22 luglio 2021

"La Storia siamo NOI"

Inauguriamo con quest'articolo del Corriere della Sera del 26 luglio 1943. Un periodico di notizie storiche, ricerche, studi, elaborazioni, fotografie e scritti, e se ci saranno "copia ed incolla" la fonte sarà sempre citata. Un angolo di memoria senza pretese ma veritiero ed approfondito curato dalla nostra Storica: Stefania Cappelletti. 

Primo numero della "Storia siamo NOI"  -  luglio 2021.

"IL PATRIOTTISMO DI MILANO. - DIMOSTRAZIONI DI ENTUSIASMO.

La prima notizia del grande avvenimento non ce l'ha dato la radio. Ce l'ha data la voce di un uomo.
La voce non era solitaria. Rombando nella strada ha suscitato improvvisi echi. Abbiamo visto finestre schiudersi, persiane aprirsi. Altri urli simili sono usciti da mille bocche di donne e uomini che si riversavano sui marciapiedi, facevano capannello davanti agli usci, si interpellavano prima come smemorati, e poi a poco a poco gioiosi, infine entusiasti.
La città pareva gonfiarsi. Per un certo tempo anche le regole dell'oscuramento sono state infrante e dagli usci e dalle finestre spalancate uscivano crocchi di gente insieme a fasci di luce.

I PRIMI CORTEI
Increduli, abbiamo aperto la radio. Non abbiamo colto che le note della Marcia reale.  Era una marcia reale molto lunga, non il solito abbozzo in uso in questi ultimi anni. Era la fine di una trasmissione. Allora abbiamo riaperto la radio è cercato un'altra stazione. Essa diceva: "Ecco una notizia sensazionale. Roma annuncia che Mussolini ha rassegnato le dimissioni. Il Re ha accettato le dimissioni di Mussolini. Il Maresciallo Badoglio è il nuovo Capo del Governo." Questa trasmissione sgrondava di due in due minuti, continuamente. Nessun commento la seguiva.
Fuori per la strada il rumore dei passi e delle voci aumentava di continuo. Ora si udivano distintamente gridi di "Viva l'Italia!" e di "Viva la Libertà!", un acciottolio ordinato di passi denunciava il formarsi dei primi cortei. Essi erano preceduti da bandiere tricolore. Diremmo che la manifestazione era vibrante, se questo aggettivo fosse ancora lecito nel vocabolario italiano.
Ci siamo precipitati al giornale sperando di trovarmi un supplemento di notizie. Niente. L'avvenimento nudo e crudo era stato appreso dai nostri colleghi alla radio, come noi. Essi avevano parlato fino alle 21 con Roma, di dove nessun anticipo era venuto. Solo il corrispondente di Bologna, poco prima delle 23, aveva detto candidamente alla microfono: " Mussolini se n'è andato. Siamo liberi. " Anche di lui, come del nostro vicino di casa, avevamo creduto che fosse un pazzo.
Nessuno ha dormito questa notte a Milano. Sentivamo sveglia la città, mentre noi si lavorava in un'atmosfera di entusiasmo. È difficile fare noi stessi un giornale, quando per vent'anni ce lo siamo visti dettare da un Ministero. Le discussioni erano molte, i pareri non sempre concordi. Ma poi dal tessuto connettivo stesso di questo vecchio "Corriere" , dal suo non sepolto passato, è nata la direttiva, la presa di posizione che oggi si afferma e sarà mantenuta: libera via alla verità, alla volontà del popolo, alla sua sete di giustizia.
Sentivamo lontano rumoreggiare come un tuono, avvicinarsi e allontanarsi, il brusio confuso delle manifestazioni che si svolgevano al centro. Sentivamo giungere sino a noi l'ansito caldo di entusiasmo e di speranza di questo popolo che si sveglia dopo una narcosi di 20 anni. 

UN DISCORSO DI GASPAROTTO.

