Eccidio
di Piazzale Loreto - 10 Agosto 1944
Intervento di Roberto Cenati - Sabato 10 Agosto 2013
“Quella
terribile mattina di agosto quindici resistenti furono fucilati all'alba e i
loro corpi furono ammucchiati sul lato sinistro di piazzale Loreto”. Così
comincia la drammatica testimonianza di una nostra carissima amica Adelina Del
Ponte, che salutiamo affettuosamente. “Io -continua Adele Del Ponte – ricordo
di avere accompagnato la madre e le sorelle di Vertemati, ad identificare la
salma del loro figlio e fratello. In quel povero mucchio di uomini
morti, coperti da grumi di sangue e da mosconi inferociti dalla grande calura,
la ricerca per l'identificazione del corpo del giovane fu una cosa straziante
ed orribile. Ricordo che per separare i corpi affastellati ed abbracciati nella
sorte comune, i militi repubblichini adoperavano i loro piedi, calzati da
orrendi stivali. A pedate e tra urla ingiuriose la salma di Vertemati fu
identificata e mostrata alla madre e alle sorelle.”
Da quel lontano
agosto del 1944 piazzale Loreto è rimasto nel cuore, non solo dei parenti e
degli amici delle quindici vittime, ma di tutti gli antifascisti che mai
dimenticheranno tanta barbara crudeltà. La manifestazione di oggi assume
un'importanza e un rilievo particolari perchè quest'anno ricorrono il
settantesimo anniversario degli scioperi del marzo 1943, della caduta del
fascismo, dei bombardamenti devastanti su Milano dell'agosto di quell'anno,
dell'inizio della Resistenza armata contro il nazifascismo che tra i suoi primi
atti ha visto la strenua resistenza della Divisione Acqui a Cefalonia,
massacrata dalle truppe della Wehrmacht. Quei tragici fatti facevano
parte della memoria di tanti uomini e donne, partigiani e antifascisti che anche quest'anno, purtroppo ci
hanno lasciato e che voglio qui ricordare: Orfeo Gagliardini, Aldo Marchi,
Tullio Zecchi, Alberto Codevilla, Sergio Ricaldone, Giuliano Gilberti. E per la
prima volta non è tra noi in questa manifestazione Annunziata Cesani, la nostra
Ceda che con Nori Brambilla Pesce e Concettina Principato è stata da sempre
l'instancabile animatrice dell'ANPI Provinciale di Milano, simbolo insieme a
tante altre partigiane, come Teresa Noce, Stellina Vecchio, Alba Rossi
Dell'Acqua, Teresa Mattei, del
ruolo fondamentale svolto dalle donne nella Resistenza.
La crescente deriva revisionistica volta a rivalutare il fascismo, il
fascismo “buono”, che ha commesso soltanto qualche errore, come è stato
definito da Berlusconi all'inaugurazione del Memoriale della Shoah il 27
gennaio 2013 a Milano, ha contribuito a far dimenticare tutti coloro che del
fascismo e del nazismo sono stati vittime, come gli oltre 15.000 civili
massacrati nelle stragi perpetrate
tra l'8 settembre 1943 e il 1944 da parte delle truppe tedesche e dai
repubblichini. Le armate tedesche, consce di aver perso la guerra, abbandonano
nel giugno 1944 Roma ritirandosi lungo la linea Gotica. Sanno che comunque la
disfatta è vicina: si tratta solo di rallentare l’avanzata alleata per dare
modo al grosso delle truppe di ritirarsi verso il Brennero. Le stragi compiute
dai nazifascisti non sono da considerare come casi isolati o come rappresaglie
contro i partigiani, ma come un elemento di una strategia ben precisa volta a
terrorizzare la popolazione, per impedire che essa venga in aiuto dei
partigiani. Fondamentale è stata la collaborazione dell'esercito di Salò, senza
la quale i tedeschi da soli, non sarebbero riusciti ad arrestare, torturare e
deportare tanti nostri concittadini.
