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Informazione Antifascista n.13
La casa delle libertà bis: va in scena il nuovo ordine nero
di Gabriele Proglio
Le grandi manovre sono iniziate. E comprendono tutto l’arco della destra. Una ristrutturazione, un continuo andi-rivieni, una logica fine ma coerente nella strutturazione di un fronte nero da affiancare alle forze della destra “moderata”. Questa volta la posta in gioco è alta e lo stesso Berlusconi, pur di vincere, sta aprendo ai neofascisti e neonazisti promettendo posti di ruolo nella futura coalizione in caso di vittoria.
La corsa al rinnovamento d’immagine delle strutture neofasciste, o comunque alle correnti interne all’emisfero nero, non ha coinvolto la sola Mussolini (che comunque occupa il ruolo in quanto “nipote d’arte”) e la sua lista postfascista con aperture improbabili ma vere alle donne e ai gay, ma anche quasi tutte le altre sigle. La stessa Forza Nuova di Roberto Fiore pur continuando a professare una scelta di autonomia rispetto alla casa delle libertà sicuramente porterà i voti e le percentuali per aiutare la corsa del cavaliere nella “crociata anticomunista”.
Lo testimonia il recente comunicato nel quale si dice che “in occasione della seduta straordinaria dell' Ufficio Politico, il segretario nazionale di Forza Nuova Roberto Fiore ha dato delega ai dirigenti nazionali Gianmario Invernizzi e Paolo Caratossidis di organizzare la raccolta firme, di stilare le liste e di conferire con tutte le forze alleate e non, in vista della presentazione delle liste per le imminenti elezioni politiche e competizioni amministrative”. La motivazione è una sola, salire sul carrozzone Fininvest. Eppure poco tempo fa gli stessi “duri e puri” della triade dio-patria-famiglia non solo contestavano il vicepremier Fini ma l’intero governo Berlusconi per molteplici motivi; la guerra, l’internazionalizzazione dell’economia, la mondializzazione, le scelte in materia d’immigrazione, di sviluppo europeo (per la firma della costituzione). Lo stesso Fiore in un comunicato usò parole pesanti nei confronti di Alemanno e Mantovano. Scrisse a proposito dell’azione dei due nazionalalleati “Questo riflette la mentalità opportunista e machiavellica (tipica dei colonnelli di AN) per la quale l’obiettivo non è battersi per le propri idee, bensì vincere le elezioni cavalcando i temi che, di volta in volta, possano far presa sugli elettori”. Poi grazie alla figura della Mussolini, riabilitata da Berlusconi con un’azione economicamente costosa ma fondamentale di revisionismo a favore del fascismo, la triade Azione Sociale/Forza Nuova/Fronte Nazionale è divenuta Alternativa Sociale. Poi le elezioni europee e la nomina di Alessandra Mussolini per Alternativa Sociale e di Luca Romagnoli tra le fila della Fiamma Tricolore. Entrambi si collocarono all’interno dell’assemblea come non iscritti; ovvero senza un allineamento con la destra o la sinistra riformista. Si unirono infatti alla destra radicale europea che elesse nella stessa collocazione Carl LANG, Jean-Marie LE PEN, Marine LE PEN, Fernand LE RACHINEL, Jean-Claude MARTINEZ, Lydia SCHENARDI per il Front National francese, Frank VANHECKE, Philip CLAEYS, Koenraad DILLEN per il fiammingo Vaams Blok, Andreas MÖLZER per il FPO dell’austriaco Haider.
Il test superato diede il “la” per un’ampia operazione chirurgica all’interno e all’esterno dell’area. Ora il cavaliere poteva contare su nuovi alleati che gli avrebbero consentito di scavalcare a destra Alleanza Nazionale con un prolungamento tacito del partito Forza-Italia che avrebbe limitato le richieste di Fini sulla futura leadership. L’odio tra la destra radicale e “l’erede traditore” di Almirante avrebbe impedito accordi sottobanco e retroscena pericolosi tra le due destre.
