Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - ANPI Barona Milano.
27 dicembre 2019
26 dicembre 2019
17 dicembre 2019
10 dicembre 2019
Un vero Museo Nazionale della RESISTENZA a Milano.
Un vero Museo Nazionale della Resistenza a Milano. ANPI c’è.
“Milano fa bene alla memoria collettiva del Paese. Lo fa oggi con la marcia dei 600 sindaci a fianco della senatrice Liliana Segre, vittima di minacce razziali. Lo farà il 12 dicembre ricordando con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, il cinquantesimo anniversario della strage di piazza Fontana. Lo farà in un futuro che si spera molto prossimo realizzando finalmente un Museo nazionale della Resistenza degno di questo nome, una piramide di 2.500 metri quadrati a firma degli architetti Herzog e De Meuron.
Storia tormentata quella del museo. Con contrapposizioni laceranti tra chi quella memoria la custodisce. La parola fine alle polemiche l’ha messa il ministro dei Beni culturali, Dario Franceschini, lo stesso che nel 2015 annunciò la volontà del governo di realizzare a Milano, medaglia d’oro della Resistenza, uno spazio che raccontasse a giovani e meno giovani il significato storico della lotta per la libertà. Sul piatto c’erano 2 milioni e mezzo di euro e una sede di 400 metri quadrati al piano terra della Casa della Memoria. Ieri, ai 2 e mezzo se ne sono aggiunti altri 15 e la superficie ha raggiunto i 2.500 metri per quattro piani di altezza. Così come è cambiata la sede. Non più la Casa della Memoria, ma una nuova piramide che sorgerà di fronte a quella che ospita la Fondazione Feltrinelli. «Il risultato — ha detto Franceschini — sarà un Museo nazionale della Resistenza: una cosa di cui il Paese ha assoluto bisogno. Mi pare giusto che, in un momento come questo, ci sia un segnale forte da regalare all’Italia». Il ministro si lascia andare anche a una confessione personale. «Sono figlio di un giovane partigiano bianco e mi sono sempre portato dietro la paura che quel ricordo si smarrisca. È importante che ci sia un luogo nazionale per ricordare alle future generazioni ciò che hanno fatto le nostre madri e i nostri padri per darci la libertà che oggi riteniamo scontata e ovvia, mentre non lo è per niente, perché si è data la vita e la giovinezza per ottenerla».
Il museo verrà gestito da una Fondazione «aperta» tra il Comune di Milano, il Mibact e l’Istituto nazionale Ferruccio Parri, con il coinvolgimento della Regione Lombardia e dell’Anpi. «Milano onora ed esalta la sua identità di città della Resistenza di ogni tempo, schierata con i suoi cittadini per la libertà e contro ogni regime» è stato il commento del sindaco di Milano, Beppe Sala. Il suggello è arrivato con un telegramma del capo dello Stato Mattarella: «La memoria di chi ha combattuto per restituire all’Italia la libertà va conservata e trasmessa, non per riprodurre divisioni, ma per consolidare e diffondere, specialmente tra le giovani generazioni, la consapevolezza del valore inestimabile della democrazia e della libertà».
Divisioni che però hanno segnato il Museo della Resistenza fin dalla sua nascita «ideale» con la scelta della sede: i quattrocento metri della Casa della Memoria al quartiere Isola. Uno spazio a pian terreno, ritenuto troppo angusto dall’Associazione nazionale dei partigiani, che quello spazio lo occupa insieme agli ex deportati dell’Aned, all’Istituto Ferruccio Parri e alle associazioni delle vittime del terrorismo e delle vittime di piazza Fontana. «Lo spazio ristretto provocherà due gravi conseguenze — diceva il presidente provinciale di Anpi, Roberto Cenati — quella di non dotare la città di un vero Museo nazionale della Resistenza, per il quale ci siamo da tempo battuti, e quello di mandare in frantumi il progetto della Casa della Memoria, proprio nella fase in cui lo spazio è frequentato da migliaia di cittadini per l’alto livello delle mostre, degli incontri, dei dibattiti».
