08 settembre 2021

8 settembre 1943. La Storia siamo Noi.

"La Storia siamo Noi" Periodico della Sezione ANPI Barona Milano a cura di Stefania Cappelletti. Speciale 8 settembre. (No copia incolla, tutte le fonti vengono citate)

8 settembre 1943: ho trovato l’invasor…

Erano le 18:42 dell’8 settembre 1943 quando dalla radio si sentì il proclama del maresciallo Badoglio: 
“Il governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori e più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio al generale Eisenhower, comandante in capo delle forze alleate anglo-americane. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente, ogni atto di ostilità contro le forze anglo-americane deve cessare da parte delle forze italiane in ogni luogo. Esse, però, reagiranno ad eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza”.

Poche parole che lasciarono gli italiani, civili e soldati, allo sbando sotto il pericolo nazista e ovunque si cercò di riorganizzarsi per difendersi, in Italia come sui fronti di guerra in cui si trovava il nostro esercito.

A Milano, la notizia colse di sorpresa, ma già da tempo le forze antifasciste si preparavano. Già ai primi di agosto, infatti, si reclamava un armistizio, facendo presente che le masse lavoratrici erano in agitazione perché, dopo il 25 luglio e la caduta del fascismo, non avevano migliorato le loro condizioni lavorative, non avevano ottenuto maggiori diritti e ancora facevano la fame sempre in nome dei sacrifici imposti dalla guerra. Il 20 agosto organizzarono anche uno sciopero in cui a gran voce chiedevano la pace e che venissero espulsi dalle fabbriche gli ex fascisti e la ricostituzione delle commissioni interne di fabbrica. 

Per questo a Milano non si indugiò nemmeno un secondo e si cercò di contattare immediatamente il generale Ruggero, che comandava la piazza di Milano, per avere aiuti sostanziali, armi, equipaggiamento, per poter fronteggiare i tedeschi invasori. Subito si aprirono le iscrizioni per la Guardia Nazionale. 

Proprio la mattina dell’8 settembre giunsero a Milano due figure che saranno fondamentali per la lotta partigiana: Francesco Scotti ed Egisto Rubini con il compito di organizzare la lotta armata contro i tedeschi e i fascisti. 

Le poche armi che si ottennero furono dei fucili ’91, portati per lo più da soldati che scappavano dalle caserme.

Subito il 9 settembre si organizzò un Comitato di difesa che decise di creare una Guardia Nazionale: venne lanciato un appello a tutti i cittadini milanesi, operai, soldati sbandati, impiegati, studenti. E la cittadinanza milanese non si fece attendere specie gli operai che affluirono numerosi sui camion delle fabbriche alla sede del Comando della Guardia Nazionale in via Manzoni 43, nello studio dell’avvocato Verrati, prima, in via del Lauro, nello studio dell’avvocato Della Giusta, poi.

Fermare i nazisti che erano già in Milano sarebbe stata una cosa possibile considerando che in quel momento c’erano poche truppe che, facilmente, avrebbero potuto essere disarmate. Alla Stazione Centrale, per esempio, avvennero subito degli scontri contro gli uomini della Wermacht addetti al Comando Tappa della stazione; in zona Porta Venezia, in via Lazzaretto si sparava; nei paraggi della piscina Cozzi due ufficiali di Marina alla testa di una piccola squadra di soldati già in abiti civili si scontrarono contro un drappello di tedeschi. Erano i primi segnali di quella che diventerà la guerriglia partigiana dei GAP (gruppi di azione patriottica) in città. 

All’interno della Guardia Nazionale esistevano due correnti: una che prospettava la difesa armata della città delle cinque giornate e l’altra che spingeva per ripiegare verso il comasco e le montagne. Ad insistere per la difesa della città furono Francesco Scotti, Giuseppe Dozza, Maffei e l’onorevole Gasparotto (che perderà il figlio nella lotta di liberazione, massacrato nel campo di Fossoli). Ma prestò circolò la voce che il Comitato di difesa aveva deciso per la ritirata verso Como e, lentamente ma inesorabilmente, si iniziò il viaggio verso questa destinazione abbandonando la città. Non tutti, ovviamente, ma fu questo uno dei motivi per cui prima della metà di ottobre fu difficile trovare uomini per la lotta armata in città. 

Nel frattempo il generale Ruggero, totalmente sordo alle richieste del Comitato di difesa, il 10 settembre, con un comunicato alla radio, rese noto che stava trattando con i tedeschi per stipulare un accordo che prevedeva:
1) il comando germanico rinunciava al disarmo delle truppe italiane;
2) il generale Ruggero avrebbe continuato ad occupare Milano con le sue truppe e ad assicurare l’ordine in città;
3)la collaborazione tra truppe tedesche e italiane per la difesa e il funzionamento dei servizi e delle ferrovie;
4)le truppe tedesche non sarebbero entrate in città a meno di dover intervenire in caso di disordini. 

Ruggero dichiarò: “Ho accettato questo accordo con l’animo straziato e sapendo di assumermi una gravissima responsabilità. Ma, mentre non potevo ammettere il disonore di lasciar disarmare le mie truppe, non potevo a cuor leggero esporre queste a delle perdite sanguinose che non avrebbero approdato ad alcuna proficua conseguenza […] Ora, avendo assunto l’impegno di mantenere il comando della città e l’ordine in essa, sono fermamente deciso a tenere l’ordine ad ogni costo, tanto più che il comando germanico ha dichiarato nettamente che occuperà direttamente la città e disarmerà con la forza le nostre truppe se io non sarò in grado di mantenere l’ordine”. 

Il pomeriggio dell’11 settembre, entrando da Rogoredo e dilagando verso Porta Romana, i tedeschi invasero la città, ma trovarono subito la testimonianza dello spirito resistenziale della città: i muri dei palazzi erano tappezzati di manifesti che incitavano alla lotta , firmati dai partiti antifascisti che entravano in clandestinità.
Il 12 settembre il comando nazista, con il colonnello Rauss e il capitano Saevecke, prendeva possesso dell’Hotel Regina, via Silvio Pellico angolo Regina Margherita, e prendeva pieni poteri sulla città, sulla vita e la morte di tutti i suoi abitanti, iniziando immediatamente la caccia agli ebrei e agli antifascisti. 

Magda Ceccarelli De Grada, moglie di Raffaellino De Grada e madre di Ernesto che dovette fuggire per non finire nelle mani dei nazisti, scrisse, il 14 settembre: “La città è piena di carri armati e di cannoni. Le orribili SS vi giganteggiano sopra e ci guardano sprezzantemente sfidandoci. Atmosfera di incubo. […] MI ha detto il dottor Kalk di aver visto il cadavere di un uomo presso la posta, ucciso perché aveva sputato al loro passaggio”.

 

Fonti: 

Luigi Meda, “Milano e la Lombardia nella crisi del 1943 sino all’8 settembre” in “La Resistenza in Lombardia”.

Francesco Scotti, “La nascita delle formazioni” in “La Resistenza in Lombardia”

Italo Busetto, “Brigate Garibaldi baciate dalla gloria le prime nella lotta le prime alla vittoria”

Camilla Cederna, Marilea Somarè, Martina Vergani, “Milano in guerra”

Magda Ceccarelli De Grada, “Giornale del tempo di guerra”

Tutte le fotografie e gli articoli dal Corriere della Sera. 9/10/11 settembre 1943.

L'ultima foto è il Manifesto affisso sui muri della Città di Milano dai Partiti Antifascisti subito dopo l'otto settembre.  










 

 

 

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