È una sera di luna piena, ci troviamo in Sezione non siamo in tanti, ma il gelo di Milano un po' spaventa e spesso la giornata ha lasciato segni che solo il sonno può far dimenticare. Riempiamo l’automobile di scarpe, e ci stringiamo in quattro, la radio diffonde Neil Young ma le chiacchiere sovrastano la musica, ci travolge la solita voglia di raccontarci i sogni, i progetti, la “nostra” ANPI che spesso ci fa arrabbiare ma che nel contempo ci riempie di speranza, e come sempre ci si concentra sull’esempio di quelle giovani donne di quei giovani uomini che contro tutti e tutto ci regalarono la Libertà, ed allora nel loro ricordo i cattivi pensieri si trasformano nella Resistenza dell’oggi e del domani. Coraggio ANPI. Milano sta per addormentarsi, poche auto in giro, un tram sbuca dalla nebbia, andiamo a memoria, non c’è un itinerario preciso, “mi ricordo, di aver visto un rifugio di cartoni, un mucchio di coperte, li sotto quel portico, li dentro l’androne di quella banca” e un giro delle periferie dimenticate, degli ultimi tra gli ultimi. M’invento dei nomi che non conosco, un artifizio per avvicinarmi “Ciao Luigi, come va?” “Ma io mi chiamo Abdel…” Sono un poco diffidenti, pensano ad educatori e assistenti sociali, percorsi che conoscono e che per esperienza “sempre porte chiuse”. Le storie sono quasi tutte uguali, lavoro, casa, non ci sono i documenti, i permessi, non ci sono soldi, le file per ottenere qualcosa durano mesi, anni, siamo dei volontari anomali, non ci conoscono, non offriamo te caldo e panini, né vestiti usati, oppure coperte e sacchi a pelo, restano sorpresi quando le chiediamo il numero di scarpe, qualcuno si guarda i piedi e non sanno rispondere. In una via del centro qualche settimana fa, mi ero fermato dal solito “amico” che quasi tutti i giorni mi permetteva di svuotare le tasche di moneta, un tipo particolare che quest’autunno armato di un pezzo di cartone, usato a mo’ di scopettone, tutte le mattine puliva un lungo tratto di marciapiede dalle foglie che gli alti alberi sul lato della strada lasciavano cadere copiosamente, cantava una litania africana a me sconosciuta, lavorava alacremente e sul bordo del marciapiede gigantesche montagne di foglie si formavano scompigliando il piatto panorama di strade percorse frettolosamente tutti i giorni e sempre uguali. L’avevo notato da sempre e da sempre indossava ed indossa tuttora un paio di ciabatte di plastica, tipo quelle da mare, da spiagge agostane, per fortuna aiutavano spesse calze di lana, anche se una con un vistoso buco sul calcagno, una mattina mi fermo un po’ più del solito tra la sua esposizione quotidiana, una scatola di sardine, una bottiglia di latte, un arancia e qualche volta scatole di biscotti, e un bicchiere di plastica su un mattone dove depositare le monete e in cambio ricevere un “grassie signore”. “Che numero di scarpe porti?” una reazione brusca, “No, no, no, niente scarpe, non le voglio, non voglio” ed alla mia insistenza, un alzare di voce, quasi un grido “NO”, “ok, ciao, nessun problema me ne vado non arrabbiarti”. Pensavo poi, ma perché? E mi sono trovato una soluzione mia, forse con le ciabatte ai piedi nell’inverno Milanese, qualche soldo in più nel bicchiere di cartone alla sera si trovava. Ma dalle ciabatte ai piedi del mio “amico” che canta misteriose melodie africane, l’idea dell’operazione “Scarpe rotte eppur bisogna andare” della Sezione ANPI Barona Milano, subito accolta in un entusiasmante e meraviglioso sostegno d’adesione e contributi, in pochi giorni arrivavano in Sezione più di mille euro, che ci permettono di comprare più di cinquanta scarpe invernali e impermeabili in una catena di magazzini sportivi, che non nominerò neanche se mi pagano, anche perché neppure un euro di sconto nonostante le spiegazioni precise e l’affannarsi tra ordini e contrordini, tra modelli e misure. Cosi tra sostegni economici, (grazie ancora, di cuore) si infittiva la rete di chi conosceva qualcuno “si, dorme li, da tanto, ci penso io, chiedo e consegno le scarpe, senza tante cerimonie” una consegna mirata, riservata, tra due amici, uno che ascolta e l’altro che racconta. Poi dopo l’esaurirsi delle consegne programmate, il giro tra le strade di Milano, li davanti ad una vetrina dove brillano le luci festive e i cartellini “350 euro” le scarpe di marca, di moda, “600 euro” la giacca elegante, c’è qualcuno che prova a sopravvivere. In strada non ci sono regole, ci si arrangia, qualcuno osa chiedere di più, “per un amico” e noi si dà, chi siamo noi per fare domande? “Caspita non abbiamo più 42” “Fa niente prendo il 41” “Si dai poi passo ancora e prometto ti porto il 42”. Due occhi neri che sbucano da una collina di coperte multicolore, un filo di fiato condensato, che evidenzia il gelo notturno, un segnale evidente dell’esserci. “Ma lì a fianco c’è un mucchio di cartone e plastica, ma non risponde nessuno, non c’è nessuno?” “ma no, siamo tutte e due qui in “casa” mia, ci si fa compagnia, ci si racconta di case e amori lontani, poi quando arriva il sonno, ognuno torna nel suo appartamento” e giù una risata allegra, fermata solo da qualche colpo di tosse. Poi al mattino prendo il tram, e guardo le capanne nascoste di cartone e plastica, con davanti pane sbriciolato e una dozzina di piccioni che fanno colazione, chissà se il mio “amico” dorme ancora, oppure son proprio i piccioni che con il loro tubare fanno da sveglia. Il giro in auto senza indirizzi precisi, sta terminando, le scarpe nel baule anche, le chiacchiere nell’auto si dilatano, fuori Milano dorme, i semafori sostituiscono il ritmico rosso e poi verde al lampeggiare giallo delle ore piccole. Torniamo alla base, un sorriso come buonanotte basta e avanza, “dai alla prossima” non ci fermiamo qui, ci sono già tanti altri progetti ed idee da realizzare, per noi ANPI è anche questa cosa qui, le mani in tasca servono a poco. Siamo consapevoli, dilettanti, non organizzati, gocce nell’oceano, ma c’è l’hanno insegnato loro, i nostri vecchi, le Partigiane, i Partigiani, la Resistenza, la Costituzione, sognare non costa nulla e qualche volta poi i sogni diventano realtà, ora ci manca una bella citazione per fare la chiusura… buonanotte Compagne, Compagni, coraggio ANPI. “Siate sempre capaci di sentire nel più profondo qualunque ingiustizia commessa contro chiunque in qualunque parte del mondo” (Che Guevara).
Qualche giorno prima del 25 dicembre 2021. - Ivano Taietti.
1 commento:
bravo, un bel racconto...
Posta un commento