Proprio per questo motivo, proprio dopo il convegno di Alleanza Nazionale che vide Fini uscire sconfitto ma ugualmente presidente, gli attacchi si moltiplicarono dalla parte radicale verso quella considerata più “moderata”. Accuse di filosionismo, di interessi economici (che spesso nel gergo fascista sono riconducibili a intrighi “giudaico massonici”), di servilismo alla corte di Bush e Co, di mondializzazione e non protezione delle origini cristiane e dei valori occidentali.
Ma facciamo un passo indietro, ed in particolare all’inizio del 2004. I malumori all’interno del Movimento Sociale - Fiamma Tricolore sono tanti, troppi. Il segretario, l’eterno secondo Pino Rauti, ha delle posizioni che sono difficilmente conciliabili con un partito che aspira a diventare un punto di riferimento per la “destra antagonista”. Le radici filonaziste o comunque radicate nell’esperienza politica del Centro Studi Ordine Nuovo (poi Ordine Nuovo nel novembre del ’56 dopo la fuoriuscita dal MSI) e quelle inerenti il “protocollo di Venezia” (che doveva essere la carta d’azione della destra radicale e poi invece divenne una commistione di terrorismo e servizi segreti) non sono compatibili con un contesto d’azione europeo. Lo spazio di agibilità del ribellismo bruno (dei nazionalbolscevichi o dei comunitaristi) si è esaurito all’interno del Msi con il progetto dell’Orologio; una corrente interna che oppose alla linea atlantica e filodc di quegli anni (i primi anni 70), quella di una grande Europa unita da “Lisbona a Vladivostok” contro gli Usa. Ma questa esperienza terminò con il rientro di Almirante alla guida dell’Msi. Poi una serie di “figli d’arte” che furono coinvolti nelle trame nere degli anni 60/70/80 e in molte inchieste sulle stragi di stato. Alcuni nomi? Primi tra tutti Freda, Merlino, Delle Chiaie e Rocchetta. E poi nel curriculum dell’ex segretario ci sono segni indelebili della storia italiana ed estera; la Repubblica Sociale Italiana, il regime dei colonnelli in Grecia e quello dei falangisti in Spagna, inchieste per coinvolgimenti in stragi (quella di Brescia in primis), senza dimenticare le collaborazioni con i servizi segreti (basti qui ricordare la scoperta nel doporivoluzione dei garofani – in Portogallo – dell’organizzazione internazionale fascista Aginter press in collaborazione con l’Agenzia Oltremare) e alla creazione di nuovi soggetti nell’emisfero della destra eversiva (dai Far a Ordine Nuovo fino a Terza Posizione). L’uomo dell’idealismo neo-nazifascista ha quasi sempre dovuto cedere il testimone alla conduzione delle strutture, partiti o gruppi, che ha fondato. Questo perché più che un leader carismatico era e forse continua ad essere un libro nero aperto sul presente. Il significato delle motivazioni è la stessa che portò alla scissione tra Msi e il centro studi Ordine Nuovo;la fazione filoatlantica che voleva un connubio con la DC e Stati Uniti (quella di Almirante) si impose su quella per un fascismo e nazismo portato alle origini (quella di Rauti).
L’esautorazione di Rauti ad opera degli stessi vertici del partito è stato un forte segnale di cambiamento all’interno dell’area missina. Il suo pupillo Luca Romagnoli ha partecipato al push del vecchio fascista. L’occasione la si ebbe nell’ottobre del 2003 quando il Tribunale di Roma accogliendo le istanze di alcuni aderenti al partito, decise di invalidare l’elezione del direttivo del 2000. Rauti fu espulso e nel 2004 rientrò in politica dalla porta secondaria con una sigla nuova; il Movimento Idea Sociale (ottenendo alle europee il 0,1%).
Ma anche il MIS scese ad accordi con la Casa delle Libertà. Nel 2005, alle elezioni regionali, ottenne lo 0,5% risultando fondamentale per sostenere in alcune aree Berlusconi e co. Nel mentre la polemica sulla cacciata di Rauti andava avanti; il suo ricorso portò Romagnoli e i colonnelli della fiamma davanti al giudizio di una corte. Poi un’altra azione legale per la proprietà del simbolo; il MIS ha l’italia bianca sulla fiamma tricolore. Dopo la fuga verso Forza Italia del segretario nazionale Giuseppe Incardina, si è anche ipotizzata la candidatura (a nostro avviso abbastanza improbabile) di Rauti nelle fila del partito di Berlusconi. Dioniso è stato eletto vicario di Rauti, assieme a Colombo e Bruno.
