Associazione Nazionale Partigiani d'Italia - ANPI Barona Milano.
29 novembre 2012
28 novembre 2012
27 novembre 2012
26 novembre 2012
22 novembre 2012
21 novembre 2012
Buon Compleanno "Maino" 100 anni...
Luchino dal Verme ("Maino")
Nato a Milano il 21 Novembre 1912.
Di famiglia aristocratica lombarda (il casato, d’origine veronese, nasce nel 1320 con l’omonimo Luchino Dal Verme, capitano di ventura, poi infeudato ai Visconti), Il Conte Luchino dal Verme, come tenente di artiglieria a cavallo, in forza al reggimento Savoia Cavalleria, combatte in Francia e sul fronte Jugoslavo. Dal luglio 1941 all’ottobre 1942, partecipa alla Campagna di Russia, ed è fra gli scampati al disastro dell’Armir riesce a far rientro in Italia. L’armistizio dell’8 settembre lo vede impegnato a Forlì nell’addestramento di reclute per la ricostituzione del suo reggimento. Si sente "tradito" dai Savoia che scappano a Brindisi lasciando allo sbando l’esercito italiano. Luchino Dal Verme riesce a sottrarsi alla cattura e ritorna al castello di Torre degli Alberi (nell’Oltrepo Pavese), residenza di famiglia, dove rimane nascosto per sei mesi. L’incontro con Italo Pietra che ha scritto di lui bellissime pagine nel suo libro "I grandi e i grossi" (Mondadori, 1973, ), lo convince a troncare il tradizionale legame familiare con la monarchia e ad entrare nella Resistenza. Nasce così la leggenda del Conte partigiano, o meglio del "Cònt" come viene chiamato, nel dialetto locale, tra i suoi uomini. “È un bell’esempio”, così ne parla Paolo Murialdi dopo averlo conosciuto. Sono poi poeticamente azzeccate le parole di Corrado Stajano, che definisce il partigianato di "nobile aristocratico" come un’esperienza di un “uguale tra gli uguali”. Contribuisce ad organizzare le prime formazioni partigiane operanti in provincia di Pavia. Come nome di battaglia, usa l’appellativo di "Maino". Non nasce però dall’unione delle parole "mai" - "no" ma, molto più semplicemente, come divertito spiegherà tante voltelo stesso Luchino Dal Verme, era il nome di una marca di biciclette. Diventa comandante dell’88a Brigata "Casotti" ed in seguito viene destinato al comando della Divisione garibaldina "Antonio Gramsci", alla cui testa, nell’Aprile del ’45 scenderà dalla Montagna alla Pianura. Diventa un ossessivo bersaglio dei nazifascisti al pari di un altro leggendario comandante, l”Americano” E come lui, comanda i partigiani "garibaldini", vicini al P.C.I,. Sembra un controsenso per un nobile, mai stato comunista, anzi, cresciuto con una salda formazione cattolica. Ma è lo stesso "Maino" che spiega. nel libro "La Resistenza in Lombardia", (1965) le ragioni di quella sua scelta: “Ebbi la responsabilità di comando di una formazione Garibaldi e il primo argomento di cui debbo e voglio parlare sono gli uomini con i quali ho condiviso rischi e responsabilità, in uno spirito di solidarietà e reciproca fiducia, che è certamente il ricordo più vero e più importante che mi sia rimasto. Non dimentichiamo che la Divisione "Gramsci", di cui ebbi la responsabilità di comando, era di promozione comunista. Ebbene, non ho mai saputo quanti fossero comunisti e quanti no, ma so quanti morirono per tutti noi, per la libertà di ciascuno di noi. Questo ci impone di sapere cosa ne abbiamo fatto della nostra libertà o per lo meno che cosa intendiamo farne …” Numerose sono le azioni che conduce, tendendo imboscate ai nazifascisti lungo la Via Emilia, distruggendo i binari della ferrovia Torino-Piacenza, ed anche affrontando il nemico a "viso aperto", come nella battaglia di Costa Pelata, che vede una serie di scontri intensi, che mutano continuamente di posizione
Nella notte tra il 25 e il 26 Aprile "Maino", con i suoi uomini, attacca Casteggio, che occupa, dopo 5 ore di accaniti combattimenti. Il 27 Aprile raggiunge Milano, dove si sentono ancora gli spari di fascisti e di reparti tedeschi che non si vogliono arrendere. Nel primo dopoguerra, i partiti antifascisti gli propongono di impegnarsi a livello politico come candidato alle elezioni per l’Assemblea Costituente del 1946, ma Luchino dal Verme risponde “No” a tutti, in quanto non ritiene quell’impegno adatto alla sua indole. Dopo una breve parentesi a Novara, ritorna a Torre degli Alberi, da dove non si muove più:impegnandosi nella difesa delle sue amatissime montagne e continua un’appassionata opera di testimonianza sul nostro recente passato.
