XV Congresso Nazionale Anpi – 26 marzo 2011.
Dal sito: ANPI Parigi. http://networkedblogs.com/ghm49
Gli argomenti da affrontare sembrano inesauribili. Dentro e fuori il Congresso. Una riunione organizzata dal Coordinamento Donne dell’Anpi, anticipa l’inizio dei lavori: ci si trova alle 8.30, in una quarantina e, anche in questo caso, non tutte riescono a intervenire. Si parte dalla considerazione che “la presenza e l’impegno delle donne sono un fatto nuovo per l’Anpi, che, in qualche modo, cambia tutta quanta l’Anpi”; si constata che nel documento congressuale non c’era nulla sulle “donne”, per questo sono stati proposti alcuni emendamenti e si è chiesta una “ristrutturazione” in tal senso di tutto il documento; si propone di cercare di avere un aumento della presenza femminile nelle strutture direttive dell’Anpi. Poi si ascoltano le partigiane, Laila, ovvero Anita Malavasi, Sultana, ossia Lea Bendandi, Aude Pacchioni e Didala Ghilarducci, infine le ragazze; si fanno proposte; ci si scambia gli indirizzi mail con la promessa di lavorare insieme. Al Congresso si arriva dopo l’apertura dei lavori, mentre chi è sul palco parla dell’Unità d’Italia.
E’ la volta di Mattia Stella, 29 anni, autore di Lettera al Nonno sulla Costituzione. Cita un libro di Alessandro Pace, “Limiti del potere”, di cui condivide l’analisi sulla crisi del Costituzionalismo, inteso appunto come limite del potere. “L’Anpi puo’ e deve avere un ruolo nel ridare alla democrazia rappresentatività”, sostiene. “Puo’ e deve avere una funzione politica. Alcuni segnali di risveglio ci sono”. Propone iniziative nelle scuole e nelle Università e di dare vita a un patto molto forte con i mezzi di comunicazione. E ricorda Mario Monicelli.
Qualche saluto viene ancora intercalato agli interventi, come quello del presidente nazionale dell’Arci, Paolo Beni, durante il quale si comunica che è nata una sezione Anpi-Arci dedicata alla memoria di Tom Benetollo, “antifascista ma non partigiano”.
Maurizio Angelini, Anpi Regionale del Veneto, mette in luce due fattori di novità: “il primo elemento evidente è la nascita delle sezioni Anpi nel meridione”, che ci ricordano quanto siano importanti la legalità e la lotta contro mafia e criminalità organizzata. Il secondo è l’ingresso dei giovani nell’Anpi e il loro impegno effettivo, non formale, dimostrato da quanto hanno detto nei loro interventi”, che dovrebbe portare anche a un cambiamento della struttura e degli organi dirigenti: troppo pochi 27 componenti nel Comitato Nazionale, troppo poco un Congresso ogni cinque anni. Le sue parole trovano eco poco dopo in quelle di Bruno Solaroli, da Imola, che parla di un problema di rinnovamento, “non solo delle politiche, ma anche delle classi dirigenti”. “Il problema non è il merito, sul quale c’è ampia concordanza”, dice, “ma il metodo. Allora attenzione al ruolo”. Ed evidenzia due preoccupazioni: l’autonomia non va confusa con l’isolamento (“l’Anpi non deve arroccarsi”), e la tendenza a escludere, a chiudersi, “dobbiamo adeguarci, costruire un’Anpi che sia all’altezza dei compiti che deve affrontare”.
Mario Bonifacio, partigiano istriano, ha diverse proposte da avanzare. La prima è un convegno nazionale sull’attuazione e l’applicazione delle leggi Scelba e Mancino e sulla XII disposizione transitoria e finale (“E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48 sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”), che è tema di grande attualità, visto che in Senato c’è chi ne reclama l’abrogazione.
Antonio Amoretti, partigiano, ricorda la Resistenza nel Meridione, in particolare le Quattro giornate di Napoli, 28 settembre-1° ottobre 1943 (è città Medaglia d’oro al valor militare per la guerra di liberazione), alle quali prese parte. Come Diego Novelli nella giornata di apertura invita a leggere Hessel e propone di distribuire “Indignatevi” ovunque, soprattutto nelle scuole e nelle Università. Mentre Paolo Papotti, da Parma, propone un progetto educativo e vede nell’Anpi un soggetto capace di ridare fiducia e di accompagnare la crescita di una società.
