Parla Carla Nespolo, Presidente nazionale dell’Anpi, sulla crisi politica e istituzionale del Paese e sulla recente soluzione. Il gravissimo errore della richiesta di “impeachment”. La violenza verbale senza freni sui socialnetwork. I compiti dell’Associazione. L’appuntamento nazionale del 2 giugno a Bologna
L’Italia ha un governo; come giudichi l’intera vicenda?
Siamo davanti ad una forte richiesta popolare di cambiamento, questo è evidente. Questa richiesta impone risposte adeguate, soprattutto in termini di rispetto di diritti e di giustizia sociale. L’Anpi non è un partito politico e non spetta a noi dare giudizi su formule politiche di governo, mentre ci compete pienamente ragionare sul merito. E il merito è questo: si rispetti la Carta Costituzionale nella sua essenza, cioè nei valori fondanti della nostra società che sono l’antifascismo, il rifiuto di ogni discriminazione, il diritto al lavoro e alla giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani, la pace. E’ questo il messaggio che mi permetto di dare immediatamente al nuovo Presidente del Consiglio.
Non entro nei contenuti del programma di governo presentato da M5S e Lega, ma mi sento di dire già in anticipo, per fare un solo esempio, che la norma che limita ai soli bambini italiani l’accesso alle scuole materne ci vedrà, se applicata, in fermo contrasto con essa. Nella nostra società si è diffusa una pericolosa intolleranza verso gli stranieri poveri, lo sappiamo. E’ una buona via d’uscita, per i razzisti di tutte le età, far credere a chi è povero che il nemico è chi è più povero di lui. E’ un inganno tipico del populismo e, in sostanza, di chi non vuol cambiare davvero. Il tema del rapporto tra populismo e democrazia, va seriamente indagato. E’ un nostro impegno, anche teorico, che intendiamo mantenere.
Che giudizio dai sulla crisi politica e istituzionale in atto e sulla sua conclusione?
Il governo c’è. Faticosamente, ma c’è. Eppure è la prima volta, nella storia dell’Italia repubblicana, che si è determinato un caos come quello a cui abbiamo assistito. Non mi riferisco solo al doppio colpo di teatro della inaspettata richiesta di impeachment,imperiosamente avanzata in prima serata e in diretta Tv da Luigi Di Maio, ritirata il giorno dopo. Mi riferisco anche a tutto l’iter – quasi tre mesi – di questa vicenda francamente sconcertante.
Si era peraltro determinata una circostanza paradossale, in cui si è avanzato un programma di governo senza copertura finanziaria e si è proposto un Presidente del Consiglio vincolato ad un programma (il “contratto”) precedentemente scritto e condiviso da due capi di partito, che mi pare contraddica l’articolo 95 della Costituzione, che recita “Il Presidente del Consiglio dei Ministri dirige la politica generale del Governo e ne è responsabile”, attribuendo quindi a lui la necessaria autonomia ed autorevolezza che questo “contratto” di fatto gli nega. Ora il Presidente del Consiglio ha al suo fianco due “dioscuri”. Conte avrà la forza di decidere in autonomia? Faccio solo questo esempio per segnalare la straordinaria contraddittorietà dei comportamenti che hanno portato alla formazione del governo. Un guazzabuglio, un unicum nella storia recente del Paese.
In questo quadro ho ritenuto di esprimere la nostra solidarietà al Presidente della Repubblica, perché non dobbiamo mai dimenticare che, al di là delle contingenze politiche, resta il nostro dovere di difendere la Costituzione e la Repubblica, nate dalla lotta di Liberazione.
Abbiamo assistito per giorni sui socialnetwork a reazioni scomposte, isterismi ed anche insulti nei confronti della prima carica dello Stato. Come mai?
