Giorno della Memoria 2023.
Care compagne e cari compagni ci ritroviamo anche quest'anno in piazza Miani per commemorare le vite spezzate nei campi di concentramento e di sterminio nazifascisti.
La senatrice ed ex deportata Liliana Segre ha dichiarato in questi giorni il suo timore che presto l'orrore dell'olocausto verrà ricordato solo con poche righe sui libri scolastici. Il timore è fondato ed è lo stesso che proviamo noi che, già da diversi anni - considerate che Gianfranco Maris, ex presidente dell' ANED, denunciava questa situazione fin dal 1996 - vediamo sempre più grande il vuoto di memoria per i deportati politici. Sapete tutti che attualmente siamo governati dai partiti della destra che, fingono di non essere mai stati fascisti e che non ci sia continuità con il partito fascista di Mussolini. Pare che per alcuni sia sufficiente sentir dire che le leggi razziali del 1938 furono un atto imperdonabile. Certo che lo furono! Ma furono anche la logica continuazione di una dittatura che già dal 1926 aveva creato il confino politico dove esiliare e isolare in condizioni drammatiche chiunque, anche solo minimamente, la pensasse diversamente dal regime.
Non diversamente accadeva nella Germania di Hitler dove già dal 1933 si attivarono i campi di concentramento per rinchiudervi inizialmente solo i prigionieri politici.
Eppure oggi c'è un silenzio quasi totale su tutti quegli oltre 30.000 deportati politici italiani, sui 10.500 che morirono a Mauthausen, Gusen, Dachau, Flossenburg, Ravensbrück, per citare i più noti, perché erano partigiani, operai che avevano scioperato, antifascisti, uomini e donne che scelsero di opporsi a nazifascismo. Nulla gli fu risparmiata una volta entrati nell'inferno concentrazionario nazista: fame, botte, selezioni, lavori massacranti e disumani, fucilazioni, impiccagioni, torture, malattie non curate o malattie procurate per accelerare la morte.
Perché questi deportati non vengono ricordati? Perché si vuole cancellare l'esempio, il coraggio, l'impegno di tutti coloro che parteciparono alla Resistenza. Si vuole cancellare la Resistenza e negare che da essa è nata la nostra Repubblica.
Purtroppo, a quanto pare, noi non stiamo raccogliendo i frutti, che avrebbero dovuto essere ormai ben maturi, della lotta e dei valori antifascisti, ma stiamo vedendo moltiplicarsi, come erba infestante, quelli di una parificazione che sarebbe meglio definire mistificazione storica e politica. Ed è evidente nel momento in cui, per esempio, il Presidente del governo dichiara che l'Msi "ha traghettato verso la democrazia milioni di Italiani sconfitti dalla guerra" e che ha avuto "un ruolo importante nella storia d'Italia". Quello stesso Msi che era strettamente legato al terrorismo nero... Ma quello va bene, anche se ha compiuto stragi... per altri, invece, c'è il 41 bis ad oltranza o fino alla morte per fame.
E allora noi oggi ricordiamo qui i nomi di chi, lottando coraggiosamente, consapevoli del sacrificio, morirono nei campi nazisti per lo più a Mauthausen, dove l'arrivo degli italiani si intensificò proprio dopo i gloriosi scioperi del marzo 44. Gli uomini vennero strappati di notte dalle proprie case e dalle proprie famiglie e spediti in massa nei lager.
Della Barona furono deportati e non tornarono più:
Luigi Bertacchi, partigiano del 9º distaccamento della 113ª Brigata Garibaldi SAP, morto a Mauthausen l'8 Maggio 1944 a 43 anni (presto, speriamo, avremo una lapide che lo ricorda in via Lodovico il Moro).
Luigi Bossi, partigiano della Brigata Matteotti, morto a Ebensee il 28 aprile 1945 a 22 anni.
Guido Cimini, partigiano della brigata volante "Aldo Oliva" della Divisione Ticino Matteotti, morto a Dachau il 6 febbraio 1945 a 46 anni, un anno più di me.
Luigi Corradini, partigiano della 114ª brigata Garibaldi SAP, morto a Gusen il 10 aprile 1945 a 36 anni.
Vittorio Malandra, partigiano della 128ª Brigata Garibaldi SAP, morto a Mauthausen il 22 aprile 1945 a 51 anni.
Vittorio Morneghini, partigiano della 113ª Brigata Garibaldi SAP, morto a Gusen Il 18 marzo 1944 a 36 anni.
Giovanni Negri, il più giovane di tutti, partigiano della 113ª Brigata Garibaldi SAP, morto a Mauthausen il 3 maggio 1945, due giorni prima della liberazione del campo, a 20 anni.
Suo fratello Pietro Negri, partigiano della 113ª Brigata Garibaldi SAP, morto a Mauthausen il 5 ottobre 1944 a 38 anni.
Adriano Pogliaghi, partigiano della Brigata Cucciniello, morto a Gusen il 19 aprile 1945 a 21 anni.
Non abbiamo nulla o ben poco che ci racconti della loro deportazione, dei loro pensieri, dei loro ultimi istanti . Magari chiesero a qualche compagno di riportare le loro ultime parole a casa, ma non è detto che lo stesso compagno sia riuscito a sopravvivere. E così, le loro voci sono rimaste là.
Chi, invece, riuscì a tornare da Flossenburg fu un altro partigiano della 113ª Brigata Garibaldi SAP: Eugenio Esposito, figlio di Andrea Esposito fucilato il 10 agosto 1944 a piazzale Loreto. Voglio concludere ricordando quanto disse Eugenio in un'intervista quando gli chiesero se fosse importante che i giovani conoscessero questa storia:
"Non dico che è importante, dico che è obbligatorio. Per il semplice fatto che, da che c'è mondo, la storia si ripete. Io sono convintissimo che questi fatti si ripeteranno. Se li dimentichiamo, questi fatti si ripeteranno."
Noi, allora, oggi siamo qui per non dimenticare tutte quelle vittime innocenti, ebrei, rom, Sinti, omosessuali , disabili, politici, internati militari che morirono nei campi di concentramento nazisti e per non dimenticare tutti coloro i quali lottarono per evitare che vincesse il nazifascismo e per questo furono deportati e sterminati.
Siamo qui per rendere ancora vitale la loro lotta, per evitare che in nessun altro modo la storia si ripeta, che il razzismo e l' odio non siano programmi politici.
Nessuna commemorazione ha senso se non si trasforma in impegno politico attivo e quotidiano.
Perché tutto non si riduca a poche righe è necessario che le parole abbiano vita e diventino azione.
Stefania Cappelletti, Presidente Anpi Barona Milano.
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