Tra i motivi di frizione ha giocato anche il fatto che l’Anpi si sentisse scavalcata e non coinvolta nel progetto. Il muro contro muro è andato avanti per anni con accuse reciproche, fino alle minaccia di querele e carte bollate. La vera svolta è arrivata a giugno. Con un appello, prima firmataria Liliana Segre. «Noi, cittadine e cittadini antifascisti, che abbiamo imparato ad apprezzare la Casa della Memoria e le sue attività, chiediamo al Comune di Milano che al Museo della Resistenza venga assegnato uno spazio adeguato con un progetto di ampio respiro, degno della storia milanese. E quindi che l’attuale progetto venga accantonato». Oltre alla Segre tante firme illustri: Armando Spataro, Ferruccio de Bortoli, Andrée Ruth Shammah, Stefano Boeri, Nando Dalla Chiesa, Roberto Jarach, Salvatore Veca, Ottavia Piccolo e molti altri intellettuali, artisti. La ricostruzione è dello stesso Franceschini: «È arrivato, prima al sindaco poi a me, un appello con tante firme, la prima quella della senatrice a vita Liliana Segre, per chiedere che fosse individuata una sede diversa, più adatta, e così abbiamo cambiato la natura dell’intervento da parte dello Stato, che sarà molto più ampio».
La pax è stata siglata ieri. La nuova soluzione ha soddisfatto tutti. A partire dall’Anpi: «L’appello lanciato dalla società civile, prima firmataria la senatrice Segre, ha avuto un impatto straordinario — dice Cenati —. La Casa della Memoria non era adeguata. La soluzione di salvaguardare la Casa e realizzare il museo in un posto adeguato è la soluzione ideale che tutti auspicavamo». Per proseguire con l’Istituto Parri: «È un’ottima notizia — dice il presidente Paolo Pezzino — che permetterà a Milano di essere lo snodo centrale della memoria della Resistenza in Italia e in Europa. Speriamo che non ci siano intoppi. Sarà sia un centro multimediale, sia un’esposizione di oggetti. Aned e Anpi avranno un ruolo fondamentale perché sono loro i depositari della memoria visiva e fattuale». Per continuare con la Casa della Memoria: «Quando sono stato nominato dal sindaco Sala — dice il presidente Ettore Martinelli — avevo promesso che la situazione si sarebbe risolta. Sono contento che si sia trovata una soluzione condivisa». È soddisfatto anche il Comune. Contro la nuova piramide si erano schierati dei gruppi di cittadini. Difficile che adesso possano contestare il Museo della Resistenza.”
Corriere della Sera - 10 dicembre 2019.
09 dicembre 2019
05 dicembre 2019
Il Partigiano Carlo Smuraglia...
Lettera aperta del Partigiano e Presidente emerito dell'ANPI, Carlo Smuraglia
- Lettera aperta alle “Sardine”.
Care “sardine”, sto seguendo le vostre iniziative, con l'attenzione dovuta a tutto ciò che si “muove” in questa società, troppo statica e troppo spesso legata ad antiche prassi ed abitudini. Non ho nulla da suggerirvi e da proporvi, non solo perché non ne avete bisogno, ma perché sarebbe sbagliato. Ognuno ha il diritto – dovere di prendere in mano il proprio destino, così come molti di noi hanno fatto con la scelta partigiana nell'ormai lontano autunno del 1943. Gli sbocchi sono sempre incerti ed indefinibili a priori e nessuno ha il diritto di interferire, ferma restando la speranza che ne esca qualcosa di positivo per il complesso della vita politica e sociale italiana, così insoddisfacente per molti di noi (e di voi, credo).
Ho notato, però, un particolare che mi è parso assai interessante: durante la manifestazione svoltasi a Milano si sarebbero letti dal palco, alcuni articoli della Costituzione. Non so quali, perché ero a casa per una indisposizione che mi impediva di uscire in una giornata di pioggia. Il fatto, però, mi è sembrato positivo perché rappresenta quello che spero possa essere una premessa dello sviluppo delle iniziative che continueranno a svolgersi in tutta Italia.
Sostengo da tempo, come disse molto tempo fa Piero Calamandrei, che nei momenti difficili del Paese, il punto di riferimento deve essere la Costituzione. È questa che deve illuminarci, nei periodi più ardui e complessi, come punto di riferimento di ogni azione, perché la Costituzione è di tutti.
Io credo che già la lettura dei primi dieci articoli della Costituzione costituisca da sola un vero e proprio indirizzo per le azioni individuali e collettive. Ma sono anche convinto che l'intero “spirito” della Costituzione debba essere colto come un indirizzo, un “faro” che può guidarci, appunto quando tutto appare difficile e complicato e quando occorre individuare le vie d'uscita da un sistema che non riesce più a soddisfare i bisogni, i desideri, le attese della gente.
Ma c'è ancora una cosa su cui desidero richiamare la vostra attenzione. È pacifico che questa Costituzione si compone di affermazioni di valori, di princìpi e di impegni solenni per garantire l'effettività dei diritti, della uguaglianza e degli stessi valori concentrati soprattutto nella prima parte. Ebbene, la non attuazione di moltissimi di questi impegni è sotto gli occhi di tutti (dal lavoro, all'ambiente, alla tutela del patrimonio artistico, allo sviluppo della cultura, alla realizzazione di una vera “pari dignità sociale” e così via).