Si tratta di una questione molto seria che non riguarda solo il costume ma, per alcuni aspetti, la stessa tenuta civile del Paese. C’è stato un uragano di violenze verbali, volgari e inaccettabili. Attaccare la più alta istituzione di garanzia della Repubblica vuol dire semplicemente far saltare il banco. Attaccarlo come è stato fatto da tanti, con insulti irripetibili e addirittura con sconvolgenti riferimenti all’assassinio del fratello Piersanti, è un vero e proprio attentato alle istituzioni democratiche. Tralascio, ma vi dovremo ritornare, gli insulti ossessivamente e ripetutamente rivolti all’Anpi, da molti fascisti da “tastiera”. E’ giusto indignarsi per tutto questo, ma occorre anche pensare ai rimedi. Non tanto in termini di punizione, quanto per comprendere perché tutto ciò avviene. C’è una sorta di Vandea trasformata in curva da stadio che cerca di prendere il sopravvento sulla libera – ed anche aspra – discussione, non ammette repliche né contraddittorio, si autodefinisce giudizio del popolo e giudizio di Dio, crede di incarnare la “sovranità popolare” e qualsiasi obiezione ad essa viene stigmatizzata come “voce dell’élite” o catalogata come replica ad un partito nemico. Un vero e proprio delirio di onnipotenza, di brutalità e spesso di ignoranza. Per dirla in breve, una orrenda cosa di estrema destra, rancorosa e violenta. Stupisce, se devo essere franca, che anche persone sinceramente di sinistra non abbiano capito la pericolosissima china che stavano prendendo le cose e l’inaudita gravità di questi attacchi all’istituzione del Presidente.
Sia chiaro: questo non vuol dire arruolarsi in chissà quale crociata a favore di Mattarella, ma rispettare pienamente il suo ruolo e la sua persona e difendere la Costituzione, che il Presidente ha interpretato in modo legittimo. Aggiungo che tale difesa non vuol affatto sottintendere una accettazione passiva di un’Unione Europea subalterna alle banche e ai mercati, che si è fra l’altro così sgradevolmente manifestata prima nelle parole del commissario europeo Oettinger e recentemente in quelle del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker. Viceversa, io penso che la sacrosanta battaglia per un’Europa finalmente sociale non possa passare da scelte e dichiarazioni miopi, controproducenti o addirittura devastanti, come si è visto dagli effetti dirompenti di questi giorni sui mercati, ma debba proporre un’altra idea di Europa unita, che eviti violenti shock finanziari e ponga l’economia al servizio della politica. Guai a noi se, in nome della critica a questa Ue, ci si confonde con la Le Pen o con Orban!
In questa situazione così grave cosa farà l’Anpi?
In primo luogo cercare di capire quello che sta succedendo con la necessaria lucidità e con una visione di prospettiva. Di questi tempi, con questa politica, non è affatto scontato. Ora che il governo si è fatto davvero, ci proponiamo di ribadire i due architravi su cui si regge non l’Anpi, ma la Repubblica, e cioè la Costituzione e l’antifascismo. Inoltre, ove si manifestasse, ci proponiamo di contrastare qualsiasi scelta che sdogani in qualsiasi modo qualsiasi razzismo. Vorrei però aggiungere una cosa: se ci accorgessimo che è in corso più o meno chiaramente una deriva verso un regime autoritario, escludente, nazionalista, lo contrasteremmo con ogni forza. Lo abbiamo già fatto nel 1960 con Tambroni. Come portare avanti queste idee? Con una bussola, che è quella dell’unità democratica; è il metodo grazie al quale abbiamo raccolto centinaia di migliaia di firme contro i neofascismi e i razzismi, è lo spirito con cui diamo vita alla manifestazione di Bologna del 2 giugno, è in fondo la più alta lezione dei Cln: uniti si vince.
2 giugno appunto. E’ questo il senso della manifestazione nazionale a Bologna?
Sì, certo. Il 2 giugno, alle ore 16, a Bologna, a Palazzo di Re Enzo e di fronte al Sacrario dei nostri morti, a piazza Nettuno, faremo la nostra manifestazione del 2 giugno, per celebrare degnamente il settantesimo anniversario della entrata in vigore della Costituzione. Sarà un momento importante del lungo cammino che abbiamo intrapreso qualche mese fa, con 23 associazioni a cui se ne sono aggiunte tante altre, per dire No al fascismo e al razzismo. Abbiamo raccolto più di 300mila firme, che consegneremo al Presidente della Repubblica per ribadire il nostro impegno democratico e anche la nostra vigilanza a tutela della Costituzione. In un tempo in cui altri si dividono, noi antifascisti percorriamo la strada del dialogo, dell’unità e dell’impegno civile.
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