L’area nera rimane comunque in subbuglio, si registrano lotte interne e faide mai risolte. Quelle tra il MIS e la Fiamma Tricolore ne sono un esempio; poi ci sono Forza Nuova contro il Fronte Sociale Nazionale di Thilgher. E poi ancora tutti contro la Fiamma che può essere considerata la struttura di genesi degli altri gruppi. Praticamente tutti nascono da una scissione con l’ex partito di Rauti. Nel 1991 si staccò Pisanò che creò il minipartito Fascismo e Libertà (oggi alla guida c’è Martorana), poi nel 1997 fu la volta di Tilgher che traghettò la componente nazionalpopolare quasi tutta nel Fronte Sociale Nazionale (una parte andò a finire in minigruppuscoli e nel Movimento Sociale Europeo), poi ancora nel 2001 si scinse la parte di Silvestri che creò il Fronte Nazionale.
Certo è che la politica del connubio destra-estrema destra venne intrapresa proprio da Rauti, con risultati sorprendenti. Oltre a quelli già citati bisogna evidentemente menzionare i 500 mila voti del 1999 (attestandosi all’1,6%) che furono determinanti per la vittoria di Forza Italia, come anche quelli del 2000 nelle elezioni regionali (in Calabria e Abruzzo).
A seguire le tante sigle del neofascismo e neonazismo italiano, ciascuna diversa, ciascuna con le proprie specularità. Il Fronte Sociale Nazionale porta con se l’eredità di Avanguardia Nazionale (Thilgher ne fu uno dei fondatori nel 1970). In quasi tutti i partiti della destra radicale vale la regola della triade d’intenti (un richiamo alla triade cristiana e pagana e prima ancora celtica). Per il FSN sono Nazionale/Sociale/Etnico-Culturale. A parte il primo tema (ovvio per questi partiti), il secondo porta il evidenza una “concezione antiliberista e anticapitalista” oltre che antiborghese, mentre il terzo mette l’accento sull’integrità dei valori e della cultura locale (non solo nazionale). All’interno del partito si evidenziavano la presenza di componenti nazional-comunitariste che dopo il risultato di Roma nel 1998 (con oltre ventimila preferenze), fuoriuscirono per convergere sui circoli comunitaristi, sul partito nazionalcomunitarista europeo e attorno alle riviste Rosso è Nero, Comunitarismo, Aurora e Orion. Il FSN mantiene comunque lo slogan terzoposizionista “né destra, né sinistra!”. Alcuni nomi tristemente noti del FSN; Paolo Signorelli (uno dei generali di Ordine Nuovo) e Stefano delle Chiaie (uomo di punta dell’eversione nera).
Per quello che concerne Forza Nuova (e ce ne sarebbe molto da dire) basti mettere in luce due punti. Il primo è la base militante di FN rappresentata dai disciolti gruppi di boneheads (nel 93 e 98) e dalla capacità di attingere a finanziamenti sui quali ancora non ci sono giustificazioni concrete. Si fecero ipotesi diverse; della cassa mai trovata di Terza Posizione (forse Morsello e Fiore ne sapevano qualcosa), al coinvolgimento di Fiore nei servizi segreti britannici (l’MI6) per distruggere il movimento di estrema destra nazionalista di Nick Griffin (il National Front). Ma senza risultati. Il secondo punto riguarda l’inclinazione integralista cattolica del partito (con riferimenti concreti alla “Guardia di Ferro” rumena e alla volontà di ripristinare il Concordato Stato/Chiesa del 1929).
L’ultimo partito, fuori da Alternativa Sociale, che ha stretto accordi con Silvio Berlusconi è quello di Gaetano Saya. Il “Nuovo Msi – Destra Nazionale” seppur giovane cartello del neofascismo è balzato agli ordini della cronaca per i contenuti razzisti e xenofobi (che ne hanno fatto oscurare il sito). Ma anche perché la scorsa estate, in una delle tante goffe azioni della polizia, si scopriva cosa doveva rimanere segreto. Ovvero una polizia segreta e parallela a quella ordinaria. Era il DSSA; il Dipartimento di Studi Strategici Antiterrorismo. Molti degli indagati erano iscritti al partito di Saya e molto probabilmente cercavano, o avevano trovato, contatti con i servizi segreti italiani. Poi l’azione della procura di Genova e gli arresti.
