della Repubblica o del capo del governo, ipotesi del tutto inopportune in un Paese che, come l’esperienza dimostra, non è affatto insensibile alle seduzioni del populismo. Per quanto poi riguarda l’azione di governo è necessario, citando soltanto due tra i punti dolenti della vasta opera necessaria e per il rinnovamento della politica e il rilancio del nostro Paese, che non vengano adottati provvedimenti relativi al cosiddetto federalismo fiscale tali da incidere, violando la Costituzione, sul principio fondamentale dell’unità della nostra nazione e che la questione della sicurezza venga affrontata in modo efficace ma non tale da ledere i diritti fondamentali di ogni essere umano in tema di uguaglianza e solidarietà, e neppure tale da evocare o alimentare quei sentimenti razzisti e l'ondata di xenofobia che si manifestano in alcune aree d’Italia. A questo proposito va in primo luogo tenuto presente che l’autentica volontà di risolvere il problema della sicurezza va misurata soprattutto negli interventi necessari per sconfiggere la criminalità organizzata della mafia, dell’ndrangheta e della camorra che, paralizzando soprattutto alcuni territori della nostra nazione, riduce drasticamente ogni possibilità di effettivo esercizio e di sviluppo della democrazia e quindi di progresso sociale.
In sostanza possiamo affermare: se questa destra, specie nelle sue componenti giovanili, riconoscerà pienamente il valore della lotta di liberazione nazionale, se intende essere, nella realtà concreta, una destra democratica moderna e attiva per il progresso civile e pacifico ciò non potrà che essere salutato come un positivo passo avanti della nostra comunità nazionale.
Resta infine da esaminare il problema cruciale e decisivo per il rinnovamento della società e quindi per le sorti future del nostro Paese, relativo al comportamento e all’azione politica condotta nel recente passato e da svolgere in prospettiva da parte delle forze del centrosinistra.
Qui l’analisi deve essere profonda, coraggiosa, critica e autocritica, ma soprattutto lungimirante e quindi costruttiva. Guardiamo la realtà che si è determinata: i quattro partiti della sinistra radicale, della cosiddetta Sinistra arcobaleno, sono privi di rappresentanza parlamentare; ne è privo pure il nuovo Partito socialista; il Partito democratico nato dalla fusione di due precedenti partiti e da un appello alla società, ha ottenuto un buon successo ma è attualmente all’opposizione dopo due anni di un governo Prodi contrassegnati da positivi risultati ma anche da una litigiosità interna che ne ha minato la credibilità. Le forze progressiste del Paese, le sue migliori energie, sono divise e sconfitte a fronte di una coalizione di destra composita, eterogenea e tuttavia unita. Occorre ricostruire rapidamente quell’unità delle forze progressiste che hanno conquistato la nostra libertà. Ancor più occorre ricostruire rapidamente quella unità che, successivamente, ha consentito, dal 1946 al 1948, di elaborare e varare con grandissima maggioranza la nostra Costituzione: liberali, comunisti, democristiani, socialisti, azionisti, repubblicani, appartenenti a culture diverse, laici e cattolici, che di fronte al grande compito di costruire una democrazia moderna hanno trovato la via di intese di alto profilo e ancor più hanno operato motivati e sospinti da un comune sentire, dall’imperativo morale di cancellare le cause e le conseguenze di quell’immane tragedia che fu la seconda guerra mondiale.
Anche oggi vi è un imperativo morale al quale ispirare la nostra azione: quello di realizzare il compimento democratico e sociale idoneo a consentire al nostro Paese di affrontare le sfide del presente lungo la traccia indicata dai nostri padri costituenti.
Tutto ciò deve aiutare a superare ogni dissenso o recriminazione che abbiano diviso, o che ancora dividano, le forze che in passato agirono insieme.
Questo è l’appello che l’ANPI nazionale rivolge a tutte le forze progressiste italiane: ai partiti progressisti che oggi hanno rappresentanza parlamentare, ai partiti progressisti che tale rappresentanza più non hanno, ma anche a tutti coloro, specialmente ai giovani, che anche senza militare in alcun partito vogliono comunque il progresso democratico e civile della nostra Patria.
Non spetta all’ANPI indicare le vie specifiche attraverso le quali il compito qui indicato possa essere realizzato, perché ciò invaderebbe percorsi che non sono di sua competenza; ma è importante sottolineare che l’unità da realizzare non può essere che una unità vera e sostanziale, organizzativa e programmatica, concretamente operante e politicamente condivisa accantonando o rinviando ove necessario eventuali dissensi. Uniti vinceremo!
(Discusso e approvato dal Comitato Nazionale ANPI il 4 giugno 2008)

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