Alessandra Maltoni, da Bologna, cita quello che a suo avviso è il più bell’articolo della Costituzione, l’art. 3 (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”): è da questo articolo, dice, che è nato il nostro sistema sanitario, la scuola pubblica etc. E’ poi il turno di Rebecca Ghio, che fa parte dell’esecutivo della Federazione Nazionale degli Studenti ed è iscritta all’Anpi da quando aveva 16 anni, precisamente dal 2006, quando l’associazione apri’ le porte anche agli antifascisti che non hanno preso parte alla guerra di liberazione. Ripropone lo slogan studentesco “partigiani della conoscenza, costruttori di libertà” e manifesta l’intenzione di realizzare un video da portare nelle scuole sui diversi luoghi della Resistenza in Italia.
Conclude la mattinata l’intervento di Filippo Giuffrida, dell’Anpi Belgio: “Noi che abbiamo lasciato l’Italia”. Affronta un problema che ci sta molto a cuore, quello della rappresentatività delle sezioni estere. Parla poi dell’eterna domanda che gli italiani all’estero si sentono rivolgere ovunque vivano e ovunque vadano: “ma come fate ad avere ancora Berlusconi?” e della quasi vergogna che ci prende per la deriva del nostro Paese. E chiude sottolineando come anche all’estero “crediamo che un altro esempio sia possibile”.
Si riparla di fascismo e di neofascismo e c’è chi sostiene che “compito dell’Anpi è studiare attentamente il nemico contro cui combattere, quindi anche studiare le culture fasciste o neofasciste presenti oggi in Europa”. “Questa”, prosegue, “è un’organizzazione con grandissime potenzialità, ma enormemente a rischio. Teniamo ben forte la ragione storica nostra, cioè la Resistenza”. Arriva a proposito il messaggio di Silvio Antonini di Viterbo: ci informa dell’irruzione di 20 fascisti di Casa Pound all’inaugurazione della mostra-manifestazione “Confine orientale italiano, occupazione fascista dei Balcani e foibe”, organizzata dal Circolo Prc, in collaborazione con il Comitato provinciale Anpi, l’Arci e l’associazione Fata Morgana. Chiedono un Comunicato stampa dell’Anpi nazionale, che puntualmente arriva.
Monica Emanuelli, dell’Anpi Pordenone, esordisce dicendo: “io tolgo un po’ di zucchero” e mette in evidenza l’enorme lavoro da fare. Da storica qual è, punta il dito soprattutto sui fondamenti e i principi scientifici della ricerca storica. La partigiana Lidia Menapace, senza neppure dichiararlo, continua a “togliere zucchero” e rifiuta l’apertura ai giovani a ogni costo: “mi guardo bene dal passare il testimone a qualcuno per puro rispetto dell’anagrafe, è una questione politica, debbo almeno sapere se corre nella mia stessa corsia”. E aggiunge: “abbiamo uno straordinario bisogno di ricostruire una teoria politica”. Propone poi di inviare un messaggio al Presidente della Repubblica per richiamarlo alle sue prerogative: “non gli pertiene stabilire se la Nato deve intervenire oppure no”. “L’art. 11, già richiamato”, dice, “usa il termine “ripudia” che è un termine fortissimo, come sappiamo bene noi donne. Questa parte è stata imposta dai vincitori, ma padri e madri costituenti vollero che ci fosse scritto “nelle controversie internazionali”. Del resto nella Carta dell’Onu si dice che “la guerra è un crimine” e chi ha stilato quella carta non era una mezza calzetta, ma tipini del calibro di Truman, Churchill, De Gaulle, Stalin e Mao. Ci sarebbe voluta una polizia internazionale per impedire questo crimine che è la guerra. Invece non c’è. Dobbiamo mettere in piedi gli strumenti di repressione del crimine bellico già previsti dall’Onu. “Se non ora, quando?”.
