Riceviamo da Archivi della Resistenza e con onore pubblichiamo..
Addio Giuseppe, addio Giovanni...
Giovedì 17 gennaio è morto a Milano Giuseppe Albericci (classe 1928) il partigiano «Jack» della Brigata Garibaldi "Leone Borrini". Giuseppe era un grand’uomo ed era amatissimo dalle e dai giovani iscritte/i alle ANPI di Villafranca-Bagnone e di ANPI Licciana Nardi e di tutto il territorio provinciale, oltre che dai suoi compagni di battaglia che per via della stazza, e forse non solo per quella, lo chiamavano “Beppone”. Era sempre presente alle commemorazioni dedicate alla Resistenza in Lunigiana e nella provincia, e anche se sulle prime rimaneva un po’ in disparte (un po’ per indole e un po’ perché era stato uno dei più giovani tra i partigiani) non appena lo si conosceva meglio si faceva apprezzare da tutti perché sap eva spendere sempre una parola incisiva a ricordo della Lotta di Liberazione, mai separata da una visione del presente per mezzo di uno sguardo lucido come pochi.
Noi di Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani lo avevamo conosciuto nel luglio del 2004 nella suaGabbiana, una bella frazione di poche case, sopra Bagnone, dove era tornato ad abitare dopo essere «andato in Barsana» come molti lunigianesi nel dopoguerra. Era l’epoca in cui il nostro collettivo, telecamera in spalle, girava in lungo e largo la Lunigiana per una ricerca sul campo dedicata alla storia della Brigata Garibaldi “Leone Borrini” e al suo comandante Edoardo Bassignani. A Merizzo, da dove eravamo partiti, tutti ci dicevano di andare a intervistare il partigiano «Jack», che era uno di quelli che aveva le idee ben chiare in testa, uno di quelli rimasti “puri”, un “compagno vero”, che non sono per niente attestazioni generiche, tanto per dire, perché da quelle parti le parole sono ancora pietre e valgono per quello che dicono: la certificazione di una grande umanità!
E allora, non ricordiamo adesso se a Gabbiana siamo arrivati prima della vicina Corvarola, il paese di Bruno Di Giorgio, il partigiano «Bobi» che però tutti ad un certo punto hanno preso a chiamare e ancora oggi chiamano «Ho Chi Minh». Giuseppe e «Ho Chi Minh» non li associa soltanto il nostro ricordo, ma erano amici e compagni, erano i “partigiani di Bagnone” per quelli di Merizzo, anche se stavano nel monte appena di fronte. E allora questo ce lo ricordiamo bene: Dino Ghelfi, che è appartiene alla stessa anagrafe, anche politica, ci procurò un incontro.
Arrivati a Gabbiana Giuseppe si presentò subito ai nostri occhi come una persona squisita, per la gentilezza con la quale ci accoglieva ma anche per l’acume delle sue osservazioni, per una attenzione ai dati del presente che lo rendeva a nostri occhi estremamente moderno e giovane come sanno essere soltanto i partigiani. Forse anche l’emigrazione gli aveva procurato uno sguardo sulla sua terra poco incline ai compromessi e il suo giudizio era talvolta critico e persino severo rispetto ai cambiamenti della sua gente e di un mondo che non girava come lui avrebbe voluto, ma tuttavia non sapeva tacere l’amore per una stagione della sua gioventù, che era stata dolorosa ma anche piena di idealità.
Il suo racconto ci colpì da subito perché insieme alle vicende personali molto toccanti, sapeva continuamente intrecciare una riflessione più generale sul significato politico della Lotta di Liberazione. Giuseppe aveva una sorella più grande, già staffetta nella Brigata Garibaldi “Leone Borrini”, e dopo essere rimasto orfano della madre la raggiunse ai monti per farsi arruolare, sebbene poco più di un ragazzino, imparò in fretta quello che c’era da fare. Il suo racconto, di cui vi alleghiamo un piccolo estratto, chiudeva non a caso il nostro film-intervista: “La collina rossa. Voci della Resistenza” del 2005 perché era una chiosa ideale, un grumo misto di dolore e di speranze che la Resistenza aveva rappresentato per la sua generazione: «Noi andavamo incontro alla morte e ppure eravamo felici. Io nel partigianato ho passato i più bei giorni della mia vita…»: vi era insomma in lui la chiara consapevolezza di avere frequentato una scuola di vita irripetibile. Nel dopoguerra però subentra anche la delusione di vedere molti di quegli ideali traditi inesorabilmente e il tentativo di marginalizzare o addirittura criminalizzare la Resistenza e i partigiani. Eppure la delusione di tutte le aspettative non affievolivano in lui gli ideali di libertà e di uguaglianza sociale, in altre parole di quell’umanesimo comunista in cui, anche se ormai sembriamo sempre meno, alcuni credono ancora.