Condanna
della sentenza di Stoccarda
E'
proprio di questi ultimi mesi la
gravissima decisione della Procura di Stoccarda, contro la quale abbiamo
elevato tutto il nostro profondo sdegno, di respingere il ricorso contro
l'archiviazione della strage di Sant'Anna di Stazzema. La Procura tedesca aveva
deciso di archiviare l’inchiesta riguardante dieci SS responsabili dell’eccidio
di Sant’Anna di Stazzema avvenuto il 12 agosto 1944 nel corso del quale furono
trucidate 550 persone, di cui 116 bambini. Per questo orrendo crimine il
tribunale di La Spezia nel 2005 aveva condannato all’ergastolo le dieci SS. L’Anpi ha da tempo deciso di assumere la questione
delle stragi nazifasciste come una sua battaglia nazionale.
La crisi recessiva europea e lo sviluppo di movimenti neofascisti e
neonazisti
Viviamo in una realtà planetaria schiacciata sotto
il peso di una complessità dai risvolti drammatici. Un groviglio di questioni
gravi e di portata enorme: dalle disuguaglianze alle guerre, allo sfruttamento rapace e suicida delle
risorse naturali e dell’ambiente. Viviamo il dramma di società frantumate da un coacervo di interessi contrastanti, società dove
prevale una individualistica dissociazione dal bene comune, società dove è
smarrito un solido riferimento a valori ed ideali. In questo contesto, ognuno si rivolge all'autorità più
vicina per trovare soluzioni adeguate. Ma la realtà è ben diversa. E'
costituita dal fatto che nessun paese, da solo, ha le risorse per riuscire a garantirsi un futuro per le
proprie generazioni. Bisogna quindi uscire da una visione provinciale, angusta
e localistica dei problemi. E' questo l'argomento forte del bisogno d'Europa,
ma non di un'Euopa dominata dalla politica dell'austerità e del rigore.
Dobbiamo tornare a riscoprire l'Europa degli esordi, la cui motivazione di
fondo, ribadita anche nel solenne giuramento dei sopravvissuti del lager
nazista di Mauthausen del 16 maggio 1945, era costituita dal valore della pace,
dalla volontà di mettere fine alle guerre dopo due conflitti mondiali,
combattendo ed estirpando per sempre non solo i nazionalismi ma anche la
povertà, provocata dalla pesantissima crisi del 1929, tra le cause
che hanno determinato l'ascesa al potere del nazismo. La gravissima
crisi recessiva europea si è pericolosamente intrecciata con il preoccupante
rifiorire di formazioni neofasciste, neonaziste e populiste, accomunate dalla scelta di scagliarsi contro un
nemico esterno, di volta in volta identificato negli ebrei, nei rom, nei musulmani o negli
stranieri in genere.
La battaglia antifascista nel nostro Paese e a Milano
Anche in Italia sono sempre più frequenti le
manifestazioni, le aperture di nuove sedi, il rifiorire di movimenti
dichiaratamente neonazisti e neofascisti. Ad Affile si è recentemente svolta
una manifestazione neofascista, con tanto di saluti romani, di fronte al
mausoleo dedicato a Graziani, massacratore delle popolazioni della Cirenaica e ministro della
Repubblica di Salò. Nel corso della trasmissione in prima serata dell'8 luglio 2013 di Rai3 (TV pubblica)
sono state pronunciate parole offensive sui partigiani, relativamente ai fatti
di via Rasella, cui sono seguite le scuse della direzione di Rai3 a seguito
della ferma posizione dell'ANPI Nazionale. A Roma sono stati preparati i
festeggiamenti per il compimento dei cento anni del criminale di guerra e
massacratore delle Fosse Ardeatine Priebke e sono comparse scritte neonaziste
sulla sede dell'ANPI nazionale. E a Tradate, in provincia di Varese, sono
comparsi manifesti che celebrano il compleanno di Mussolini. Ciò non è più
accettabile e tollerabile. Le ragioni sono da ricercarsi nel fatto che il
nostro Paese non ha mai fatto i conti con il proprio passato, non ha mai
analizzato a fondo il fascismo, sconfitto militarmente il
25 aprile 1945, ma non culturalmente e idealmente. Come si può pensare, d'altra parte, che in Italia ci sia una decisa azione contro le
ideologie e i movimenti neonazisti e neofascisti se, nell'intervento di
insediamento del Presidente del Consiglio Enrico Letta, è mancato un cenno alla
Resistenza e non è mai stata pronunciata la parola antifascismo per noi
indissolubilmente legata al concetto di democrazia ? L'antifascismo non può
essere prerogativa esclusiva di questa o quella associazione: l'antifascismo,
in un paese che si è liberato da una dittatura fascista a carissimo prezzo,
deve essere di tutti, come lo si desume dallo stesso dettato di tutta la
Costituzione, che in ogni suo articolo esprime valori e principi in nettissimo
contrasto non solo con il fascismo in camicia nera ma con tutti i fascismi e
tutti gli autoritarismi, comunque si presentino.