Ivano Tajetti, dell’Anpi Barona (Milano), ricorda Giovanni Pesce, il comandante Visone, “perché a me manca, soprattutto in questa situazione a Milano”. Città difficile (ricorda, come aveva già fatto Pizzinato, episodi recenti, con la Moratti dietro le insegne della X Mas e dei Repubblichini, e il tentativo, fallito, di dedicare una via a Giorgio Almirante, per esempio): Forza Nuova sarà presente alle elezioni “e se ce li troviamo in piazza il 25 aprile cosa facciamo?”. “Bisogna rimboccarsi le maniche, come diceva stamane Papotti: io sono pronto. Bisogna coinvolgere i giovani: insegnare loro cos’è il fascismo, fare corsi di formazione”. C’è allora chi fa rilevare che nel documento programmatico c’è un’assoluta “mancanza dell’aggettivo fascista, eppure questa destra è una destra fascista e reazionaria, perché non dirlo? Oggi come fa un giovane a sapere dove sta il fascismo, se è cosi’ celato?”. Bisogna “dare alle parole il senso che devono avere” e smetterla “con il buonismo ipocrita di etichettare il governo come centrodestra. Cominciamo a definire fascista questo governo, i suoi sostenitori etc”. Dall’Anpi Milano si aggiunge che la Moratti è sostenuta dalla Destra di Storace, da Forza Nuova e da vari fascisti tipo il Barone Nero, che di recente (il 23 marzo scorso) ha organizzato una commemorazione al Cimitero Monumentale “davanti a una cripta edificata nel ventennio dove sono state raccolte le spoglie di alcuni squadristi milanesi, per celebrare con i reduci della Rsi il 92° anniversario di fondazione dei Fasci di combattimento, ovvero omaggiare i manganellatori e gli assassini che accompagnarono con le loro violenze l’ascesa al potere di Mussolini” (da il Manifesto 27 marzo 2011). “Fallito il progetto di destra legalitaria (Futuro e Libertà), continua il disegno di rovesciamento dei valori e dei riferimenti culturali della Resistenza. Ne sono un esempio le dichiarazione del sindaco Moratti, che parla di “patrioti da mettere tutti sullo stesso piano”. Abbiamo bisogno di un’Anpi forte, che eserciti un ruolo più critico rispetto a chi rappresenta le Istituzioni”.
Sandra Randino, dell’Anpi Vercelli, ricorda la Val Sesia e i suoi partigiani: “c’è solo Wanda presente, tra i partigiani; gli altri, comunque, li informiamo ogni giorno di quanto accade al Congresso. Perché smettere di sfogliare l’album di famiglia? Certo, non bisogna fermarsi alla liturgia, ma definire l’antifascismo di oggi. Quale faccia assume oggi il fascismo? Il fascismo di oggi è il berlusconismo”. Siamo di fronte a un “revisionismo in mala fede, che vuole togliere autorità morale alla Resistenza, che vuole sfilare dietro le insegne della X Mas come a Milano”. A noi spetta il compito di “fare cultura antirevisionista”. “Ricordate quel che scrisse Calamandrei sulla scuola”. Ora più che mai, dobbiamo “vigilare e non abbassare la guardia”. Giovanni Batafarano, da Taranto, racconta: “ho partecipato a molti congressi di sezioni Anpi nel sud Italia e ho trovato molto entusiasmo”. I suoi progetti: investire sulla formazione culturale dei giovani, rendere esplicito il filo ideale che lega Risorgimento e Resistenza, resistere, reagire e intervenire: “senza l’opposizione politica non andiamo da nessuna parte”.
Emilio Ricci, dell’Anpi Nazionale, spiega a tutti noi perché non è il momento adatto per inserire modifiche nello Statuto dell’associazione. Siamo di fronte, dice, a “ un fortissimo attacco all’Anpi da parte del Ministero della Difesa e del Ministro, che vorrebbero equiparare tutte le associazioni ex combattentistiche. Ci sono ben tre disegni di legge che mirano a questo in Parlamento: il disegno di legge Fontana, Barani ( Primo firmatario della proposta di legge che assegna lo status di combattente a chi aderì a Salò, ovvero "ai combattenti che ritennero onorevole la scelta a difesa del regime ferito e languente e aderirono a Salò", L'istituzione del titolo di Cavaliere di Cefalonia. Quindi, attenzione: lo statuto va emendato e lo sarà, ma oggi dobbiamo affrontare il problema politico della difesa dell’Anpi come ente morale. Per questo dobbiamo conoscere i due strumenti dell’Anpi: la Costituzione e lo Statuto. E, ancora, che sia ben chiaro: i partigiani ci devono stare, sono loro la nostra garanzia”.
