16 gennaio 2006

“Salviamo la Costituzione ”
ANPI Sezione Barona

Lo scorso 16 novembre, con i voti della sola maggioranza di Governo, è stata approvata una riforma che stravolge la Costituzione italiana, approvata nel dicembre del ‘47 pressochè all’unanimità (solo 62 “no” su 556 eletti). Troppe bugie e luoghi comuni accompagnano la riforma: vediamoli.

Hanno detto che siamo conservatori e che le Costituzioni vanno svecchiate. Ma gli Stati Uniti si tengono la loro Carta fondante da più di 2 secoli e ne vanno orgogliosi; la nostra ha solo 60 anni e, pur con inevitabili difetti, ci ha garantito 60 anni di vita democratica.
Hanno detto che non c’è nulla di male a fare qualche modifica alla Costituzione. Ma l’attuale riforma tocca oltre un terzo degli articoli costituzionali (57 su 139 complessivi), e dunque più che di una riforma si tratta di un vero e proprio stravolgimento.
Infatti, definita addirittura “incostituzionale” da autorevoli personalità, anche se non tutta da buttare, è stata giudicata negativamente dalla maggior parte dei più importanti costituzionalisti italiani.
Hanno detto che non c’è da preoccuparsi, perché la riforma, pur ampia, non tocca la parte più importante della Costituzione, la Prima (quella dei principi e dei diritti). Ma, anche se relativa alla sola Parte Seconda (quella sul sistema politico), per i suoi contenuti appare incidere sostanzialmente anche sui Principi Fondamentali e sui diritti della Parte Prima.
Hanno detto che finalmente ci libereremo del centralismo statale. Ma il Federalismo all’italiana, a ben guardare più di facciata che di sostanza, inquina pericolosamente il concetto di “Repubblica, una e indivisibile”. Anziché potenziare il decentramento, si è preferito conferire competenza esclusiva alle Regioni in 3 materie delicatissime, come scuola, sanità e polizia locale e amministrativa.
Hanno detto che la riforma velocizzerà la funzione legislativa. Ma, in realtà, essa diventa un labirinto intricatissimo, per cui risulta difficile stabilire anche solo chi è competente a legiferare su una materia, se di una Camera, se dell’altra, se di entrambe, se delle Regioni. E’ ragionevolmente prevedibile un alto livello di conflittualità istituzionale, che bloccherà, anziché rendere più efficiente, il nostro sistema politico.
Hanno detto che il governo sarà reso più forte applicando il premierato all’inglese. Solo che il premierato italiano col modello inglese ha poco a che vedere. Più che all’esecutivo, vengono conferiti ampi poteri ad una persona, ovvero il premier eletto direttamente dai cittadini, quando questa elezione diretta non esiste in nessun’altra democrazia occidentale. Si ricalca solo formalmente il modello inglese senza premetterne la sostanza.
Hanno detto che le funzioni di garanzia sono preservate. Ma nel caso della Corte Costituzionale si interviene pesantemente alterando l’equilibrio nella composizione dei giudici, tra i quali aumentano quelli di nomina politica. Il che vuol dire minarne l’autonomia complessiva. Il Presidente della Repubblica, poi, si vede anch’esso togliere alcune importanti prerogative.
Hanno detto, infine, che facciamo del catastrofismo. Ma la democrazia non è un motore che può essere modificato indiscriminatamente, se non al prezzo di comprometterne l’equilibrio. L’aumento dei poteri dell’esecutivo con contemporanea diminuzione di quelli del Parlamento, accompagnata ad una intromissione del primo nel secondo, mina la tripartizione dei poteri su cui si basa la nostra democrazia.

Per questo al prossimo referendum confermativo dobbiamo votare NO, per ribadire a gran voce che la Costituzione è di tutti e che a tutti ha garantito 60 anni di vita democratica .

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