Di famiglia aristocratica lombarda (il casato, d’origine veronese, nasce nel 1320 con l’omonimo Luchino Dal Verme, capitano di ventura, poi infeudato ai Visconti), Il Conte Luchino dal Verme, come tenente di artiglieria a cavallo, in forza al reggimento Savoia Cavalleria, combatte in Francia e sul fronte Jugoslavo. Dal luglio 1941 all’ottobre 1942, partecipa alla Campagna di Russia, ed è fra gli scampati al disastro dell’Armir riesce a far rientro in Italia. L’armistizio dell’8 settembre lo vede impegnato a Forlì nell’addestramento di reclute per la ricostituzione del suo reggimento. Si sente "tradito" dai Savoia che scappano a Brindisi lasciando allo sbando l’esercito italiano. Luchino Dal Verme riesce a sottrarsi alla cattura e ritorna al castello di Torre degli Alberi (nell’Oltrepo Pavese), residenza di famiglia, dove rimane nascosto per sei mesi. L’incontro con Italo Pietra che ha scritto di lui bellissime pagine nel suo libro "I grandi e i grossi" (Mondadori, 1973, ), lo convince a troncare il tradizionale legame familiare con la monarchia e ad entrare nella Resistenza. Nasce così la leggenda del Conte partigiano, o meglio del "Cònt" come viene chiamato, nel dialetto locale, tra i suoi uomini. “È un bell’esempio”, così ne parla Paolo Murialdi dopo averlo conosciuto. Sono poi poeticamente azzeccate le parole di Corrado Stajano, che definisce il partigianato di "nobile aristocratico" come un’esperienza di un “uguale tra gli uguali”. Contribuisce ad organizzare le prime formazioni partigiane operanti in provincia di Pavia. Come nome di battaglia, usa l’appellativo di "Maino". Non nasce però dall’unione delle parole "mai" - "no" ma, molto più semplicemente, come divertito spiegherà tante voltelo stesso Luchino Dal Verme, era il nome di una marca di biciclette. Diventa comandante dell’88a Brigata "Casotti" ed in seguito viene destinato al comando della Divisione garibaldina "Antonio Gramsci", alla cui testa, nell’Aprile del ’45 scenderà dalla Montagna alla Pianura. Diventa un ossessivo bersaglio dei nazifascisti al pari di un altro leggendario comandante, l”Americano” E come lui, comanda i partigiani "garibaldini", vicini al P.C.I,. Sembra un controsenso per un nobile, mai stato comunista, anzi, cresciuto con una salda formazione cattolica. Ma è lo stesso "Maino" che spiega. nel libro "La Resistenza in Lombardia", (1965) le ragioni di quella sua scelta: “Ebbi la responsabilità di comando di una formazione Garibaldi e il primo argomento di cui debbo e voglio parlare sono gli uomini con i quali ho condiviso rischi e responsabilità, in uno spirito di solidarietà e reciproca fiducia, che è certamente il ricordo più vero e più importante che mi sia rimasto. Non dimentichiamo che la Divisione "Gramsci", di cui ebbi la responsabilità di comando, era di promozione comunista. Ebbene, non ho mai saputo quanti fossero comunisti e quanti no, ma so quanti morirono per tutti noi, per la libertà di ciascuno di noi. Questo ci impone di sapere cosa ne abbiamo fatto della nostra libertà o per lo meno che cosa intendiamo farne …” Numerose sono le azioni che conduce, tendendo imboscate ai nazifascisti lungo la Via Emilia, distruggendo i binari della ferrovia Torino-Piacenza, ed anche affrontando il nemico a "viso aperto", come nella battaglia di Costa Pelata, che vede una serie di scontri intensi, che mutano continuamente di posizione
Nella notte tra il 25 e il 26 Aprile "Maino", con i suoi uomini, attacca Casteggio, che occupa, dopo 5 ore di accaniti combattimenti. Il 27 Aprile raggiunge Milano, dove si sentono ancora gli spari di fascisti e di reparti tedeschi che non si vogliono arrendere. Nel primo dopoguerra, i partiti antifascisti gli propongono di impegnarsi a livello politico come candidato alle elezioni per l’Assemblea Costituente del 1946, ma Luchino dal Verme risponde “No” a tutti, in quanto non ritiene quell’impegno adatto alla sua indole. Dopo una breve parentesi a Novara, ritorna a Torre degli Alberi, da dove non si muove più:impegnandosi nella difesa delle sue amatissime montagne e continua un’appassionata opera di testimonianza sul nostro recente passato.