L’Anpi sezione Oltr’Arno fa proprio l’appello dei partigiani a Napolitano perché prenda in mano la situazione. Mentre Gaspare Grassa, da Sesto San Giovanni, sottolinea la funzione pedagogica dell’Anpi: a Sesto già organizzano un concorso per gli studenti dedicato a un tema civile. Lionello Bertoldi, da Bolzano, sostiene: “non c’è dubbio che l’Anpi intenda cambiare in meglio questo Paese. Noi studiamo, ma pretendiamo il futuro: questo è il messaggio che lancia l’Anpi”. Antonio Conte, da Benevento, racconta di “una delle tante province nelle quali l’Anpi non esisteva”, Giovanni Baldini, tecnico del sito Anpi nazionale, traccia un bilancio: “postiamo 3-4 articoli al giorno e abbiamo ogni giorno circa 1200 visitatori, con un’attività quasi raddoppiata rispetto a quello che si faceva qualche anno fa”.
E’ il momento scelto per leggere la lettera inviata da Pier Luigi Bersani, che, come tanti altri, è stato invitato al Congresso ma non ha ritenuto opportuno presentarsi. “Abbiamo”, scrive, il “dovere di trasmettere il significato della Resistenza alle nuove generazioni”. Parla di revisionismo e di mistificazione. E ribadisce la sua fiducia nel popolo italiano, rircordando che “la nostra Stella polare rimane la Costituzione”. Cita l’art. 3 (vedi sopra): dobbiamo costruire “un’idea Paese in cui l’eguaglianza sia anche sostanziale”. E abbiamo una sfida da lanciare: quella di chi unisce e non divide”. Bisogna andare “oltre il ponte”.
Paola Montermini, da Parma, riprende la riflessione sui nuovi fascismi e sui sistemi che utilizzano per insediarsi. A suo avviso il punto cardine sono razzismo e immigrazione. Elvio Ruffino, da Udine, dice che”l’emergenza democratica rischia di precipitare ulteriormente”, mentre Marco Fiore, da Latina, parla della sua provincia e sostiene che la miglior descrizione che ne sia stata data è quella di di Pier Paolo Pasolini. Paola Rist, da Ravenna, ribadisce che “l’Anpi non è un partito” e che “l’album di famiglia ci serve”. Ed Egidio Mele, da Sondrio, invoca un “supporto normativo perché la Resistenza venga insegnata nelle scuole”.
Dopo il saluto di Bersani, ecco quello di Nichi Vendola, altrettanto assente. Che cita Prezzolini a proposito dell’Italia Unita e, proprio come Bersani, vede la Costituzione come la nostra “Stella polare”.
Abraham Solomon Tesare è un giovane che arriva da Bologna. Vuole “avviare una riflessione sull’antifascismo”, ma dice anche che, per lui, “le giovani generazioni sono alle elementari, alle medie”. Bisogna spiegare tutto: “si ricordi la Resistenza, ma anche cos’era il fascismo, si ricordi quello che è venuto anche dopo la Resistenza, le lotte come lo stragismo, etc”. Due le cose importanti: “fare attenzione al revisionismo storico e al risorgere di nuovi fascismi” e far crescere l’Anpi “perché siamo meno soli di quanto crediamo nel nostro antifascismo”.
Rossella Montagnani Marelli, da Milano, racconta del Comitato antifascista zona 8 e della rete Poc, Partigiani in ogni quartiere, messa in piedi insieme ai Centri sociali, di solito piuttosto snobbati dall’Anpi in generale e dal Comitato provinciale in particolare. Arturo Giunta, da Enna, torna sul tema della “nuova destra” e ci chiede: “Fini è un nostro alleato o non lo è? Ronchi è un nostro alleato o non lo è?”.
Tullio Montagna, dalla Lombardia, domanda invece “come non uscire frustrati e velleitari rispetto agli obiettivi?”. Bisogna, dice, “rendere l’associazione più pronta, svelta e reattiva. Trasformare molti più associati in attivisti. Andare nelle piazze, davanti alle scuole. E avere omogeneità come associazione”.
