16 luglio 2021

PIF: Bottai, Mussolini e la Madonna. Patria Indipendente ANPI.

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Pif: Bottai, Mussolini e la Madonna

Patria Indipendente. 

A Vairano Patenora, nel casertano, la strada dedicata a un fascista è diventata via Giancarlo Siani, giornalista vittima della camorra. Grazie a un corale impegno di istituzioni, cittadini e all’eclettico e notissimo artista ed ex Iena. Iscritto all’Anpi 
Una battaglia portata avanti per mesi e conclusa da una vittoria. A Vairano Patenora, Caserta, la strada intitolata a Giuseppe Bottai, ministro fascista dell’Educazione nazionale, firmatario e zelante esecutore delle leggi razziali, non c’è più. Al suo posto una targa recita “via Giancarlo Siani, giornalista vittima della camorra”. Più volte il Consiglio comunale della cittadina aveva provato a cancellare l’ignominia, senza esisto. Fino a quando tra i paladini della variazione è arrivato Pif, al secolo Pierfrancesco Diliberto, una tessera dell’Anpi in tasca, una grande voglia di contribuire a far crescere la cultura antifascista e il pallino per la toponomastica democratica. Alla cerimonia inaugurale, dove il sindaco Bartolomeo Cantelmo ha voluto anche la presenza dell’associazione nazionale dei partigiani, rappresentata da Vincenzo Calò della segreteria nazionale, non poteva mancare l’ex Iena.
Pif, come è nata la crociata per la ridenominazione?
A tirarmi dentro è stato il vicedirettore di Repubblica Sergio Rizzo. Sapeva che nel programma “I sopravvissuti” condotto da me e Michele Astori su Radio Capital stiamo portando avanti una battaglia per cambiare il nome alle scuole intitolate a Vittorio Emanuele III. A Palermo per esempio ce ne sono ben due ed è veramente vergognoso: nel 1938 da re d’Italia firmò le leggi razziali. Dai nostri microfoni abbiamo invitato tutti i sindaci a cambiare nome a tutte le piazze, vie e scuole dedicate a Vittorio Emanuele III di Savoia. Così quando abbiamo saputo dell’impegno del primo cittadino di Vairano Patenora, Bartolomeo Cantelmo, per cancellare la via intitolata a Giuseppe Bottai l’abbiamo condiviso ed è andata bene. Scandalosamente inoltre c’è una scuola comunale in quella strada ed è grottesco, per non dir peggio, che fosse intestata a un fascista che, ministro dell’Educazione nazionale del regime, non solo ha firmato le leggi antisemite ma ha pure schedato studenti e professori.
Contento naturalmente.
Molto, mi ha commosso quella storia, sia perché il consiglio comunale ha deciso di dedicare quella via a Siani, un giovane giornalista scomodo per la camorra, ucciso nel 1985 a soli 26 anni, sia perché ogni pezzo della società ha fatto la sua parte, il suo dovere, a cominciare dal prefetto. Molto in questi casi dipende dalla sensibilità dei rappresentanti del Viminale. Ammetto che non ci aspettavamo una soluzione tanto rapida a Vairano Patenora. Ho scoperto però un aspetto inquietante che mi fa riflettere e capire in che Paese viviamo. Qualcuno nel tempo aveva protestato per l’intitolazione a Bottai e così per “equilibrare”, perché in Italia si equilibra, insomma per far felici tutti è stata intitolata una via adiacente a Giorgio Perlasca, un Giusto tra le nazioni. Quindi da una parte si ricordava uno dei più stretti collaboratori di Mussolini, un personaggio del regime che ha contribuito alla deportazione e allo sterminio, dall’altra chi invece ha provato a salvare centinaia di persone. Rivela una mentalità nostrana orrenda.
Perché è importante la toponomastica, secondo Pif? 