Anche a Milano Città Medaglia d'Oro della
Resistenza, si svolgono con sempre maggiore frequenza raduni neonazisti e
neofascisti: la sfilata paramilitare neonazista del 29 aprile che si svolge
ogni anno a ricordo di Ramelli, Pedenovi e Borsani, il raduno europeo che ha
avuto luogo a Rogoredo il 15 giugno scorso e l'iniziativa organizzata a
Niguarda dal gruppo neonazista Lealtà e Azione, con il patrocinio della
Provincia di Milano. Certo, contro questi movimenti che si pongono in aperto
contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione, oltre alla denuncia alle
autorità competenti, va sviluppata una ampia e intensa azione a livello ideale,
culturale e storico per far conoscere, a un'opinione pubblica troppo spesso
passiva e indifferente, il vero
volto del fascismo. Ma ciò non basta. Occorre che le istituzioni cittadine
prendano una posizione netta e decisa. Bisogna che l'Amministrazione comunale
di Milano, in primis, dica chiaramente che Milano, Città Medaglia d'Oro della
Resistenza non vuole essere invasa e oltraggiata da simboli e manifestazioni
neonaziste e neofasciste che offendono la memoria dei Caduti per la Libertà.
Emergenza democratica
Siamo
vivendo nel nostro Paese una situazione molto grave e inquietante, dove persino
le più elementari regole democratiche vengono disconosciute, dove un partito
che è in Parlamento e al governo non riconosce, di fronte alla condanna
definitiva a 4 anni del suo leader, l'autonomia della magistratura, definita da
Berlusconi non un potere dello stato, ma “un ordine dello stato fatto da
impiegati che hanno vinto un concorso e che non subiscono controlli”. Questo
partito cerca addirittura di costruire un salvacondotto a posteriori per
Berlusconi, facendo appello alla piazza ed evocando, per bocca del suo
coordinatore, persino lo spettro di una guerra civile. Il dato estremamente
preoccupante è che quindi si possa formulare la convinzione che chi ha il
consenso elettorale sia in qualche modo esentato dall'obbligo di rispettare la
giustizia negando, in tal modo, il principio della giustizia uguale per tutti.