Tra gli ultimi interventi, spicca infine quello di Salvo Parigi, 87 anni, presidente dell’Anpi Bergamo da 60 anni, partigiano di “Giustizia e Libertà”, ribadisce che “siamo partigiani e siamo autonomi: no alle interferenze dei partiti, delle correnti, dei sindacati”. Poi racconta del Museo multimediale della Resistenza bergamasca, che stanno mettendo in piedi: un progetto da centinaia di milioni. “Il primo lotto lo abbiamo già raccolto grazie alle sottoscrizioni personali e delle sezioni. Per il secondo dovremo chiedere a tutti, banche comprese”.
E’ la volta di Mattia Stella, 29 anni, autore di Lettera al Nonno sulla Costituzione. Cita un libro di Alessandro Pace, “Limiti del potere”, di cui condivide l’analisi sulla crisi del Costituzionalismo, inteso appunto come limite del potere. “L’Anpi puo’ e deve avere un ruolo nel ridare alla democrazia rappresentatività”, sostiene. “Puo’ e deve avere una funzione politica. Alcuni segnali di risveglio ci sono”. Propone iniziative nelle scuole e nelle Università e di dare vita a un patto molto forte con i mezzi di comunicazione. E ricorda Mario Monicelli.
Qualche saluto viene ancora intercalato agli interventi, come quello del presidente nazionale dell’Arci, Paolo Beni, durante il quale si comunica che è nata una sezione Anpi-Arci dedicata alla memoria di Tom Benetollo, “antifascista ma non partigiano”.
Maurizio Angelini, Anpi Regionale del Veneto, mette in luce due fattori di novità: “il primo elemento evidente è la nascita delle sezioni Anpi nel meridione”, che ci ricordano quanto siano importanti la legalità e la lotta contro mafia e criminalità organizzata. Il secondo è l’ingresso dei giovani nell’Anpi e il loro impegno effettivo, non formale, dimostrato da quanto hanno detto nei loro interventi”, che dovrebbe portare anche a un cambiamento della struttura e degli organi dirigenti: troppo pochi 27 componenti nel Comitato Nazionale, troppo poco un Congresso ogni cinque anni. Le sue parole trovano eco poco dopo in quelle di Bruno Solaroli, da Imola, che parla di un problema di rinnovamento, “non solo delle politiche, ma anche delle classi dirigenti”. “Il problema non è il merito, sul quale c’è ampia concordanza”, dice, “ma il metodo. Allora attenzione al ruolo”. Ed evidenzia due preoccupazioni: l’autonomia non va confusa con l’isolamento (“l’Anpi non deve arroccarsi”), e la tendenza a escludere, a chiudersi, “dobbiamo adeguarci, costruire un’Anpi che sia all’altezza dei compiti che deve affrontare”.
Mario Bonifacio, partigiano istriano, ha diverse proposte da avanzare. La prima è un convegno nazionale sull’attuazione e l’applicazione delle leggi Scelba e Mancino e sulla XII disposizione transitoria e finale (“E’ vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista. In deroga all’articolo 48 sono stabilite con legge, per non oltre un quinquennio dalla entrata in vigore della Costituzione, limitazioni temporanee al diritto di voto e alla eleggibilità per i capi responsabili del regime fascista”), che è tema di grande attualità, visto che in Senato c’è chi ne reclama l’abrogazione.
Antonio Amoretti, partigiano, ricorda la Resistenza nel Meridione, in particolare le Quattro giornate di Napoli, 28 settembre-1° ottobre 1943 (è città Medaglia d’oro al valor militare per la guerra di liberazione), alle quali prese parte. Come Diego Novelli nella giornata di apertura invita a leggere Hessel e propone di distribuire “Indignatevi” ovunque, soprattutto nelle scuole e nelle Università. Mentre Paolo Papotti, da Parma, propone un progetto educativo e vede nell’Anpi un soggetto capace di ridare fiducia e di accompagnare la crescita di una società.
Alessandra Maltoni, da Bologna, cita quello che a suo avviso è il più bell’articolo della Costituzione, l’art. 3 (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”): è da questo articolo, dice, che è nato il nostro sistema sanitario, la scuola pubblica etc. E’ poi il turno di Rebecca Ghio, che fa parte dell’esecutivo della Federazione Nazionale degli Studenti ed è iscritta all’Anpi da quando aveva 16 anni, precisamente dal 2006, quando l’associazione apri’ le porte anche agli antifascisti che non hanno preso parte alla guerra di liberazione. Ripropone lo slogan studentesco “partigiani della conoscenza, costruttori di libertà” e manifesta l’intenzione di realizzare un video da portare nelle scuole sui diversi luoghi della Resistenza in Italia.
