17 ottobre 2012

Ottobre 1922 - La storia insegna...


Il Capitalismo: Prima le continue proteste contro le tasse e le emancipazioni, troppi diritti e pochi doveri, poi la creazione d’attenzione e l’arruolamento dei soliti fiancheggiatori pagati,  il servilismo dei meriti, il potere economico creato negli anni delle “vacche grasse” usato per consolidare posizioni di dominio, posizioni di privilegio con la certezza di ulteriori guadagni e proficui da non condividere con i lavoratori, il malaffare, la corruzione, l’evasione, la collusione, ecco la nascita del fascismo.

"Lo squadrismo agrario (1921) è stato un fenomeno prodotto dalla violenta reazione dei ceti rurali danneggiati dalle conquiste salariali e normative compiute nel 1919-20 dalle organizzazioni sindacali di classe, e/o irritati e allarmati dagli eccessi da esse commessi e dalla propaganda collettivista fatta da un po’ tutte le correnti politiche e sindacali del socialismo italiano. Poiché furono i fascisti a incaricarsi di quella reazione, lo squadrismo agrario ha rappresentato un momento decisivo della storia del fascismo e della carriera politica di Mussolini, entrambe caratterizzate nel 1920 da debilitanti contraddizioni e gravi rischi di fallimento. Molteplici fattori contribuirono a far nascere lo squadrismo: - le già ricordate lotte agrarie del 1919-20 e il clima di tensione che ne derivò; - la grande paura borghese della rivoluzione socialista europea e della collettivizzazione delle terre: una paura che fu fortemente ridimensionata, e trasformata in reazione vendicativa dal fallimento dell’occupazione operaia delle fabbriche (agosto- settembre 1920); - la reazione contro i successi ottenuti dai socialisti alle elezioni amministrative dell’autunno 1920, che, facendo trionfare i socialisti in duemila comuni su ottomila circa, resero possibile l’estensione delle misure calmieratrici e di quelle fiscali dei «rossi» ed esclusero dalle carriere amministrative locali molti piccoli borghesi in cerca d’impiego; - la tacita alleanza conclusa verso la fine del 1920 da Mussolini e dal presidente del Consiglio Giolitti. Fu in codesta atmosfera di collusione con il governo, al di là delle circolari invocanti repressione, che poté sorgere e dispiegare le sue violenze tollerate lo squadrismo agrario. Questo, ammantato di patriottismo e sapientemente imbandierato di bianco-rosso-verde contro i senza patria delle leghe rosse, beneficio inoltre, località per località, delle simpatie, delle condiscendenze e delle complicità delle autorità militari e civili dello Stato, borghesi e piccolo borghesi che dei fascisti avevano condiviso l’interventismo ed ora ne condividevano il vantato patriottismo, mentre nei confronti dei socialisti e dei comunisti ritenevano doveroso un comportamento discriminatorio e vessatorio. Se non si tiene conto di tutto questo, riesce difficile capire come e perché abbia acquistato tanta forza lo squadrismo agrario. In un Paese di gran lunga prevalentemente agricolo, qual era allora l’Italia, i rapporti sociali rurali costituivano una componente fondamentale dell’equilibrio politico. Però non tutte le campagne italiane, e nemmeno la maggior parte di esse, furono teatro delle spedizioni punitive degli squadristi. Queste investirono, per le ragioni sopra ricordate riguardanti le lotte di classe del 1920 e le loro esorbitanze, il Bolognese, il Ferrarese, il Polesine, il Modenese, il Mantovano, il Cremonese, la Toscana fiorentina, pistoiese e grossetana, il Piemonte alessandrino, novarese e vercellese, parte dell’Umbria e parte della Puglia e della Calabria. Queste furono le zone del fascismo «classico», quello delle spedizioni punitive convergenti sul bersaglio, che distrusse le sedi delle leghe e delle cooperative, che incendio i circoli e le case del popolo, quello che estorse le dimissioni alle giunte e ai sindacati socialisti, quello che uccise senza pietà gli avversari più irriducibili, e intimidì con il manganello, con l’olio di ricino e con la schiacciante superiorità numerica. Come si vede, esso non abbracciò la maggior parte delle campagne italiane, e per esempio comparve in misura limitatissima nel Mezzogiorno. Schematizzando, si può affermare che non si ebbe lo sviluppo dello squadrismo agrario nelle