Strappate le immagini in ceramica di tre Partigiani dal Cippo che ricorda i caduti della Battaglia del Ronchetto sul Naviglio di Milano, 25 aprile 1945.
Oltraggio alla lapide dei Partigiani, Domenico Bernori, Giovanni Paghini e Idelio Fantoni, le loro immagini strappate dal cippo che ricorda il loro sacrificio al Ronchetto sul Naviglio, Via Lodovico il Moro 187 Milano. La struttura è rimasta intonsa, e nessuna scritta ed ulteriore danno strutturale fanno pensare solo ad un furto, le cornici in bronzo ed ottone, antichi manufatti, forse servivano a qualcuno, oppure un misero guadagno per chi non conosce la storia, la povertà di chi non rispetta neanche la morte. Denunciamo l’accaduto alle forze dell’ordine, a tutti i Cittadini della zona, della città, ripristineremo a breve i supporti fotografici insieme al Municipio sei, aumenteremo ancor di più la nostra vigilanza verso i simboli della libertà e non smetteremo mai di chiedere l’applicazione della Costituzione, che anche questi tre ragazzi in una notte lontana ci regalarono.
Ivano Taietti e tutta la Sezione ANPI Barona Milano.
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La storia del Cippo:
Ronchetto sul Naviglio in via Lodovico il Moro 187, al confine tra Milano, Buccinasco e Corsico, nella notte buia del 25 aprile 1945, le staffette in bicicletta provenienti da Corsico. Urlano: “stanno arrivando, sono tanti, arrivano dal Naviglio, arrivano da Vigevano, ci sono cavalli, camion e automobili, e davanti ci sono i fascisti, avvisate tutti”. Una quindicina di partigiani, stanchi, assonnati e male armati, corrono a perdifiato incontro al male. Ci sono solo prati, qualche albero, il Naviglio indifferente che scorre piano piano, il ponte lì davanti. E alle spalle la vecchia scuola. Poi solo buio e silenzio, ma in lontananza ecco le prime urla, i primi rumori di motore. Scoppia la prima bomba a mano e il cielo si riempie di lampi e tuoni, si spara con tutto quello che si ha, si urla con tutto il fiato in gola: “Maledetti, di qui non passate”. Arrivano i rinforzi, adesso sono quasi in ottanta a urlare, sparare, qualcuno è di là del ponte, e prende i nazisti di fianco. E la colonna si ferma, sullo spiazzo della vecchia “gabella” si odono i lamenti dei feriti. Il sangue comincia a gocciolare nell’acqua del Naviglio. Muoiono lì tra la prima erba di primavera, tra le prime stelle che annunciano la libertà, tre ragazzi: Domenico Bernori di anni 21, Giovanni Paghini di anni 18, Idelio Fantoni di anni 18, che dapprima ferito gravemente viene portato insieme ad altri feriti alla cripta della chiesa di Santa Rita, dove segretamente era stato allestito un punto di pronto soccorso per gli antifascisti. I padri Agostiniani oltre che nascondere armi e uomini, li nei sotterranei della chiesa prestavano la loro opera di conforto medico da parecchi mesi, aiutati da un giovane partigiano e studente di medicina: Mario Migliavacca, che divenne poi apprezzato medico condotto di zona, e che aveva appena finito di piangere la morte di suo fratello Francesco Migliavacca di 20 anni, fucilato dai fascisti al Giambellino l’8 aprile del 1945. Il Padre Agostiniano Luigi Binaschi della chiesa di Santa Rita, fu persino arrestato dalla Muti per la sua attività antifascista e incarcerato a San Vittore. Tre sono feriti gravi: Paolo Mignosi, Antonio Befana, e Scipione Grossi, che cerca scampo gettandosi nelle acque del Naviglio, nuotando fino all’altezza della cooperativa Ferrera, dove viene tratto in salvo e portato nella sua abitazione, non molto lontana, dove gli vengono prestate le prime cure. Oltre alle carcasse di diverse vetture blindate, sul luogo del tremendo combattimento rimangono i corpi senza vita di numerosi tedeschi, fra cui due ufficiali che comandavano la colonna. I nazisti si ritirano, ritornano verso Corsico e tentano di entrare a Milano attraverso Cesano Boscone e Baggio. La colonna si smembra, le staffette hanno avvisato tutti, e in ogni via, ogni piazza i Partigiani aspettano i fascisti e i nazisti a suon di schioppettate. Appena entrati in città sono nuovamente attaccati, questa volta dalla 112a brigata Garibaldi, da gruppi della Matteotti e di Giustizia e Libertà. La Squadra volante “Aldo Oliva” al comando di Angelo Bornaghi, nome di battaglia “Gianni”, che nei giorni dell’insurrezione svolse anche il ruolo di responsabile della squadra a “guardia del corpo” di Sandro Pertini, incontra un nutrito gruppo di nazi- fascisti, tra il ponte di via Valenza e via Lombardini. Un nutrito lancio di bombe a mano uccide tutti i cavalli degli ufficiali nazisti e forma un’impenetrabile barriera che non permette alle autovetture blindate di passare oltre. Numerosi fascisti e nazisti sono catturati e condotti alla prigione segreta di via Binda, nei sotterranei dell’azienda ESPERIS. Saranno poi consegnati agli anglo-americani nei primi giorni di maggio. Sul luogo della battaglia e dove i tre Partigiani morirono per regalarci la Liberta. Un cippo ad eterna Memoria, ricorda Idelio Fantoni, Giovanni Paghini e Domenico Bernori. - “Comunisti caduti in azioni contro i nazifascisti in fuga il 25/4/1945. I compagni della 113a Brigata Garibaldi e il popolo si inchinano di fronte al loro martirio voluto per la libertà d’Italia”.
Idelio Fantoni. 1927- 1945. Nato a Milano il 14/9/1927, figlio di Antonio e residente in viale Famagosta 2, lavorava alle Officine Tallero. Appartenente alla 113a Brigata Garibaldi SAP, è stato insignito della Medaglia di Bronzo e riconosciuto con Diploma Alexander 227347. Va evidenziato il fatto che Idelio cresce nelle case popolari intorno a Piazza Miani (allora si chiamava Piazzale Predappio) dove, insieme ad altri ragazzi, comincia in maniera autonoma a svolgere piccole azioni (scritte, volantini, ecc...) contro il fascismo e l’occupazione tedesca. Entreranno presto, con altri partigiani, a far parte del primo nucleo dell’8° Distaccamento Barona della 113a Brigata Garibaldi. Oltre al Cippo, una lapide lo ricorda dove abitava, in viale Famagosta.
Giovanni Paghini “Spartaco”. 1927-1945. Nato a Opera (MI) il 5/5/1927, da Santo e Maria Modesti, risiedeva in via Chiesa Rossa 113. Milano. Operaio nella fonderia Stabilini, apparteneva alla 113a Brigata Garibaldi SAP. Diploma Alexander 227353. Una lapide lo ricorda anche dove abitava.
Domenico Bernori. 1924 - 1945. Nato a Milano il 20/3/1924, da Luigi e Angela Panigada, abitava in via Neera 11. Milano. Di professione meccanico, apparteneva alla 113a Brigata Garibaldi SAP. Medaglia di Bronzo per attività Partigiana, una lapide lo ricorda anche dove risiedeva.
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