Appello
per il 2 Giugno
per il 2 Giugno
Il 2 Giugno segna la nascita della Repubblica, frutto della lotta antifascista e della Guerra di Liberazione. Il referendum del 2 giugno 1946 ha
dato la vittoria alla Repubblica, alla parte più avanzata dell’Italia, a quella
parte che aveva assimilato lo spirito della Resistenza e che voleva una
società di progresso, democratica, dove ai lavoratori per primi fosse
riconosciuto il ruolo di protagonisti della nuova società.
Lo stesso giorno in cui il voto popolare decretava la fine della monarchia, l’Assemblea Costituente venne investita del compito di dare al nuovo Stato italiano, sorto dalle rovine di quello fascista, una nuova Carta costituzionale. La Costituzione di cui quest’anno ricorreva il 66° anniversario dell’entrata in vigore, è nata dalla Resistenza, e la Resistenza è il fondamento storico dello Stato nel quale viviamo.
Molti articoli della Costituzione rivelano la preoccupazione, sentita dai Costituenti, di non ricadere negli errori e nelle vergogne del regime fascista e di predisporre le acconce difese. Ma nella Costituzione appare anche la volontà, l’impegno di trasformare il presente, di camminare in una direzione progressista a democrazia avanzata, con l’obiettivo di costruire un nuovo Stato e una nuova società.
La nostra Costituzione, profondamente antifascista, in ogni suo articolo esprime principi in contrasto non solo col fascismo in camicia nera ma con tutti i fascismi e gli autoritarismi comunque si presentino.
Il contributo dei lavoratori per liberare il Paese dal nazifascismo, con gli scioperi del marzo 1943 e del marzo 1944, di cui quest’anno ricorre il settantesimo anniversario è riconosciuto e sancito nella stessa struttura portante della Carta Costituzionale, a partire dall’articolo 1 nel quale si afferma che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
Stiamo attraversando una crisi recessiva gravissima che colpisce l’Italia e l’Europa. Se non si inverte rapidamente la rotta, rischiamo di toccare il punto di non ritorno. Rischiamo di assistere alla frattura sociale e al collasso del sistema istituzionale. Non può sopravvivere una società con livelli così alti di disoccupazione giovanile, con un indice crescente di mortalità delle imprese, con una così forte de-industrializzazione, con migliaia di lavoratori che vengono continuamente espulsi dalla produzione. La nostra bussola deve rimanere il lavoro, perché altrimenti, senza lavoro, sarà impossibile anche ricostruire le istituzioni su una base di consenso.
I problemi che abbiamo di fronte sono difficili e complessi e richiedono, impegno, rispetto dei principi, delle regole e della impalcatura costituzionale fondata sull’equilibrio e la divisione dei tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) che sono alla base della democrazia repubblicana. Ma occorre soprattutto, per cambiare il Paese, che la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza sia attuata nei suoi principi e nei suo valori fondamentali.
Milano.
Comitato Permanente Antifascista contro il terrorismo per la difesa dell’ordine repubblicano
Lo stesso giorno in cui il voto popolare decretava la fine della monarchia, l’Assemblea Costituente venne investita del compito di dare al nuovo Stato italiano, sorto dalle rovine di quello fascista, una nuova Carta costituzionale. La Costituzione di cui quest’anno ricorreva il 66° anniversario dell’entrata in vigore, è nata dalla Resistenza, e la Resistenza è il fondamento storico dello Stato nel quale viviamo.
Molti articoli della Costituzione rivelano la preoccupazione, sentita dai Costituenti, di non ricadere negli errori e nelle vergogne del regime fascista e di predisporre le acconce difese. Ma nella Costituzione appare anche la volontà, l’impegno di trasformare il presente, di camminare in una direzione progressista a democrazia avanzata, con l’obiettivo di costruire un nuovo Stato e una nuova società.
La nostra Costituzione, profondamente antifascista, in ogni suo articolo esprime principi in contrasto non solo col fascismo in camicia nera ma con tutti i fascismi e gli autoritarismi comunque si presentino.
Il contributo dei lavoratori per liberare il Paese dal nazifascismo, con gli scioperi del marzo 1943 e del marzo 1944, di cui quest’anno ricorre il settantesimo anniversario è riconosciuto e sancito nella stessa struttura portante della Carta Costituzionale, a partire dall’articolo 1 nel quale si afferma che “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”.
Stiamo attraversando una crisi recessiva gravissima che colpisce l’Italia e l’Europa. Se non si inverte rapidamente la rotta, rischiamo di toccare il punto di non ritorno. Rischiamo di assistere alla frattura sociale e al collasso del sistema istituzionale. Non può sopravvivere una società con livelli così alti di disoccupazione giovanile, con un indice crescente di mortalità delle imprese, con una così forte de-industrializzazione, con migliaia di lavoratori che vengono continuamente espulsi dalla produzione. La nostra bussola deve rimanere il lavoro, perché altrimenti, senza lavoro, sarà impossibile anche ricostruire le istituzioni su una base di consenso.
I problemi che abbiamo di fronte sono difficili e complessi e richiedono, impegno, rispetto dei principi, delle regole e della impalcatura costituzionale fondata sull’equilibrio e la divisione dei tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) che sono alla base della democrazia repubblicana. Ma occorre soprattutto, per cambiare il Paese, che la Costituzione repubblicana nata dalla Resistenza sia attuata nei suoi principi e nei suo valori fondamentali.
Milano.
Comitato Permanente Antifascista contro il terrorismo per la difesa dell’ordine repubblicano
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