14 dicembre 2011

ANPI Barona - "Migranti e fratelli Senegalesi"


4 commenti:

Irene ha detto...

Caro Ivano,
cara ANPI Barona,

grazie per la sensibilità costante e le orecchie e gli occhi vigili con cui non vi stancate mai di guardare la realtà e la nostra società.
Il vostro comunicato stampa dovrebbe essere spunto per tutte le altre anpi italiane, dovremmo tutte, coralmente, fare uscire due righe sull'inammissibile sparatoria razzista di firenze, sul raid organizzato dagli xenofobi a torino contro il campo Rom.
Ho sollecitato in tal senso il provinciale di Padova.
Ho anche inviato, ieri, una mail al nazionale con la richiesta di considerare la possibilità di indire una grande manifestazione nazionale anpi e associazioni contro il razzismo.
Ricordarlo una tantum evidentemente non basta.
Stamattina alla radio ascoltavo, costernata, l'analisi di un sociologo universitario (della cattolica mi pare) dire al gr2 che gli omicidi di ieri sono azione isolata di un pazzo, di un folle.
No, non è giusto: quella di ieri è l'eruzione purulenta dell'infezione razzista e xenofoba che nel nostro Paese lasciamo suppurare con troppa indifferenza o, peggio, complicità.

A presto e saluti resistenti,

Irene Barichello

Fiorella ha detto...

Grazie Ivano per le tue parole. Il barbaro fatto di sangue, praticato sembra da
un esponente di Casa Pound come una macabra esecuzione, braccando con una
violenza inaudita i due ragazzi senegalesi uccisi e i tre feriti, non può e non
deve risolversi in una lamentazione ipocrita che poi si esurisce in pochi
giorni. Sui siti di estrema destra si dichiara "ONORE E RISPETTO PER
L'AUTORE"!!!!
Un piccolo spaccato del clima politico in cui possono nascere queste
aggressioni, dico "possono", è il seguente:a Roma hanno appena arrestato cinque
nazifascisti , cui sono stati attribuiti reati gravissimi, apologia di
fascismo, istigazione all'odio razziale ect.Una stupida ragazzina attribuisce
la colpa di un'inventata violenza, guarda caso, a un rom e tutto l'accampamento
viene messo a ferro e fuoco. A Parma Casa Pound distribuisce davanti alle
scuole un giornaletto in cui si liquida la Resistenza come "raffiche di mitra,
violenze e stupri" . A Napoli diverse sono state le aggressioni a ragazzi di
sinistra da parte di esponenti di estrema destra. Sul sito del Viminale un
recente rapporto parla di "un labirinto di sigle" per indicare la galassia neo-
fascista molto estesa. perchè si minimizzano questi segnali inquietanti? A R.E.
sabato è stata concessa una sala PUBBLICA per un convegno di Casapound malgrado
lo sdegno espresso da anpi, arci, cgil e malgrado un forte appello con
manifestazione dei centri sociali.
Ci sono silenzi pesanti dei partiti e minimizzazioni da parte degli enti
locali, in nome di un assurdo concetto di tolleranza.
Proponiamoci di organizzare azioni di ricerca e di denuncia collaborando con
le forze antifasciste del territorio. Il presidente Smuraglia già da tempo si è
espresso in questo senso, con chiaroveggenza.
Occorre agire politicamente e culturalmente. Scusate la lunghezza ma sono
sconvolta
Fiorella Ferrarini
Anpi Reggio Emilia

Omodeo ha detto...

Mi associo con sdegno al Vostro comunicato a nome del Consorzio istituto che mi pregio presidere.
Fraternamente
Francesco OMODEO ZORINI
Presidente Consorzio Istituto storico della Resistenza e della società contemporanea nelle province di Novara e di Verbania “Piero Fornara”

Doretta ha detto...

Basta girare per Milano.
Basta sollevare lo sguardo dal cellulare, dall'asfalto, dal giornale.
Basta guardare i muri.
Muri che "dicono".
Muri che parlano e raccontano, attraverso tante, tantissime lapidi, il sacrificio di sangue e carne di una intera generazione di ragazzi.
Ogni via, ogni piazza porta un rettangolo di marmo, voluto dalla pietà di chi non si rassegna a dimenticare, che ricorda il massacro di un giovane uomo. Erano poco più che ventenni, alcuni anche meno, che hanno regalato la loro vita e le loro speranze perché l'Italia non conoscesse più l'odio legato al colore della pelle, alla religione…
I muri di Milano sono testimoni del mattatoio che è stata la Resistenza combattuta in città: strada per strada, casa per casa, vicolo per vicolo.
E che troppe volte si è bloccata contro un muro: una raffica, una striscia di sangue, la frustata solitaria e assordante di un colpo di grazia.
Chi è morto con negli occhi le ombre nere dei suoi carnefici, chi è spirato fra i tormenti delle torture, gridando certo, ma mai "parlando" aveva nel cuore un'Italia abitata da fratelli e sorelle.
Non altre fiamme, non altri spari, non altre grida.
Chi si è sposato adolescente con la morte per un ideale di libertà, democrazia, fratellanza non poteva certo immaginare che fino a ieri fossero al governo razzisti "eletti dal popolo", xenofobi perfino nei confronti degli stessi Italiani al sud del Po.
Sembra quasi di sentir gridare i muri di Milano: "E' un bene che siano morti nell'illusione! E' un bene che non sappiano mai quanto il loro dono è stato calpestato, disprezzato e deriso"!
Anche se là dove sono sicuramente tutto vedono e tutto giudicano.
E' Milano, da dove pare sempre debba partire "l'infezione dell'odio razziale" , che deve trovare la cura!
E questa sta non nelle manifestazioni immense che vengono dimenticate il giorno dopo, ma nella vigilanza minuziosa e testarda ogni momento del giorno e in ogni luogo.
Senza stancarsi.
Senza violenza.
Ma testimoniando, correggendo, insegnando, denunciando.
Queste lapidi ci guardano.
Ci segnano la strada.
Ci controllano.
Ci danno la forza.
Glielo dobbiamo.
Lo dobbiamo a noi stessi.

Saluti fraterni.
Doretta Cecchi
(autrice della mostra "Muri che dicono")

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