Il problema è l’uso che se ne fa delle vie dedicate a fascisti. Questo è il vero problema: dietro quelle dediche si racchiude una nuova forma di fascismo. So bene che ovviamente non tornerà nelle forme del passato, non dovremo salire sui monti, è un fascismo moderno eppure altrettanto pericoloso. Dietro quelle intitolazioni esiste una mentalità fascista e se non vigiliamo si rischia una deriva pericolosa. A Palermo per esempio c’è chi sostiene che è tradizione la dedica di una scuola a Vittorio Emanuele III, e questo modo di ragionare mi sembra rappresenti una delle facce del problema: purtroppo un ragazzino può pensare che se una scuola è dedicata a qualcuno, quel qualcuno ha fatto del bene alla società. E la battaglia delle intitolazioni continua?Certamente, l’Italia è piena di vie dedicate a fascisti. So di non poter sempre vincere, ma l’importante è parlarne e lottare. So che l’Anpi ha avviato una campagna toponomastica per dedicare strade a partigiane e partigiani, e mi pare un’ottima iniziativa.
Ultimamente molte amministrazioni locali guidate dalla destra stanno legittimando una revisione e rivalutazione del fascismo, preoccupato?
Altroché, si vuol normalizzare il fascismo. Ed è importante urlare allo scandalo, e l’Anpi lo fa, altrimenti rischiamo di assuefarci, come dire: si sa, questi sono di destra, che ti aspetti? Non può andare così, perché se non gridiamo scandalizzati giorno dopo giorno si alza l’asticella e ci ritroviamo con la democrazia in pericolo. Perciò bisogna tenere gli occhi bene aperti, far capire che si può manifestare il pensiero ma non oltre un certo limite. Con il fascismo non bisogna essere moralisti, al contrario è necessario evidenziare subito il rischio, a costo di sembrare esagerati. Avere un pensiero fascista ed essere nelle istituzioni della Repubblica, antifascista come tutta la Costituzione, è grave. Temo però sia in corso un tentativo di normalizzare il fascismo. Sentiamo sempre più spesso il ritornello di Mussolini inventore delle pensioni, una falsità assoluta. Non credo sia solo ignoranza, piuttosto da parte di molti la menzogna è intenzionale. Ciò che mi fa arrabbiare tantissimo è il fascista che fa il fascista e che quando viene scoperto si giustifica dicendo che c’è stato un fraintendimento. Oppure  chi fa il saluto romano e, individuato, dice che stava alzando semplicemente la mano. Sono anche vigliacchi.
Iscritto Anpi da quanto tempo?
Da anni, tanti da non ricordare nemmeno più quando ho preso la prima tessera. Ricordo che chiesi di iscrivermi all’associazione quando ero a Milano, e bisognava ancora essere familiari di partigiani per poter aderire, ma non lo sapevo. Andai alla sede Anpi di San Babila (Via Mascagni) e mi guardarono con sospetto. Inoltre, credendo facesse “curriculum”, dissi che lavoravo a Le Iene. Dalla padella alla brace, replicarono: dunque lavori per Berlusconi? Poi su quella sede, proprio per Le Iene, realizzai un servizio di denuncia quando l’allora sindaco di Milano, Letizia Moratti, vendette i locali della sede a insaputa dell’associazione. Ora sono iscritto orgogliosamente alla sezione Anpi Barona. E siccome in Italia c’è gente che si definisce fascista del nuovo millennio, io dico di essere un partigiano del nuovo millennio.
L’impegno civile fa parte del tuo modo di intendere il mestiere?
Quando una persona è nota, ha la sensazione di poter risolvere i problemi del mondo ma la realtà è diversa, però è vero che se sei popolare con il tuo lavoro puoi fare di più rispetto a tanti altri che non hanno la stessa possibilità. Parte del mondo dello spettacolo è in mano alla politica e in molti temono di avere ripercussioni, lo capisco, ma non posso concepire una vita senza prendere posizione. Io sento di avere una responsabilità e sapere di avere l’opportunità di agire e restare alla finestra mi fa sentire in colpa. Faccio parte di una generazione per cui l’impegno era scendere in piazza mentre oggi si crede basti un like sui social o firmare una petizione online. Va bene ma non basta, scendere in piazza è importante. E affermo anche che uno dei giorni più della mia vita è quando vado a Milano per il 25 aprile. Sfilare fiero per il centro città con l’Anpi Barona, fazzoletto al collo, è una grandissima, impareggiabile emozione. Ecco perché ovunque sono, per la Festa della Liberazione prendo il treno e vado a Milano.