La questione decisiva che si pone nel nostro Paese è pertanto la difesa della
legalità repubblicana dalle manovre eversive contro la separazione dei poteri e
lo stato di diritto, cioè contro la nostra democrazia. In Italia
oggi il rischio, purtroppo reale, della catastrofe della democrazia consiste
nella cancellazione e nella dissoluzione delle regole e dei valori che la
rendono possibile. Tale emergenza democratica, cui si accompagna un'implosione
di tutti i valori, il manifestarsi quasi quotidiano di fenomeni di corruzione e
il distacco quasi definitivo tra cittadini e istituzioni, si intreccia con la
gravissima crisi economica e sociale. Non può sopravvivere, nel nostro Paese, sottoposto ad una pressione fiscale salita al 53%, una
società con livelli così alti di disoccupazione giovanile, con un indice
crescente di mortalità delle imprese, con una così forte
de-industrializzazione, con migliaia di lavoratori che vengono continuamente
espulsi dalla produzione. Non può resistere un'economia, dopo anni di
decrescita, che resta ferma alle dottrine
rigoriste e si mostra incapace di rilanciare la domanda interna. La tesi secondo cui austerità e tagli da soli
avrebbero portato alla crescita viene smentita da tutte le parti. La situazione
è aggravata dal fatto che i vincoli di bilancio pubblico più stringenti ce li
siamo inflitti noi stessi. E' stato un nostro governo, guidato da Berlusconi, a
imporci di azzerare il deficit del 2013 ed è stato il nostro Parlamento, l'anno
scorso, ad introdurre uno stringente vincolo di bilancio in pareggio nella
Costituzione. Nessuno ce lo aveva chiesto. Le regole fiscali europee non
implicano necessariamente un bilancio in pareggio. La nostra bussola deve
rimanere il lavoro che deve diventare la nostra ossessione, perchè altrimenti,
senza lavoro, sarà impossibile anche ricostruire le istituzioni su una base di
consenso.
Il governo delle larghe intese
A far fronte alla drammatica crisi recessiva si è
costituito il governo delle larghe intese che Berlusconi, nonostante le sue
vicende giudiziarie, vorrebbe di pacificazione e di riconciliazione nazionale.
Certo abbiamo trascorso momenti della nostra storia caratterizzati dalla intesa
unitaria tra forze politiche profondamente diverse. Fu questo l'esempio della
Costituente dove si riuscì a trovare una base comune su grandi questioni. Ma allora la ricerca
di una convergenza unitaria si basava sullo sforzo, da parte di forze politiche
e di uomini usciti dalla Resistenza,
di trovare un accordo anche sulle questioni più complesse,
nell'interesse generale. Ora la situazione appare profondamente e radicalmente
diversa. Secondo alcuni, invece, l'unico modo per affrontare la crisi del Paese
è il mantenimento della stabilità
politica che assurge quasi a valore supremo, non negoziabile. La stabilità ad
ogni costo è diventata una sorta di idolatria, non mezzo, ma finalità ultima
dell'agire politico. Ci vorrebbe, in definitiva, un progetto di lungo respiro
per risolvere i problemi del Paese, e non l'adozione di una serie di mini
interventi di cui si ignora la reale efficacia. In compenso vengono incentivate
le spese per gli armamenti riguardanti i cacciabombardieri F35 (con ognuno dei
quali si potrebbero costruire più di 80 asili nido), magari da utilizzare per
le cosiddette missioni di pace. In Parlamento era emerso un ampio fronte
contrario all'investimento di ben 15 miliardi di Euro, ma il Consiglio supremo
della difesa ha emesso a giugno un comunicato nel quale si afferma che
“l'eventuale controllo delle Camere sui programmi di ammodernamento delle forze
armate non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative”.
I progetti di revisione
della Costituzione
In questi mesi è comparsa, sui quotidiani italiani,
una preoccupante presa di posizione di una delle maggiori banche d'affari
mondiali: la Morgan. Nel documento vengono espressi quelli che sono i sogni dei
finanzieri: uno stato che funzioni come un'azienda: basta con la divisione dei poteri, basta con le
protezioni del lavoro, basta con le Costituzioni antifasciste contaminate dalle
idee socialiste. In tempi più lontani
Willy Brandt suggeriva di correggere la democrazia “osando più democrazia”.