La sola attuazione di questi aspetti fondamentali della Costituzione rappresenterebbe un cambiamento sostanziale del sistema politico e sociale, un miglioramento della convivenza civile, uno sviluppo della rilevanza della persona e della sua dignità: insomma, una vera rivoluzione pacifica.
È un profilo importante, che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione, per ogni possibile sviluppo. Se intervengo su questo punto, lo faccio per convinzione personale (del resto, ho pubblicato due anni fa un libro con un titolo significativo: “Con la Costituzione nel cuore”) e per indicare una possibile e forse necessaria via di approfondimento.
Leggete dunque queste parole non come una interferenza, che non mi permetterei mai, ma come una sollecitazione a riflettere su un punto importantissimo della vita nazionale, verso la quale voi stessi avete espresso un segnale inequivocabile di attenzione.
Cari saluti e molti auguri,
Ho notato, però, un particolare che mi è parso assai interessante: durante la manifestazione svoltasi a Milano si sarebbero letti dal palco, alcuni articoli della Costituzione. Non so quali, perché ero a casa per una indisposizione che mi impediva di uscire in una giornata di pioggia. Il fatto, però, mi è sembrato positivo perché rappresenta quello che spero possa essere una premessa dello sviluppo delle iniziative che continueranno a svolgersi in tutta Italia.
Sostengo da tempo, come disse molto tempo fa Piero Calamandrei, che nei momenti difficili del Paese, il punto di riferimento deve essere la Costituzione. È questa che deve illuminarci, nei periodi più ardui e complessi, come punto di riferimento di ogni azione, perché la Costituzione è di tutti.
Io credo che già la lettura dei primi dieci articoli della Costituzione costituisca da sola un vero e proprio indirizzo per le azioni individuali e collettive. Ma sono anche convinto che l'intero “spirito” della Costituzione debba essere colto come un indirizzo, un “faro” che può guidarci, appunto quando tutto appare difficile e complicato e quando occorre individuare le vie d'uscita da un sistema che non riesce più a soddisfare i bisogni, i desideri, le attese della gente.
Ma c'è ancora una cosa su cui desidero richiamare la vostra attenzione. È pacifico che questa Costituzione si compone di affermazioni di valori, di princìpi e di impegni solenni per garantire l'effettività dei diritti, della uguaglianza e degli stessi valori concentrati soprattutto nella prima parte. Ebbene, la non attuazione di moltissimi di questi impegni è sotto gli occhi di tutti (dal lavoro, all'ambiente, alla tutela del patrimonio artistico, allo sviluppo della cultura, alla realizzazione di una vera “pari dignità sociale” e così via).
La sola attuazione di questi aspetti fondamentali della Costituzione rappresenterebbe un cambiamento sostanziale del sistema politico e sociale, un miglioramento della convivenza civile, uno sviluppo della rilevanza della persona e della sua dignità: insomma, una vera rivoluzione pacifica.
È un profilo importante, che mi permetto di sottoporre alla vostra attenzione, per ogni possibile sviluppo. Se intervengo su questo punto, lo faccio per convinzione personale (del resto, ho pubblicato due anni fa un libro con un titolo significativo: “Con la Costituzione nel cuore”) e per indicare una possibile e forse necessaria via di approfondimento.
Leggete dunque queste parole non come una interferenza, che non mi permetterei mai, ma come una sollecitazione a riflettere su un punto importantissimo della vita nazionale, verso la quale voi stessi avete espresso un segnale inequivocabile di attenzione.
Cari saluti e molti auguri,
Carlo Smuraglia.
Milano, 3 dicembre 2019.
Milano, 3 dicembre 2019.
01 dicembre 2019
come al tempo del fascismo...
Condividiamo sempre più preoccupati l'appello di Maurizio Verona.
"ANAGRAFE NAZIONALE ANTIFASCISTA.
Cara cittadina, caro cittadino,
metto insieme alcuni eventi accaduti: insulti e minacce ad Emanuele Fiano, definito un 'ebreo di merda', manifesti insultanti nei confronti di Laura Boldrini attaccati sui muri di varie città d'Italia, un raduno fascista a Predappio, due ragazzi vestiti da nazisti a Lucca Comics con persone che chiedono un selfie, un giornalista minacciato di morte per il suo libro sul neofascismo a Brescia, un insegnante che minaccia gli studenti che vogliono manifestare, un altro che porta via la sua classe durante la presentazione di un libro sui processi ai fascisti di uno storico serio perché accusato di fare propaganda. E se non bastasse: la senatrice Segre sotto scorta, un arsenale di armi con esplosivi, residuati bellici e svastiche, trovato a Siena, la Digos che con l’operazione 'Ombre nere" porta alla luce l'esistenza del tentativo di costituire un'organizzazione filonazista, xenofoba, antisemita, un giornalista di grido che nel suo salotto e nei suoi libri spreca trasmissioni e tempo per tranquillizzare sul fatto che il fascismo non può ritornare.