Hai una figlia, le cantate Bella ciao come ninna nanna?
Emilia ha dieci mesi e da quando è nata le cantiamo Bella ciao e le canzoni della Resistenza, ha pure una magliettina Anpi della sua misura. Cantavo e compravo t-shirt per le mie nipotine e quindi con mia figlia sono allenato. Intanto il 23 maggio scorso l’ho portata alla manifestazione in memoria del giudice Giovanni Falcone, e già ho dei rimorsi perché il 19 luglio, ricorrenza della strage di via D’Amelio, non potrò partecipare alle iniziative per Paolo Borsellino e la sua scorta. Di sicuro porterò mia figlia a Milano il prossimo 25 aprile. Credo sia importante seminare antifascismo, non voglio che Emilia e la sua generazione crescano senza riuscire a capire cosa è giusto e cosa no. Mi riprometto tuttavia di non esagerare, non vorrei che in futuro per contestarmi diventi di Forza Nuova o di CasaPound…
Antifascismo e lotta per la legalità contro la mafia sono le costanti di Pif?
Ho sempre creduto che la scelta dei giudici che hanno pagato con la morte il loro impegno, in tempi diversi, contesti e mali diversi, è stata la stessa dei partigiani. A un certo punto della loro esistenza hanno dovuto scegliere da che parte stare, prendere delle decisioni che hanno segnato profondamente la loro vita. Anch’io lo farei, ma dirlo oggi è troppo facile. E ripeto sempre riferendomi sia ai partigiani sia ai giudici che grazie alla loro scelta, allo spirito di cambiare il mondo, la società tutta è migliorata. C’è dunque anche un punto comune tra chi è fascista e chi è colluso con la mafia: pure loro possono godere di una società migliore. Anche CasaPound esiste perché hanno vinto i partigiani e la democrazia. Questa è la grandezza di chi ha combattuto la Resistenza. Due anni fa sono stato invitato al Salone del libro di Torino, quando scoppiò lo scandalo per lo stand di Altaforte, la casa editrice di ispirazione fascista. Io sostenevo che chiunque, nel rispetto delle leggi, può pubblicare ma che in una società antifascista Altaforte è destinata al fallimento perché nessuno comprerebbe quei libri. Per questo è importante la cultura antifascista. 
Altaforte, a Todi, per il Festival del libro ha ricevuto patrocinio e sostegno del Comune. 
È grave in un Paese che si basa sull’antifascismo. Purtroppo ho a casa una cartina di tornasole per leggere i tempi che viviamo. Nel 2016 ho girato come regista il film In guerra per amore. Racconta lo sbarco alleato in Sicilia: uno dei protagonisti, con il figlio richiamato alle armi, aveva a casa una statua del duce e una della Madonna e li pregava di far tornare dalla guerra il figlio sano e salvo. Nella commedia il soldato non torna, come è capitato a tanti altri. Comunque per ricordo ho conservato le due statue, sistemandole in cucina. Nabilia, la mia compagna, si vergogna moltissimo per questo, come fai a spiegare a un idraulico perché hai Mussolini in casa, che quei cartongessi sono l’una il bene, l’altro il male? Per evitare equivoci, gli abbiamo messo un fazzoletto Anpi al collo e un cappello con su scritto “Sono un coglione”. Ebbene, al contrario delle aspettative, non leggiamo sul viso delle persone il disprezzo, piuttosto ti rispondono che non c’è proprio nulla di sbagliato ad avere una statua di Mussolini. Una volta non sarebbe stato così.
Festeggerai come a Casa Cervi il 25 luglio con la pastasciutta antifascista all’Anpi Barona?
Non conoscevo questa iniziativa, la trovo bellissima. Purtroppo però gli impegni non lo consentono quest’anno. Posso assicurare che celebreremo la caduta del fascismo in famiglia con una scorpacciata di spaghetti. E per mia figlia prepareremo una pappetta antifascista.



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