Secondo la Morgan, invece, il buon funzionamento dell'economia non è un mezzo
attraverso cui si cerca di migliorare il benessere collettivo, ma il fine da
perseguire a costo di stracciare le garanzie e i diritti di uno stato
democratico. Questo “sogno” si accosta per certi versi, a quello che sta
accadendo in alcuni paesi dell'Unione europea, come l'Ungheria, ma anche nel
nostro Paese, con i progetti di revisione costituzionale, mentre sarebbe più
che mai urgente la riforma della legge elettorale.
Le
eventuali revisioni costituzionali sarebbero, fra l'altro, varate da un
Parlamento di non eletti, ma di designati dai partiti. Il Comitato dei
saggi, nominato dal Governo, che lavorerà (cosa che non si era mai verificata
prima) come una Commissione vera e propria dovrebbe elaborare un progetto da
presentare al governo che lo trasformerebbe in un testo di legge da far
esaminare dalle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato. Molto
discutibile è dunque l'iter che si vuole percorrere, perchè a presentare il
disegno di legge di revisione costituzionale sarà il governo e non il Parlamento.
Una volta era il Parlamento che lavorava attorno ad una bozza e poi, magari,
interpellava un gruppo di esperti. Adesso è il contrario. Sarà il Parlamento
che si troverà di fronte ad un lavoro completo che dovrà esaminare. Nella
riunione del Consiglio dei Ministri dedicata all'approvazione del disegno di
legge costituzionale relativo al percorso delle riforme è già stato modificato
quanto prevede l'articolo 138 che riguarda l'iter delle riforme costituzionali,
articolo che, semmai dovrebbe essere rafforzato e rigorosamente rispettato. Si
è infatti ridotto da tre mesi ad uno l'intervallo intercorrente tra la prima e
la seconda approvazione del testo delle leggi costituzionali eventualmente
modificative della forma di governo. I problemi che abbiamo di fronte sono
difficili e complessi e richiedono, impegno, rispetto dei principi, delle regole e della impalcatura
costituzionale fondata sull’equilibrio e la divisione dei tre poteri
(esecutivo, legislativo e giudiziario) che sono alla base della democrazia repubblicana. Noi
siamo perchè questo fondamentale equilibrio non sia turbato e sbilanciato a
favore del potere esecutivo e del suo rafforzamento.
Come ANPI siamo sempre stati e saremo
contro ogni ipotesi di repubblica presidenziale o semipresidenziale, scartata
dalla Assemblea Costituente per il timore del ripetersi di pericolose
involuzioni autoritarie in un Paese che già aveva sperimentato la dittatura
fascista. Non si può pensare di superare la gravissima crisi recessiva che
investe il nostro Paese stravolgendo l'impalcatura fondamentale della
Costituzione repubblicana, con una sua radicale riscrittura che andrebbe anche
inevitabilmente ad intaccare gli stessi principi fondamentali. La Costituzione
nata dalla Resistenza va difesa ed attuata in tutte le sue parti. E'
necessario, a questo proposito, sviluppare le più ampie, articolate e unitarie
iniziative e intensificare la mobilitazione per prepararci al referendum che comunque si svolgerà alla
fine del 2014.
Il
monito dei Quindici
I Quindici Martiri di
piazzale Loreto sono stati l’anima di una Milano che opponendosi al
fascismo lottava per la libertà e
la democrazia, fino al sacrificio della propria vita. Non furono scelti a caso:
ognuno di loro svolgeva un ruolo importante nella Resistenza italiana, come
Libero Temolo promotore degli scioperi del marzo 1943 alla Pirelli, come
Umberto Fogagnolo, organizzatore insieme a Giulio Casiraghi degli scioperi del
marzo 1943 e del marzo 1944 a Sesto San Giovanni città Medaglia d'Oro della
Resistenza, la cui classe operaia svolse un ruolo di primo piano nella lotta
contro il regime nazifascista (sette dei Quindici sono sestesi). L’esempio dei
Quindici Martiri costituisce un forte monito anche per noi, perché,
raccogliendo l’eredità che ci hanno lasciato, continuiamo a batterci, per una società più libera e più
giusta in grado di assicurare una vita serena agli anziani e soprattutto ai
giovani. Il loro sacrificio richiama l’importanza, in questo delicatissimo
momento, di gravissima crisi politica, istituzionale e morale della dimensione
etica della politica che va posta al servizio del bene comune, come l'intera
vicenda resistenziale ci ha insegnato e la necessità di un profondo
rinnovamento della politica che si salva solo se non si appiattisce sui
problemi dell’immediato, se non si riduce a iniziative di corto respiro, ma se
si dota di progettualità e si caratterizza per la sua tensione e proiezione verso l’avvenire.