20 novembre 2012
19 novembre 2012
ANPI Valle Brembana - Martiri di Cornalba.
Anche quest'anno come sempre, si commemorano i Martiri di Cornalba con la consueta autocolonna che partirà da Bergamo domenica 25 novembre, alle ore 8,30 (vedi programma allegato). L'ANPI di Valle Brembana attenderà dalle ore 9 ad Ambria la delegazione, le darà il benvenuto e si aggregherà per continuare insieme il doveroso omaggio ai caduti partigiani.
Invitiamo soprattutto chi non ha mai partecipato, ed in particolare i giovani, ad esserci per vedere e conoscere i luoghi e la storia di chi ha dato la vita per l'Italia libera e democratica.
Invitiamo soprattutto chi non ha mai partecipato, ed in particolare i giovani, ad esserci per vedere e conoscere i luoghi e la storia di chi ha dato la vita per l'Italia libera e democratica.
Una buona notizia accompagna quest'anno questo evento: l'intitolazione dei giardini pubblici di Endenna e la prossima posa di una grande pietra con targa alla memoria dei partigiani Barnaba Chiesa e Antonio Ferrari uccisi a Rosolo il 25 novembre 1944 dai fascisti della Compagnia O.P. di Bergamo comandata dal sanguinario capitano Aldo Resmini.
Il successo di questa iniziativa si è resa possibile grazie alla tenacia del Comitato istituito dal parroco don Alessandro, dai parenti delle vittime insieme ad altri compaesani che con una raccolta firme e una determinata volontà, partita e continuata dal XXV aprile scorso con quattro giorni dedicati alla resistenza in Valle Brembana con mostre e spettacoli presso l'oratorio, ha ultimamente sortito l'assenso dell'Amministrazione Comunale di Zogno.
A tutti loro va il vivo ringraziamento della nostra Sezione e dell'ANPI provinciale.
A tutti loro va il vivo ringraziamento della nostra Sezione e dell'ANPI provinciale.
Vi invitiamo ad inoltrare questo messaggio agli eventuali interessati e vi aspettiamo numerosi.
18 novembre 2012
Armando Cosutta - Lavoratori TrenItalia. Ambrogini d'Oro 2012.
C'è Oliviero Cassini tra i premiati dell'Ambrogino d'oro, la tradizionale consegna delle onorificenze da parte del Comune di Milano. Cassini e i colleghi dell'ex Wagon Lits un anno fa (l'8 dicembre 2011) erano saliti sulla torre del Binario 21 della stazione Centrale in protesta contro la soppressione delle corse notturne allora decise da Trenitalia: ottanta giorni, in pieno inverno, a quindici metri d'altezza per preservare il loro lavoro di addetti ai servizi sui treni a lunga percorrenza.
L’ANPI Barona di Milano, che da subito porto sostegno e piena adesione ai Lavoratori di TrenItalia, felice per questo riconoscimento, festeggerà completamente quando tutti i lavoratori che hanno resistito sino alla fine (8 mesi), saranno ricollocati. Inoltre porge un sentito e sincero saluto al Partigiano Armando Cossutta, a cui “le solite manovre politiche” hanno negato il riconoscimento dovuto. Milano e la sua amministrazione perdono una battaglia di diritto. Armando ha difeso in tutta la sua vita la Democrazia e la Libertà, e senza mai chiedere nulla (come in questa occasione) si è ritrovato al centro di un pessimo teatrino politico. Caro Armando il nostro riconoscimento ti arrivi forte e deciso. Il nostro ringraziamento per tutto quello che hai fatto per l’Italia ti è noto. Ma ancora e sempre il nostro abbraccio ti sostenga e consoli la tua amarezza. Grazie Compagno.
L’ANPI Barona di Milano, che da subito porto sostegno e piena adesione ai Lavoratori di TrenItalia, felice per questo riconoscimento, festeggerà completamente quando tutti i lavoratori che hanno resistito sino alla fine (8 mesi), saranno ricollocati. Inoltre porge un sentito e sincero saluto al Partigiano Armando Cossutta, a cui “le solite manovre politiche” hanno negato il riconoscimento dovuto. Milano e la sua amministrazione perdono una battaglia di diritto. Armando ha difeso in tutta la sua vita la Democrazia e la Libertà, e senza mai chiedere nulla (come in questa occasione) si è ritrovato al centro di un pessimo teatrino politico. Caro Armando il nostro riconoscimento ti arrivi forte e deciso. Il nostro ringraziamento per tutto quello che hai fatto per l’Italia ti è noto. Ma ancora e sempre il nostro abbraccio ti sostenga e consoli la tua amarezza. Grazie Compagno.
Sezione ANPI Barona. Milano.
17 novembre 2012
16 novembre 2012
15 novembre 2012
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