Conclude la mattinata l’intervento di Filippo Giuffrida, dell’Anpi Belgio: “Noi che abbiamo lasciato l’Italia”. Affronta un problema che ci sta molto a cuore, quello della rappresentatività delle sezioni estere. Parla poi dell’eterna domanda che gli italiani all’estero si sentono rivolgere ovunque vivano e ovunque vadano: “ma come fate ad avere ancora Berlusconi?” e della quasi vergogna che ci prende per la deriva del nostro Paese. E chiude sottolineando come anche all’estero “crediamo che un altro esempio sia possibile”.
Si riparla di fascismo e di neofascismo e c’è chi sostiene che “compito dell’Anpi è studiare attentamente il nemico contro cui combattere, quindi anche studiare le culture fasciste o neofasciste presenti oggi in Europa”. “Questa”, prosegue, “è un’organizzazione con grandissime potenzialità, ma enormemente a rischio. Teniamo ben forte la ragione storica nostra, cioè la Resistenza”. Arriva a proposito il messaggio di Silvio Antonini di Viterbo: ci informa dell’irruzione di 20 fascisti di Casa Pound all’inaugurazione della mostra-manifestazione “Confine orientale italiano, occupazione fascista dei Balcani e foibe”, organizzata dal Circolo Prc, in collaborazione con il Comitato provinciale Anpi, l’Arci e l’associazione Fata Morgana. Chiedono un Comunicato stampa dell’Anpi nazionale, che puntualmente arriva.
Monica Emanuelli, dell’Anpi Pordenone, esordisce dicendo: “io tolgo un po’ di zucchero” e mette in evidenza l’enorme lavoro da fare. Da storica qual è, punta il dito soprattutto sui fondamenti e i principi scientifici della ricerca storica. La partigiana Lidia Menapace, senza neppure dichiararlo, continua a “togliere zucchero” e rifiuta l’apertura ai giovani a ogni costo: “mi guardo bene dal passare il testimone a qualcuno per puro rispetto dell’anagrafe, è una questione politica, debbo almeno sapere se corre nella mia stessa corsia”. E aggiunge: “abbiamo uno straordinario bisogno di ricostruire una teoria politica”. Propone poi di inviare un messaggio al Presidente della Repubblica per richiamarlo alle sue prerogative: “non gli pertiene stabilire se la Nato deve intervenire oppure no”. “L’art. 11, già richiamato”, dice, “usa il termine “ripudia” che è un termine fortissimo, come sappiamo bene noi donne. Questa parte è stata imposta dai vincitori, ma padri e madri costituenti vollero che ci fosse scritto “nelle controversie internazionali”. Del resto nella Carta dell’Onu si dice che “la guerra è un crimine” e chi ha stilato quella carta non era una mezza calzetta, ma tipini del calibro di Truman, Churchill, De Gaulle, Stalin e Mao. Ci sarebbe voluta una polizia internazionale per impedire questo crimine che è la guerra. Invece non c’è. Dobbiamo mettere in piedi gli strumenti di repressione del crimine bellico già previsti dall’Onu. “Se non ora, quando?”.
