"Le eversive e volgari aggressioni del Presidente del Consiglio alla Corte Costituzionale ed alle Istituzioni di garanzia suscitano la giusta, forte e indignata riprovazione e protesta di tutti gli antifascisti e di tutti i democratici.
Per la democrazia italiana il momento è difficile.
In nome della Resistenza e della Costituzione si levi forte il monito dei partigiani, dei patrioti, e della più ampia unità degli antifascisti e dei democratici".
Presidenza e Segreteria Nazionale Anpi
Non ce la fa a trattenersi il premier italiano Silvio Berlusconi. L’occasione del congresso del Ppe a Bonn, secondo il suo punto di vista, è ghiotta. Doveva parlare di economia sociale e di mercato, ma ha approfittato per parlare delle sue vicende giudiziarie, del “partito dei giudici”, della Corte costituzionale in mano ad undici giudici di sinistra nominati da tre presidenti della Repubblica, “purtroppo” anche loro di sinistra. Insomma il solito tormentone.
Di fronte ad una platea importante, con capi di stato come Angela Merkel, Berlusconi parla a braccio. S’infervora e gesticola, sembra ansioso di volere condividere con chi lo ascolta la sua condizione di premier braccato dai media e dai giudici. Il Cavaliere non sembra percepire la freddezza della platea. Alcuni dei presenti si guardano intorno con aria smarrita, la Merkel, quando non fissa lo sguardo davanti a sé, chiacchiera con il suo vicino. Quelli che ridono e applaudono sono sempre gli stessi. Il premier va giù duro contro i giudici che deterrebbero la “sovranità” in Italia. Quando le leggi fatte dal Parlamento “non piacciono al partito dei giudici – spiega Berlusconi – questi si rivolgono alla Corte costituzionale che le abroga”.La platea non si scalda, a parte i soliti, nemmeno quando il presidente del Consiglio si autocelebra: “Coloro che credono in me si chiedono: mamma mia dove troviamo uno forte e duro e soprattutto con le palle come il signor Silvio Berlusconi”. I presenti restano freddi anche quando fa appello al disagio personale accennando ad una legge abrogata dalla Corte costituzionale. Quella che impediva che un cittadino venisse “rimesso nel girone infernale dei processi che rovina la vita a te, alla tua famiglia e ai tuoi cari”. Applauso finale, dovuto e tiepido, dopo la solita barzelletta. Al termine del discorso nessuno vuole commentare il “fuori tema” di Berlusconi. Questo a Bonn, perché a Roma è un’altra storia. Anche se Berlusconi assicura che la situazione descritta non deve preoccupare perché lui “ha le palle”, il presidente della Camera Gianfranco Fini è inquieto per le parole del premier. A pochi minuti dalla conclusione del discorso di Berlusconi, Fini insorge con una nota in cui spiega di non condividere le parole del presidente del Consiglio. Chiede, anzi, che Berlusconi faccia una precisazione ai delegati del Ppe per evitare che quest’ultimi facciano confusione “su quanto accade in Italia e sulle reali intenzioni del governo". Ma il presidente della Camera non si ferma e chiarisce il “ruolo di garanzia” ricoperto dalla Consulta, ruolo conferitogli dalla Costituzione. Fini ricorda poi che “la sovranità appartiene al popolo” e che Berlusconi “la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione". E’ un Berlusconi contrariato e “stanco delle ipocrisie” quello che risponde a Fini che “non c’è nulla da chiarire”. Anche il Quirinale scende in campo con una nota in cui il Giorgio Napolitano è rammaricato e preoccupato per il “violento attacco” contro le “fondamentali istituzioni di garanzia italiane”.
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