21 ottobre 2019

C.N.L. Tessera di Riconoscimento - Piera Antoniazzi


 

















PIERA ANTONIAZZI.
Operaia al controllo del Reparto Macchine da ripresa Fratelli Borletti Milano                                         dal marzo 1933 all’aprile 1946.
"Il primo contatto con la lotta antifascista l’ho avuto durante la guerra, attraverso il compagno Viscardi che mi presentò alla signora Anna Bazzini, già condannata dal Tribunale speciale a molti anni di reclusione per opposizione al regime fascista. Lei mi diede l’incarico di vedere che cosa si poteva fare con le donne della Borletti. Queste, in genere erano di origine contadina ed erano state assunte in massa per gli urgenti bisogni legati alla produzione bellica, erano in maggioranza di matrice cattolica. Con loro iniziai a discutere sui guasti provocati dalla guerra, sulla condizione economica e sulla fame, convinta che mi avrebbero capita. Ricordo che allo sciopero, organizzato per un bombardamento di Roma, le donne aderirono tutte. I fascisti. All’uscita della fabbrica, chiedevano i motivi della protesta; i fatti successivi ci dettero questa certezza. Ebbi in questa occasione modo di conoscere Vittoria Caccianiga e Gina Moioli; con loro mi sentivo più sicura e passammo ad un più attivo lavoro clandestino: dall’assistenza alla raccolta dei soldi per aiutare chi doveva fuggire o chi era nascosto. Unanime ed entusiasta fu la risposta delle operaie. Il 2 novembre 1944 centinaia di donne si radunarono al cimitero di Musocco davanti alle tombe dei caduti nella lotta di liberazione; tutte le lapidi furono ricoperte di fiori. Una partigiana della Borletti lesse un appello dedicato ai caduti e alla pace. Il 31 dicembre 1944 presso il muro di cinta del cimitero della Camerlata (Como) venne fucilato Giovanni Busi un giovane lavoratore della CGE, Partigiano del Fronte della Gioventù e militante come noi nella 113° Brigata Garibaldi. Questo giovane ci era particolarmente caro anche perché conoscevamo il difficile passato antifascista di tutta la sua famiglia. Alla sua memoria e in onore di tutti i partigiani caduti. Elvira Barili concordò un rito funebre per i primi giorni del gennaio 1945 presso la parrocchia di San Satiro, di via Torino. La presenza dei lavoratori e delle lavoratrici fu numerosa, ma fu soprattutto caratterizzata dalla presenza dei giovani e delle ragazze del Fronte della Gioventù.  La nostra attività in fabbrica non cessò di certo, anzi per dimostrare che eravamo in molti, vennero intensificate le scritte murali. Ricordo che con me in questo lavoro c’era sempre un manovale sordomuto: lui col pentolino della vernice ed io con il pennello cercavamo di coprire di scritte l’interno della fabbrica, specialmente le scale. Mentre noi scrivevamo, le guardie cancellavano, ad ogni cancellatura seguiva una riscrittura. Spesso, per non farci scoprire, dovevo chiamare il mio compagno, che, come già detto era sordomuto e quindi non si accorgeva quando arrivava qualcuno; io allora gli davo tali scrollate che alle fine anche il pentolino di vernice si rovesciava imbrattando tutti i gradini.  Per la continua attività e trovandomi in stato interessante. il Viscardi mi impose, anche per prudenza, di lasciare provvisoriamente la fabbrica e di allontanarmi da Milano. Dopo un certo periodo ritornai rimanendo nella clandestinità a tempo pieno per il Terzo settore (Magenta, San Siro, Porta Genova) tenendo collegamenti fra le fabbriche di mia competenza come responsabile per la assistenza ai Partigiani ed alle loro famiglie. Una volta circolò la voce che mi avevano vista su un camioncino della Muti in stato d’arresto. Le cose, invece erano andate un po’ diversamente. Ero stata mandata a Magenta per prendere contatto con alcune operaie e contadine; al ritorno dovevo accompagnare a Milano una ragazza russa che non sapeva una parola d’Italiano e affidarla, a un’ora precisa, ad un compagno che ci attendeva in Piazzale Baracca. Il mezzo di trasporto dell’epoca, il cosiddetto Gamba de Legn, non partiva perché c’era stato un bombardamento ed io, preoccupato per il rispetto dell’orario dell’incontro, non sapevo proprio cosa fare. Vedendo passare un camioncino della Muti mi decisi a fermarlo ed invitata a gesti la ragazza a non parlare assolutamente, salimmo sul camion. Per distrarli da ogni sospetto, parlai per tutto il tragitto. Arrivate finalmente in Piazzale Baracca ringraziai dicendo che avevamo fatto un grande favore ad una vera Italiana, così che se ne andarono convinti che ero una di loro." 
(Dalla pubblicazione: “L’Antifascismo e la Resistenza in Borletti” 1980 Comitato Unitario Antifascista.)

2 commenti:

Michele CHIESA ha detto...

Sono il nipote di Piera Antoniazzi e vi ringrazio per questo meraviglioso ricordo.
Mia zia è stata una grande donna e ha insegnato a tutti noi i valori della libertà e dell'antifascismo.
Noi siamo i suoi eredi fisici e morali!

un abbraccio
Michele CHIESA

Anonimo ha detto...

Segnalo il seguente opuscolo del 1999, "Le donne e la Resistenza: intervista a Piera Antoniazzi": dettagli al seguente indirizzo: https://www.carc.it/1999/11/30/le-donne-e-la-resistenza-intervista-a-piera-antoniazzi-carc/

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