Ivano Tajetti, dell’Anpi Barona (Milano), ricorda Giovanni Pesce, il comandante Visone, “perché a me manca, soprattutto in questa situazione a Milano”. Città difficile (ricorda, come aveva già fatto Pizzinato, episodi recenti, con la Moratti dietro le insegne della X Mas e dei Repubblichini, e il tentativo, fallito, di dedicare una via a Giorgio Almirante, per esempio): Forza Nuova sarà presente alle elezioni “e se ce li troviamo in piazza il 25 aprile cosa facciamo?”. “Bisogna rimboccarsi le maniche, come diceva stamane Papotti: io sono pronto. Bisogna coinvolgere i giovani: insegnare loro cos’è il fascismo, fare corsi di formazione”. C’è allora chi fa rilevare che nel documento programmatico c’è un’assoluta “mancanza dell’aggettivo fascista, eppure questa destra è una destra fascista e reazionaria, perché non dirlo? Oggi come fa un giovane a sapere dove sta il fascismo, se è cosi’ celato?”. Bisogna “dare alle parole il senso che devono avere” e smetterla “con il buonismo ipocrita di etichettare il governo come centrodestra. Cominciamo a definire fascista questo governo, i suoi sostenitori etc”. Dall’Anpi Milano si aggiunge che la Moratti è sostenuta dalla Destra di Storace, da Forza Nuova e da vari fascisti tipo il Barone Nero, che di recente (il 23 marzo scorso) ha organizzato una commemorazione al Cimitero Monumentale “davanti a una cripta edificata nel ventennio dove sono state raccolte le spoglie di alcuni squadristi milanesi, per celebrare con i reduci della Rsi il 92° anniversario di fondazione dei Fasci di combattimento, ovvero omaggiare i manganellatori e gli assassini che accompagnarono con le loro violenze l’ascesa al potere di Mussolini” (da il Manifesto 27 marzo 2011). “Fallito il progetto di destra legalitaria (Futuro e Libertà), continua il disegno di rovesciamento dei valori e dei riferimenti culturali della Resistenza. Ne sono un esempio le dichiarazione del sindaco Moratti, che parla di “patrioti da mettere tutti sullo stesso piano”. Abbiamo bisogno di un’Anpi forte, che eserciti un ruolo più critico rispetto a chi rappresenta le Istituzioni”.
Sandra Randino, dell’Anpi Vercelli, ricorda la Val Sesia e i suoi partigiani: “c’è solo Wanda presente, tra i partigiani; gli altri, comunque, li informiamo ogni giorno di quanto accade al Congresso. Perché smettere di sfogliare l’album di famiglia? Certo, non bisogna fermarsi alla liturgia, ma definire l’antifascismo di oggi. Quale faccia assume oggi il fascismo? Il fascismo di oggi è il berlusconismo”. Siamo di fronte a un “revisionismo in mala fede, che vuole togliere autorità morale alla Resistenza, che vuole sfilare dietro le insegne della X Mas come a Milano”. A noi spetta il compito di “fare cultura antirevisionista”. “Ricordate quel che scrisse Calamandrei sulla scuola”. Ora più che mai, dobbiamo “vigilare e non abbassare la guardia”. Giovanni Batafarano, da Taranto, racconta: “ho partecipato a molti congressi di sezioni Anpi nel sud Italia e ho trovato molto entusiasmo”. I suoi progetti: investire sulla formazione culturale dei giovani, rendere esplicito il filo ideale che lega Risorgimento e Resistenza, resistere, reagire e intervenire: “senza l’opposizione politica non andiamo da nessuna parte”.
Emilio Ricci, dell’Anpi Nazionale, spiega a tutti noi perché non è il momento adatto per inserire modifiche nello Statuto dell’associazione. Siamo di fronte, dice, a “ un fortissimo attacco all’Anpi da parte del Ministero della Difesa e del Ministro, che vorrebbero equiparare tutte le associazioni ex combattentistiche. Ci sono ben tre disegni di legge che mirano a questo in Parlamento: il disegno di legge Fontana, Barani ( Primo firmatario della proposta di legge che assegna lo status di combattente a chi aderì a Salò, ovvero "ai combattenti che ritennero onorevole la scelta a difesa del regime ferito e languente e aderirono a Salò", L'istituzione del titolo di Cavaliere di Cefalonia. Quindi, attenzione: lo statuto va emendato e lo sarà, ma oggi dobbiamo affrontare il problema politico della difesa dell’Anpi come ente morale. Per questo dobbiamo conoscere i due strumenti dell’Anpi: la Costituzione e lo Statuto. E, ancora, che sia ben chiaro: i partigiani ci devono stare, sono loro la nostra garanzia”.