aree caratterizzate da una forte presenza del movimento operaio cattolico (il Padovano, il Friuli e una parte del Veneto; le Marche; il Milanese) e di quello repubblicano (Romagna e Anconetano). Un altro elemento del quale occorre tener conto per capire il successo dello squadrismo agrario, è rappresentato dai programmi agrari di difesa della piccola proprietà con i quali i fascisti si presentarono nelle campagne alla fine del 1920 e ai primi del 1921: con il bastone (leggi manganello) e la carota (leggi parola d’ordine «la terra a chi la lavora»). La propaganda fascista fece presa su molti piccoli proprietari o affittuari aspiranti alla proprietà della terra, perché quelli vedevano in essa e nelle squadracce in camicia nera un provvidenziale riparo contro la collettivizzazione minacciata dai capilega e in genere dai propagandisti socialisti, contro la quale non bastava a loro giudizio la linea non violenta del Partito popolare di don Sturzo. l ceti medi rurali fornirono in tal modo al fascismo la sua prima base di massa, e i primi ad accorrere nelle file dello squadrismo furono i giovani e i giovanissimi che rimpiangevano di non aver potuto, per ragioni di età combattere contro gli austriaci nella prima guerra mondiale, ed ora pensavano di riscattarsi, agli occhi degli ex combattenti, partecipando alle spedizioni contro i nuovi «nemici della patria». [...] Non è certo per caso che le federazioni agrarie scelsero il movimento mussoliniano come organismo sul quale innestare il braccio violento dello squadrismo: gli è che anche nel fascismo urbano e piccolo borghese-umanistico del 1919-1920 la componente antimarxista aveva avuto chiari caratteri di intolleranza e turbolenza, caratteri posti in essere dall’odio per l’internaziona1ismo antipatriottardo dei rossi, e inseparabili dal tono aggressivo della pubblicistica mussoliniana. È per questo che dove, come nelle province di Arezzo, Alessandria e Pavia, non esisteva il Fascio di combattimento, provvidero a crearlo le stesse federazioni agrarie. In poco tempo lo squadrismo fascista, finanziato dalle federazioni agrarie e protetto da ufficiali dei carabinieri e della polizia, prefetti, questori, magistrati ecc., inflisse un colpo mortale al movimento operaio nelle aree nelle quali operò. Nei primi sei mesi del 1921 i fascisti operarono 726 distruzioni; tra l’altro distrussero 119 camere del lavoro, 141 sezioni e circoli socialisti e comunisti (questi ultimi cominciarono ad esistere dal gennaio 1921, data della scissione del PS1), 107 sedi di cooperative, 110 tra circoli e biblioteche (per conto loro di biblioteche non ne fondarono nemmeno una). Fino all’apertura della campagna elettorale i morti negli scontri furono 41 tra i rossi e 25 tra ì fascisti; nel bimestre aprile-maggio 1921 i Fasci passarono da 80.000 a 187.000 iscritti. Inoltre i fascisti si preoccuparono di creare dei loro sindacati, detti «economici», per inquadrarvi i lavoratori rimasti senza capi, che vennero reclutati o con le promesse o con le minacce. A questa operazione di assorbimento di alcuni strati di proletariato agricolo diedero un apporto considerevole gli ex sindacalisti rivoluzionari, mussoliniani fin dal periodo della prima guerra mondiale, che si rivelarono preziosi per i molti legami che avevano con le masse lavoratrici. Dallo squadrismo agrario il fascismo ricevette il connotato più importante della sua fisionomia storica: quello rappresentato dalla militarizzazione del movimento e dal suo sistematico ricorso alla violenza fisica. Mussolini se ne servi senza alcuno scrupolo, e gli fu debitore della forza che il fascismo acquistò nel 1921, consentendogli l’elezione di 35 deputati fascisti nelle consultazioni politiche del 15 maggio 1921. Ma, al di là di questo, nel regime, che egli creò dopo la conquista del potere (colpo di Stato dell’ottobre 1922) Mussolini, anche se governò con ì prefetti e le nuove istituzioni statali dittatoriali, e non con i «ras» fascisti delle province, infuse a piene mani Panimus facinoroso dello squadrismo del 1921, il suo disprezzo per le doti morali ed intellettuali".
Tratto da: A. ROVERI, in Il Parlamento italiano. - Storia parlamentare e politica dell’Italia l86l-1988.

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