E’ il bollettino degli ultimi giorni: eppure qualcuno continua a dire che non sta succedendo nulla. Anni di silenzio, di colpevole indifferenza delle istituzioni, hanno alimentato questo fenomeno, sottovalutato e ancor peggio tollerato, sdoganato, legittimato come opinione politica
Il fascismo non è mai morto: è rimasto sotto traccia nei primi anni dopo la guerra, alimentando il mito degli “italiani brava gente”: come se in Libia, Grecia, Iugoslavia gli italiani non si fossero macchiati degli stessi crimini dei nazisti, compiuti anche in Italia contro donne, vecchi, bambini da reparti della Guardia Nazionale Repubblicana, della X Mas. Il fascismo è rimasto sotto traccia negli apparati dello Stato, è rimasto nelle repressioni, poi nelle stragi fasciste del terrorismo nero, nei depistaggi per creare la strategia della tensione che voleva portare ad una svolta autoritaria nel nostro Paese, nelle connivenze con la Mafia, la ‘ndrangheta per delegittimare e colpire lo Stato. È rimasto nelle formazioni paramilitari negli anni della Guerra fredda.
Oggi tornano le divise, i simboli, partiti politici che si richiamano apertamente al fascismo: e noi dovremmo essere tranquilli.
La democrazia non si completa solo nell’esercizio del voto e sono certo anch’io che continueremo a recarci alle urne. Allo stesso tempo sento il rischio di vivere in una “democrazia fascista”, in cui restano le apparenze o i simulacri di una democrazia, in cui il diritto di esercitare liberamente il proprio pensiero è solo una enunciazione di principio o si riduce alla possibilità di scrivere di tutto sui social, alla libertà di fare disinformazione, di infangare gli avversari, di esporre simboli vietati dalla Costituzione.
Una società in cui prevalgono la violenza, l’odio, il rancore, la paura. Dovremmo essere tranquilli? A me sembra di vivere in una società inquinata: come al tempo del fascismo."
Il Presidente del Parco Nazionale della Pace.
Maurizio Verona
29 novembre 2019
ANPI sempre e per sempre contro il fascismo.
“Apprendo dalla stampa che l'inchiesta di Enna sul tentativo di costituzione di un partito filonazista ha fatto emergere tra gli obiettivi di questi individui anche quello di realizzare un attentato in una sede dell'ANPI. Esprimo chiaramente preoccupazione per questo gravissimo fatto, che si inserisce in un clima generale di violento attivismo nero, ma allo stesso tempo dichiaro con forza che l'ANPI non si fa certo intimidire e continuerà a svolgere, in tutta Italia e con tutte le forze, il suo dovere di contrasto ai fascismi e ai nazismi. Insisteremo quindi, insieme a tante altre Associazioni, a chiedere che vengano sciolte le organizzazioni che si richiamano a quegli ideali criminali, come CasaPound e Forza Nuova. Confido di trovare, in questa non facile battaglia, il sostegno e l'adesione di tante cittadine e cittadini democratici. L'ANPI ha bisogno di tutti loro.”
28 novembre 2019
25 novembre 2019
23 novembre 2019
21 novembre 2019
19 novembre 2019
11 novembre 2019
28 ottobre 2019
27 ottobre 2019
21 ottobre 2019
C.N.L. Tessera di Riconoscimento - Piera Antoniazzi
PIERA ANTONIAZZI.
Operaia al controllo del Reparto Macchine da ripresa Fratelli Borletti Milano dal marzo 1933 all’aprile 1946.