L’Anpi sezione Oltr’Arno fa proprio l’appello dei partigiani a Napolitano perché prenda in mano la situazione. Mentre Gaspare Grassa, da Sesto San Giovanni, sottolinea la funzione pedagogica dell’Anpi: a Sesto già organizzano un concorso per gli studenti dedicato a un tema civile. Lionello Bertoldi, da Bolzano, sostiene: “non c’è dubbio che l’Anpi intenda cambiare in meglio questo Paese. Noi studiamo, ma pretendiamo il futuro: questo è il messaggio che lancia l’Anpi”. Antonio Conte, da Benevento, racconta di “una delle tante province nelle quali l’Anpi non esisteva”, Giovanni Baldini, tecnico del sito Anpi nazionale, traccia un bilancio: “postiamo 3-4 articoli al giorno e abbiamo ogni giorno circa 1200 visitatori, con un’attività quasi raddoppiata rispetto a quello che si faceva qualche anno fa”.
E’ il momento scelto per leggere la lettera inviata da Pier Luigi Bersani, che, come tanti altri, è stato invitato al Congresso ma non ha ritenuto opportuno presentarsi. “Abbiamo”, scrive, il “dovere di trasmettere il significato della Resistenza alle nuove generazioni”. Parla di revisionismo e di mistificazione. E ribadisce la sua fiducia nel popolo italiano, rircordando che “la nostra Stella polare rimane la Costituzione”. Cita l’art. 3 (vedi sopra): dobbiamo costruire “un’idea Paese in cui l’eguaglianza sia anche sostanziale”. E abbiamo una sfida da lanciare: quella di chi unisce e non divide”. Bisogna andare “oltre il ponte”.
Paola Montermini, da Parma, riprende la riflessione sui nuovi fascismi e sui sistemi che utilizzano per insediarsi. A suo avviso il punto cardine sono razzismo e immigrazione. Elvio Ruffino, da Udine, dice che”l’emergenza democratica rischia di precipitare ulteriormente”, mentre Marco Fiore, da Latina, parla della sua provincia e sostiene che la miglior descrizione che ne sia stata data è quella di di Pier Paolo Pasolini. Paola Rist, da Ravenna, ribadisce che “l’Anpi non è un partito” e che “l’album di famiglia ci serve”. Ed Egidio Mele, da Sondrio, invoca un “supporto normativo perché la Resistenza venga insegnata nelle scuole”.
Dopo il saluto di Bersani, ecco quello di Nichi Vendola, altrettanto assente. Che cita Prezzolini a proposito dell’Italia Unita e, proprio come Bersani, vede la Costituzione come la nostra “Stella polare”.
Abraham Solomon Tesare è un giovane che arriva da Bologna. Vuole “avviare una riflessione sull’antifascismo”, ma dice anche che, per lui, “le giovani generazioni sono alle elementari, alle medie”. Bisogna spiegare tutto: “si ricordi la Resistenza, ma anche cos’era il fascismo, si ricordi quello che è venuto anche dopo la Resistenza, le lotte come lo stragismo, etc”. Due le cose importanti: “fare attenzione al revisionismo storico e al risorgere di nuovi fascismi” e far crescere l’Anpi “perché siamo meno soli di quanto crediamo nel nostro antifascismo”.
Rossella Montagnani Marelli, da Milano, racconta del Comitato antifascista zona 8 e della rete Poc, Partigiani in ogni quartiere, messa in piedi insieme ai Centri sociali, di solito piuttosto snobbati dall’Anpi in generale e dal Comitato provinciale in particolare. Arturo Giunta, da Enna, torna sul tema della “nuova destra” e ci chiede: “Fini è un nostro alleato o non lo è? Ronchi è un nostro alleato o non lo è?”.
Tullio Montagna, dalla Lombardia, domanda invece “come non uscire frustrati e velleitari rispetto agli obiettivi?”. Bisogna, dice, “rendere l’associazione più pronta, svelta e reattiva. Trasformare molti più associati in attivisti. Andare nelle piazze, davanti alle scuole. E avere omogeneità come associazione”.
Tra gli ultimi interventi, spicca infine quello di Salvo Parigi, 87 anni, presidente dell’Anpi Bergamo da 60 anni, partigiano di “Giustizia e Libertà”, ribadisce che “siamo partigiani e siamo autonomi: no alle interferenze dei partiti, delle correnti, dei sindacati”. Poi racconta del Museo multimediale della Resistenza bergamasca, che stanno mettendo in piedi: un progetto da centinaia di milioni. “Il primo lotto lo abbiamo già raccolto grazie alle sottoscrizioni personali e delle sezioni. Per il secondo dovremo chiedere a tutti, banche comprese”.
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