Vi sono poi azioni interne alla “cosa nera” per stringere coalizioni. Romagnoli è riuscito a far convergere l’interesse (e l’impegno elettorale) dei boneheads del Veneto Fronte Skinheads, di Base Autonoma e del Movimento Politico sulla Fiamma. Fiore invece si è orientato verso le esperienze di Casa Pound e dell’Osa (dopo la bomba al Manifesto di Insabato, Forza Nuova è stata allontanata da Berlusconi e i voti sono stati fatti confluire o in Alternativa Sociale o nell’elezione dell’eurodeputato Mario Borghezio). Thilger invece sta cercando di alzare la posta e di ricontrattare la sua presenza all’interno della coalizione.
La tattica di Berlusconi è quindi chiara; sfondare al centro (proponendo una destra liberista ed europea) e togliere spazio a Fini facendo coagulare attorno al neonato polo nero l’interesse per una riscossa revanscista e per la speranza di entrare nella maggioranza. Certo è che lo sdoganamento della destra radicale è ormai compiuto da tempo.
Altra considerazione doverosa è quella inerente il passato del nostro paese. E mi riferisco alle stragi dell’estrema destra da Salò ai giorni nostri. Un percorso denso di appuntamenti con il terrore, di intrighi e di omicidi giustificati dalla linea atlantica e dalla necessità di opporsi al comunismo in ogni sua forma e dimensione.
Parliamo della Repubblica di Salò e subito balza all’occhio la presenza del ministro Tremaglia, ma anche di Pino Rauti e di altri che militano nelle fila della Casa delle Libertà. Il dopoguerra? L’intrigo tra Usa/mafia/neofascismo genera molte sigle nuove nell’universo corporativo. I Far (Rauti ne era uno degli ideatori) in primis. Poi ancora le stragi di stato; da quel 12 dicembre a Milano, in Piazza Fontana, lungo un tragitto insanguinato che porterà a Bologna.
Quella stessa classe politica fascista che perpetrò il piano criminale dello stragismo oggi sembra dare alla luce una prospettiva governativa con i propri pupilli, certo con i nuovi crismi del caso, con nuove dimensioni politiche e con differenti scenari.
Ma rimane indelebile il continuo riferimento ideologico e tematico ad alcuni temi. L’immigrazione è quello principale. L’identità nazionale viene subito dopo. E a seguire l’onore e la patria, dio e la contestazione al sistema capitalistico, alla classe borghese, allo stato di precarietà e flessibilità costruito dalle stesse forze politiche con le quali andranno a braccetto alle elezioni. Una incoerenza massima, totale.
Eppure i riferimenti ideologici continuano a essere sempre gli stessi; da Mussolini a Hitler, da Evola a Borghese, da Freda a Thiriart, da Rosenberg a De Benoist. Come anche i simboli; la fiamma tricolore è la più gettonata. Ma anche ideogrammi e disegni che portano al III Reich e alle SS.
Dopo aver speso tante energie negli stadi per conquistare le curve (dagli anni 80 erano in corso infiltrazioni e guerre interne) oggi c’è un’altra priorità. Quella di diventare forza che conta. Infatti seppur sia innegabile la svolta a destra di molte tifoserie, molte altre sono divenute apolitiche in nome del “gioco del calcio”. Vi è poi un altro fattore da evidenziare sui gruppi della destra radicale; l’incapacità e l’impossibilità di trasferire i rapporti di forza che ci sono allo stadio nella città, nei quartieri, nel sociale. Paradossalmente l’arena contiene sia i gladiatori che i loro pensieri. Quindi ogni sforzo politico si esaurisce nei 90 minuti.
Di fronte a queste destre (il plurale quindi è d’obbligo) lo scenario diventa sempre più cupo. La Resistenza può ancora dare importanti lezioni di antifascismo, anche a distanza di tempo.
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