"Il primo contatto con la lotta antifascista l’ho avuto durante la guerra, attraverso il compagno Viscardi che mi presentò alla signora Anna Bazzini, già condannata dal Tribunale speciale a molti anni di reclusione per opposizione al regime fascista. Lei mi diede l’incarico di vedere che cosa si poteva fare con le donne della Borletti. Queste, in genere erano di origine contadina ed erano state assunte in massa per gli urgenti bisogni legati alla produzione bellica, erano in maggioranza di matrice cattolica. Con loro iniziai a discutere sui guasti provocati dalla guerra, sulla condizione economica e sulla fame, convinta che mi avrebbero capita. Ricordo che allo sciopero, organizzato per un bombardamento di Roma, le donne aderirono tutte. I fascisti. All’uscita della fabbrica, chiedevano i motivi della protesta; i fatti successivi ci dettero questa certezza. Ebbi in questa occasione modo di conoscere Vittoria Caccianiga e Gina Moioli; con loro mi sentivo più sicura e passammo ad un più attivo lavoro clandestino: dall’assistenza alla raccolta dei soldi per aiutare chi doveva fuggire o chi era nascosto. Unanime ed entusiasta fu la risposta delle operaie. Il 2 novembre 1944 centinaia di donne si radunarono al cimitero di Musocco davanti alle tombe dei caduti nella lotta di liberazione; tutte le lapidi furono ricoperte di fiori. Una partigiana della Borletti lesse un appello dedicato ai caduti e alla pace. Il 31 dicembre 1944 presso il muro di cinta del cimitero della Camerlata (Como) venne fucilato Giovanni Busi un giovane lavoratore della CGE, Partigiano del Fronte della Gioventù e militante come noi nella 113° Brigata Garibaldi. Questo giovane ci era particolarmente caro anche perché conoscevamo il difficile passato antifascista di tutta la sua famiglia. Alla sua memoria e in onore di tutti i partigiani caduti. Elvira Barili concordò un rito funebre per i primi giorni del gennaio 1945 presso la parrocchia di San Satiro, di via Torino. La presenza dei lavoratori e delle lavoratrici fu numerosa, ma fu soprattutto caratterizzata dalla presenza dei giovani e delle ragazze del Fronte della Gioventù. La nostra attività in fabbrica non cessò di certo, anzi per dimostrare che eravamo in molti, vennero intensificate le scritte murali. Ricordo che con me in questo lavoro c’era sempre un manovale sordomuto: lui col pentolino della vernice ed io con il pennello cercavamo di coprire di scritte l’interno della fabbrica, specialmente le scale. Mentre noi scrivevamo, le guardie cancellavano, ad ogni cancellatura seguiva una riscrittura. Spesso, per non farci scoprire, dovevo chiamare il mio compagno, che, come già detto era sordomuto e quindi non si accorgeva quando arrivava qualcuno; io allora gli davo tali scrollate che alle fine anche il pentolino di vernice si rovesciava imbrattando tutti i gradini. Per la continua attività e trovandomi in stato interessante. il Viscardi mi impose, anche per prudenza, di lasciare provvisoriamente la fabbrica e di allontanarmi da Milano. Dopo un certo periodo ritornai rimanendo nella clandestinità a tempo pieno per il Terzo settore (Magenta, San Siro, Porta Genova) tenendo collegamenti fra le fabbriche di mia competenza come responsabile per la assistenza ai Partigiani ed alle loro famiglie. Una volta circolò la voce che mi avevano vista su un camioncino della Muti in stato d’arresto. Le cose, invece erano andate un po’ diversamente. Ero stata mandata a Magenta per prendere contatto con alcune operaie e contadine; al ritorno dovevo accompagnare a Milano una ragazza russa che non sapeva una parola d’Italiano e affidarla, a un’ora precisa, ad un compagno che ci attendeva in Piazzale Baracca. Il mezzo di trasporto dell’epoca, il cosiddetto Gamba de Legn, non partiva perché c’era stato un bombardamento ed io, preoccupato per il rispetto dell’orario dell’incontro, non sapevo proprio cosa fare. Vedendo passare un camioncino della Muti mi decisi a fermarlo ed invitata a gesti la ragazza a non parlare assolutamente, salimmo sul camion. Per distrarli da ogni sospetto, parlai per tutto il tragitto. Arrivate finalmente in Piazzale Baracca ringraziai dicendo che avevamo fatto un grande favore ad una vera Italiana, così che se ne andarono convinti che ero una di loro."
(Dalla pubblicazione: “L’Antifascismo e la Resistenza in Borletti” 1980 Comitato Unitario Antifascista.)
14 ottobre 2019
11 ottobre 2019
Nuovo comunicato, nuove indicazioni. ANPI Barona Milano.
Nuova locandina, nuove indicazioni... ringraziando per il vostro aiuto e per le vostre condivisioni, e per chi ha già generosamente contribuito, settimana prossima invieremo la nostra e vostra partecipazione reale al popolo Kurdo, dandovene comunicazione. Ancora grazie di cuore. "Svuotare gli arsenali, riempire i granai" Sandro Pertini.
10 ottobre 2019
08 ottobre 2019
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