La folla, con l'alba che sbiancava il cielo, reclamava le notizie, una parola di orientamento, qualche certezza. Ora si stava addensando in via Solferino. Un collega, aperta la finestra, lesse ad alta voce l'annuncio alla nazione, le parole del Re, il messaggio di Badoglio. La folla delirava acclamando ad ogni frase, tendeva le braccia per avere le prove scritte di tutto ciò. Ed ecco migliaia di copie volare sulle teste dei festanti e su di esse fluttuare verso il centro. Una colonna di soldati che passava le raccolte, le arrotolò, se le tenne sulle spalle come un moschetto. Gli ufficiali sorridevano. La gente sventolava sul loro volto le bandiere. Un Caporale ne afferrò una, s'inginocchiò baciandola, fu sollevato in trionfo.
Dalla parte opposta della strada si va avanti verso l'edificio del giornale un altro corteo con altre bandiere. Lo capeggiava un uomo con la barbetta a punta che ci parve di riconoscere: era Gasparotto. Dove lo avevano pescato? Gasparotto non è uomo da esibirsi. Ma il popolo almeno immemore di quanto si creda. Al momento giusto, esso si era ricordato di lui ed era andata a cercarlo. Sapemmo piu tardi che già in piazza del Duomo Gasparotto aveva arringato i manifestanti. Ora, alla loro testa, egli veniva alla volta del nostro giornale. Le porte gli si spalancarono e al balcone, in mezzo e redattori, apparve a parlare. Disse:
"Non ripeto i discorsi di Piazza del Duomo e di Piazza Fontana."
"Vi riferisco che alla redazione del "Corriere"ho portato il voto ardente di tutta la cittadinanza perché si faccia interprete presso il governo della necessità del l'immediata liberazione dei detenuti politici. I redattori del "Corriere" hanno espresso questa mattina nel loro giornale la profonda soddisfazione della cittadinanza per il riacquistato dono della Libertà. Come vi ho detto in piazza del Duomo:1) il popolo riafferma solennemente di fronte a tutti il diritto alla propria sovranità e all'esercizio delle pubbliche libertà.2) il popolo esprime ancora una volta il suo attaccamento all'esercito, che è il sangue del suo sangue il presidio dei suoi diritti.3) il popolo afferma obbedienza al capo del nuovo Governo provvisorio, maresciallo Badoglio, nella certezza che, nei limiti della necessità del momento, saprà rispettare il principio di libertà e sarà garante di un regime di rigida moralità. Perciò io vi esorto di mantenere l'ordine, perché possiate dimostrarvi di fronte al nuovo Governo degni del riconquistato privilegio. "
"Fate opera di persuasione verso tutti perché non siano meditate frettolose vendette. Domani l'esame delle responsabilità sarà fatto; per ora dovete dare esempio di disciplina e di civiltà. I nostri voti saranno coronati certamente domani con la liberazione dei detenuti politici. Ma, in un più lontano domani, sulle rovine della guerra faremo rivivere la nuova Italia. Con questo voto vi invito a sciogliersi al grido di viva l'Italia e viva la libertà."
Gli applausi furono molti, un diluvio ad ogni frase. I carabinieri guardavano e sorridevano. Se gridi o evviva anche a loro. Nel cortile, gli operai avevano riconosciuto accanto all'oratore la figura energica ed asciutta di Sartori, ri vedevano in lui l'antico superiore con cui avevano per tanti anni collaborato.
E di fuori seguitavano ad arrivare gente, bandiere, gridi. Tricolori tappezzano i davanzali, la circolazione era difficile, ma nessuno aveva voglia di circolare e tutti, dimentichi delle loro quotidiane occupazioni,
preferivano lasciarsi cullare da quell'onda di sonoro entusiasmo.
Tale ci appare Milano oggi 26 luglio 1943: una data che non dimenticheremo. Per noi significa il ritrovato amore alla nostra libera fatica."










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