Ricordava Giovanni Pesce, di cui quest'anno ricorre
il sesto anniversario della scomparsa, in un suo intervento in Consiglio
Comunale del 25 luglio 1963 che “Anche la targa di una via o di una piazza che ricordi un nome
glorioso o un episodio significativo della lotta popolare antifascista
rappresentano un contributo da non sottovalutare.” Noi crediamo che Milano il
simbolo visibile che ricordi le battaglie del popolo milanese durante il
secondo Risorgimento lo abbia nella Loggia dei Mercanti, sotto la quale sono
scolpiti i nomi dei Combattenti per la Libertà, degli oppositori politici, dei
deportati milanesi nei lager nazisti. Ci stiamo battendo da tempo per la
riqualificazione della Loggia dei Mercanti, sottraendola definitivamente al
degrado, perchè diventi un luogo vivo della Memoria di Milano,
città Medaglia d'Oro della Resistenza. In una lettera indirizzata all'ANPI il
sindaco di Milano ci ringrazia per l'impegno profuso in questo progetto
importante che restituirà ai milanesi un luogo simbolo della città. Vorremmo
che non soltanto l'ANPI, ma anche l'Amministrazione comunale, che nelle linee
programmatiche ha riaffermato il riconoscimento di Milano come capitale della
Resistenza, si impegnasse a rendere la Loggia un luogo vivo della Memoria di
Milano. Così come riteniamo doveroso che nella ricorrenza del settantesimo
anniversario dell'eccidio di piazzale Loreto venga restaurato il Monumento
dedicato ai 15 Martiri che sta cadendo a pezzi, simbolo anch'esso di Milano, capitale della Resistenza.
Ci batteremo e non ci stancheremo di incalzare su questi temi l'Amministrazione
Comunale di Milano alla quale abbiamo da tempo chiesto che i giardini di via
Andrea Doria siano dedicati a Giovanni Pesce e a Nori Brambilla Pesce. Siamo
profondamente convinti che anche in tal modo si possa tenere viva la memoria di
chi ha combattuto e sacrificato la sua giovane vita per liberare l'Italia dal
nazifascismo e costruire una società più giusta. Ma non ci limiteremo a ciò.
Dobbiamo sviluppare, in questo delicatissimo momento, una estesa e intensa
azione di carattere ideale e culturale, soprattutto verso le giovani generazioni.
Osservava Pesce nel citato
intervento del 1963: “Certamente l’Italia avrebbe camminato molto di
più, e molto più speditamente, se i valori della Resistenza avessero potuto
entrare, come era necessario, nel tessuto connettivo della nazione: nelle famiglie,
nelle scuole, nelle istituzioni dello Stato. Purtroppo, dobbiamo ripetere, ciò
non è avvenuto che in misura molto limitata. “Dello spirito della Resistenza
continuava Pesce - noi abbiamo oggi il più grande bisogno, perchè non possiamo limitarci a ricordare,
come un fatto distaccato e lontano, l’inizio della lotta di liberazione. Noi
dobbiamo invece insistere sulla necessità di divulgare lo spirito e i valori
della Resistenza, poiché la Repubblica dalla Resistenza è nata”. Di questo
spirito abbiamo più che mai bisogno per le battaglie che ci impegneranno, nei
prossimi mesi, a difesa della legalità repubblicana, della democrazia, della
Costituzione nata dalla Resistenza.
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