10 novembre 2012

FASCISTI - parli ora.? rispondeva il silenzio...


Cari amici antifascisti, leggete questo link. Mi sembra che descriva il problema di cui voglio parlarvi in maniera sintetica e persuasiva. Il 30 aprile del 2008 Gianfranco Fini venne nominato Presidente della Camera dei Deputati.
La mattina dopo telefonai a Laura Seghettini (Classe 1922 – Comandante Partigiano) per esprimerle il mio disappunto, la trovai affranta, mi confessò di aver dormito poco e male e che la notizia l’aveva gettata in uno stato di prostrazione, mi disse che nessuno poteva capire come lei e i suoi compagni di lotta come potevano sentirsi all’idea che un ‘fascista’ sedesse su quella poltrona, che era costata così tanto a loro che avevano fatto la Resistenza e soprattutto a quelli che avevano perso la vita in quella guerriglia.
Qualche giorno fa ho telefonato a Renato Lori (Classe 1924 – Partigiano), abbiamo parlato di questa lettera che volevo scrivervi, dei giorni assurdi che stiamo vivendo, fra commemorazioni di nefaste marce (su Roma), delle immagini del funerale di Pino Rauti con tutte quelle inaccettabili mani stese per i saluti romani, di questa vergognosa manifestazione indetta per il 10 novembre.
Renato mi ha regalato un suo ricordo che voglio condividere. Nel ‘62 era a Roma durante lacampagna elettorale per il rinnovo del Consiglio Comunale della città. Pino Rauti, per sostenere la sua candidatura, noleggiò un piccolo aereo che sorvolò la città con attaccato uno striscione di quelli che si vedono in estate al mare con la pubblicità.
La frase era: Rauti l’ultima raffica di Salò.
Sto leggendo un libro:
E le sferzate ripigliavano, e ad ogni colpo:
-Parli?- Rispondeva un ruggito di belva ferita a morte. E questo per un tempo che non so dire.
Alla fine si stancarono prima loro di frustare che io di tacere, e si passò ad un altro esperimento.
Legato questa volta ad una sedia per il giusto verso, mentre uno mi teneva la testa rovesciata indietro, un altro mi introdusse uno straccio bagnato di non so che sostanza in gola, spingendo più giù che fosse possibile con un bastoncino, e un terzo mi versava dell’acqua da una brocca direttamente nel naso. Io sentivo l’acqua gelata scendermi nello stomaco e non potevo respirare. Credo che in termini di medicina legale questa si chiami “soffocazione”; quelli poi chiamavano tutta l’operazione “bagno di soffocazione”; comunque sia, io diventavo tutto viola (ho temuto per un momento che mi scoppiassero le vene del collo), stralunavo gli occhi, lo stomaco mi si gonfiava… ma finalmente l’operazione cessava e io potevo riprendere fiato. –Parli ora? Rispondeva il silenzio. L’operazione ricominciava. (Luciano Bolis – antifascista e partigiano – Il mio granello di sabbia, Einaudi).
Dall’introduzione: Nel febbraio del 1945 Luciano Bolis, militante clandestino del Partito d’Azione, fu arrestato dai fascisti. Rinchiuso nelle carceri genovesi di via Monticelli e orribilmente torturato, per non rivelare i nomi dei suoi compagni tentò il suicidio tagliandosi le vene dei polsi. Fermatasi spontaneamente l’emorragia, prese ad infierire su se stesso, squarciandosi la gola alla ricerca della carotide, segando i vasi del collo, allargando la ferita con le mani. Trasportato morente all’ospedale, fu poi salvato dai partigiani che con un colpo di mano lo liberarono proprio alla vigilia del 25 aprile. Pochi mesi dopo, Bolis scrisse un resoconto dettagliato di quella sua sconvolgente esperienza.
Io abito a Parma, città Medaglia d’Oro per la Resistenza. Tre anni fa alcuni cittadini (in collaborazione con l’Istituto Storico della Resistenza e dell’Età Contemporanea, Associazioni Partigiane e quartiere Montanara) hanno ideato uno spettacolo teatrale per le vie del quartiere che si intitola “Passeggiate Partigiane” e io ho avuto la fortuna di partecipare all’allestimento della prima edizione (viene ripreso tutti gli anni). In quel quartiere molte vie sono dedicate a combattenti e caduti della Resistenza. La struttura è semplice: un serpente di bambini o ragazzi (lo spettacolo è rivolto alle scuole elementari e medie) si snoda per le strade accompagnato da tre attori e una fisarmonicista. Una via Crucis con tappe a ogni cartello di strada intitolata ad un partigiano, la lettura di una breve biografia, poi la narrazione di un episodio di lotta; fra una storia e l’altra, durante il cammino, la musica accompagna il piccolo corteo che arriva in via Mario Jacchia (Partigiano, Medaglia d’Oro al valore militare 1896-1944) dove, tuttora, c’è la sede di Casa Pound. Poi si prosegue fino al parco intitolato a Pio Montermini (Comandante Partigiano, Medaglia d’Argento al vm 1919- 1993), qui su una panchina, all’ombra di una grande pianta, i piccoli studenti incontrano un partigiano o una partigiana. Dopo una breve presentazione, i ragazzi fanno delle domande. Una struttura semplice ed efficace. Quelli che il giorno prima erano solo cartelli di strade diventano memoria di protagonisti di gesta leggendarie, poi il ricordo si incarna negli anziani e i bambini hanno quindi l’opportunità di incontrare un testimone della nostra storia recente. Certo i testimoni sono destinati, per limiti di età a lasciarci, quindi, se qualcuno vuole approfittare dell’idea e riproporla nella propria città, non ci sono problemi, fatelo pure.
Ecco, io volevo arrivare proprio qui. Possiamo dire: basta! no! è ora di finirla! Non se ne può più di saluti romani! chiudiamo le sedi di Casa Pound! E’ incredibile che manifestazioni palesementeincostituzionali come queste vengano consentite!
Dobbiamo dirlo tutti i giorni, riaffermarlo, manifestarlo. Ma possiamo anche fare di più. Dobbiamo trasmettere il nostro antifascismo, dobbiamo lasciarlo come eredità ad altri, divulgarlo. Ognuno di noi, rispetto al ruolo che ricopre nella società, ha molte occasioni per farlo. Credo che si tratti di cose anche molto semplici: un libro da leggere, un film da vedere, un quadro da mostrare, uno spettacolo teatrale da vivere, una poesia da recitare, due chiacchiere da fare, beh! Possiamo andare avanti all’infinito nella costruzione del nostro antifascismo. Ognuno nella propria sensibilità può trovare il suo mezzo, “in nome della scandalosa forza rivoluzionaria del passato”, come scrisse Pasolini.
 pantaniParli ora? Rispondeva il silenzio. Luciano Bolis si è strappato le corde vocali per non tradire i suoi compagni, adesso, è ora che noi facciamo sentire la nostra voce.

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