Dopo quella prima intervista i rapporti sono poi continuati ed era sempre un momento di felicità andare a trovarlo o anche incontrarlo alle manifestazioni era come incontrare qualcuno di famiglia. Giuseppe è stato un punto di riferimento, un amico che non si potrà mai dimenticare, anche se lascia un vuoto grande, continuerà a essere con noi in tutto quello che di buono faremo per la Resistenza e per un mondo migliore.
I funerali si terranno in forma civile, sabato 26 gennaio alle ore 15 presso il cimitero di Gabbiana, dove arriverà da Milano il feretro e invitiamo tutti le/gli antifasciste/i a venire a portare l’ultimo saluto. Noi di Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani, anche a nome dell’ANPI Villafranca Bagnone vogliamo esprimere tutto il nostro cordoglio ai figli Floriana e Athos, alle nipoti Mariella e Elisa e ai nipoti Daniele e Emiliano, ai familiari tutti, ai partigiani della “Leone Borrini”, che da oggi si sentono più soli e a tutti coloro che gli hanno voluto bene. Caro Giuseppe, caro «Jack» che la terra ti sia lieve!
Proprio mentre stiamo terminando questa nota, un’altra brutta notizia: martedì 22 gennaio ci ha lasciato anche Giovanni Bassignani classe 1917 di Merizzo. Giovanni era il più vecchio del paese e conosceva bene la storia della Collina rossa, della roccaforte dell’antifascismo, per lui Leone Borrini, Edoardo Bassignani i confinati politici erano quasi coetanei. Giovanni era una vera istituzione, durante le manifestazioni a Merizzo tutti lo omaggiavano e lui dalla sedia davanti alla sua casa faceva un cenno con le mani enormi da contadino. Anche quando arrivavi al paese nella bella stagione lui era il primo che incontravi “a chiacchiera” con gli anziani in Piazza Leone Borrini. Ai tempi della Resistenza aveva collaborato con la Brigata Garibaldi “Leone Borrini” ma non aveva cercato riconoscimenti, perché ; era anche un uomo schivo e per lui era normale fare quello che aveva fatto. Avevamo provato ad intervistarlo durante le riprese del documentario ma si rifiutò, perché talvolta sapeva essere anche ruvido. Dopo non abbiamo avuto coraggio ad insistere però, messa da parte la telecamera, siamo riusciti a diventare poco a poco amici, che è poi quello che veramente conta . Alla fine era quasi impossibile passare davanti alla sua casa senza fermarsi a bere un bicchiere di rosso. E lì capivamo che in quella bevuta c’era il rito di un colosso che a 95 anni ancora ci scherzava sopra: «il vino è la mia medicina», e infatti una intera damigiana non gli arriva alla fine del mese! Da lì arrivarono i suoi racconti sull'antifascismo e la Resistenza: i processi degli anni Trenta, le armi che il 9 settembre giungono dalle caserme e i merizzani le nascondono per tutto il paese; quando durante i rastrellamenti si rifugiava nei bos chi e tutti lo chiamano con il nome della sorella «Ottavia» per non farlo scoprire; quella volta che venne catturato dai tedeschi o, ancora, lui che si prende cura di tre partigiani russi che erano scappati dal campo di prigionia e il paese li aveva nascosti e sfamati prima del loro arruolamento nella Brigata. Ma avevamo scoperto che quel gigante buono che rivoltava la terra con una naturalezza tramandata da secoli, aveva una grande passione per la musica e, per tutta una vita, nei giorni di festa si trasformava in un bravissimo sassofonista. Tutte storie che rimarranno impresse in chi le vorrà ricordare: questa volta per noi non c'è un pezzo di archivio da conservare, un supporto che si logora, ma la battaglia contro il tempo, in questo caso almeno, la può vincere soltanto il sentimento del ricordo. Con Giovanni un altro compagno se ne va, se ne va un uomo giusto. È una grande perdita per Merizzo, ma forse ci può consolare il fatto che non solo ha vissuto a lungo ma ha vissuto intensamente e con gusto la vita. Il funerale si terrà a Merizzo, giovedì 24 gennaio alle ore 15. Ciao Giovanni che la terra sia lieve!
Il collettivo di Archivi della Resistenza – Circolo Edoardo Bassignani e l’ANPI Villafranca Bagnone
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