23 novembre 2011

Sandro Pertini. Un Partigiano come Presidente


Dal sito del nostro socio Andrea Riscassi: http://andreariscassi.wordpress.com/


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«Triste è la terra che ha bisogno di eroi. Disperata è quella che non riesce nemmeno a ricordarli. E in Italia si arriva sempre, con molta puntualità, a scontare l’affezione che ci porta al scordiamoci il passato e al chi ha dato, ha dato; chi ha avuto, ha avuto. Il rimosso, è inevitabile, torna sempre in forma di incubo. Ma, quando uno tiene famiglia (tengo famiglia, suggeriva Flaiano, è il motto che dovrebbe essere cucito sulla nostra bandiera), deve tirare avanti; e quando uno deve tirare avanti, ha il dovere di comportarsi da mulo e infilarsi il paraocchi. È quello che farà meticolosamente ogni italiano, mentre, dal 1930 fino alla caduta del regime, Pertini sconta in carcere il vizio di possedere una coscienza». Così Massimiliano e Pier Paolo Di Mino scrivono nell’introduzione di questo bel “Libretto rosso di Pertini” edito da Purple Press. Nel librino, viene raccontata – attraverso le parole dell’unico socialista diventato presidente della Repubblica italiana – la vita del mitico Pert (amico del Paz), durante il fascismo, nella lotta di resistenza, nel dopoguerra e da presidente. Un viaggio dove si capisce che “un partigiano come presidente” non è solo una frase di una canzona nota in tutto il mondo. Pertini scriveva: «Per me socialismo vuol dire esaltazione della dignità dell’uomo; e quindi il socialismo non può andare disgiunto dalla libertà». Con questa chiave di lettura, si leggono come errori di valutazioni il sostegno all’Urss (e alla Cina di Mao) che pure Pertini fa nel dopoguerra («cinquecento milioni di uomini finalmente liberi sotto le bandiere della democrazia popolare»). Interessante è la sua fede nel socialismo: «Questo socialismo, questa Resistenza, questa continua lotta politica e tutto il resto sono stati lo strumento, non avendo la fede in Dio, per vincere in qualche modo il dolore del mondo». Una fortuna comunque questa fede, soprattutto agli occhi di un liberale che si nutre solo di dubbi. Fa impressione, appena usciti (sperem!) da una stagione con madri e padri pronti a gettare le figlie nelle braccia di papi (anche se ha età da bisnonno) leggere un Pertini che si arrabbia con la madre che chiede per lui la liberazione dalle carceri fasciste. Scrive infatti il partigiano: «Come si può pensare che io, pur di tornare libero, sarei pronto a rinnegare la mia fede? E privo della mia fede, cosa può importarmene della libertà? La libertà, questo bene prezioso tanto caro agli uomini, diventa un sudicio straccio da gettar via, acquistato al prezzo di questo tradimento». E a sua madre: «Ma dimmi, mamma, come potresti riabbracciare tuo figlio, se a e tornasse macchiato di un così basso tradimento». Parole che non sembrano frutto dello stessa Italia, patria del trasformismo. Sempre alla madre, Pertini (che poi andrà fiero di “non aver mai avuto una poltrona ministeriale”) scrive una frase che andrebbe ripetuta come un mantra da quanti ormai, schiavi del sondaggismo (e del berlusconismo, suo legittimo figlio) affrontano solo battaglie vincenti: «Nella vita talvolta è necessario saper lottare, non solo senza paura, ma anche senza speranza». Le battaglie da fare perché è giusto farle, non perché debbano portare a un immediato risultato. Le stesse che spingeranno il laico Pertini ad attaccare in campo aperto la Dc: «Cristo per opera di costoro è oggi nuovamente crocifisso, perché Cristo è nel lavoratore affamato che cade sotto il piombo del governo clericale». E chissà che direbbe oggi dove, pur in assenza della Dc, il clericalismo ha allargato vieppiù le sue sfere di influenza. Interessanti (anche alla luce di quanti poi sono saliti al potere) le parole di Pertini verso «questo neofascismo che è nemico della patria, anche se si sciacqua la bocca cento volte al giorno della parola patria, è stato nemico della patria italiana e nemici della patria noi li dobbiamo considerare». Nell’ultimo capitolo del libro sono pubblicati i messaggi di fine anno del Presidente Pertini. Che consiglio all’Ammiraglio che hanno messo alla guida della Difesa. Perché ripeteva come un mantra: «Si svuotino gli arsenali di guerra sorgente di morte, si colmino i granai sorgenti di vita per milioni di creature umane che stanno lottando contro la fame». Così come a questo nuovo, anziano, governo sarebbe utile leggere l’appello-testamento di Pertini rivolto ai giovani: «Giovani, armate invece il vostro animo di una fede vigorosa: sceglietela voi liberamente purché la vostra scelta presupponga il principio di libertà, se non lo presuppone voi dovete respingerla, altrimenti vi mettereste su una strada senza ritorno, una strada al cui termine sarebbe la vostra morale servitù: sareste dei servitori in ginocchio, mentre io vi esorto a essere sempre degli uomini in piedi».
Andrea Riscassi. 

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