Caro Carlo… muoio a poco a poco… solo Silvia mi da la forza di respirare, cerco tra le lacrime le tue mani, le tue labbra, la tua voce. Mi aggrappo con tormento e affanno a visioni e pensieri, la mia mente torna a luoghi e persone che ci hanno visto costruire la nostra vita insieme. Ti rivedo, ragazzino birbante che mi giuravi amore tra fiori profumati, inebrianti di Primavera nella nostra amata Napoli, testardo e ribelle subito cercavi la strada delle armi, la scuola e il collegio militare ti strappavano a sogni e parole segrete, a promesse lievi come il vento salato e leggero che arrivava dalla spuma del mare. Io sola, costretta a un marito che non amavo, a botte e soprusi, segregazione e terrore. Io che non potevo amare ed educare a idee di libertà e giustizia i miei figli. Le tue ferite del 12 ottobre 1846, il tuo sangue che come malta costruiva il muro della nostra splendida avventura. Io che solo con il tuo amore e con la fuga a Livorno e poi a Marsiglia cominciavo a vivere e sempre il vento del mare soffiava sulla nostra unione, vento che si faceva bufera, tempesta, uragano maledetto dai Borboni che volevano estinguere a tutti i costi, il nostro fuoco d’amore… ma le fiamme anche nelle tristi giornate di Londra e Parigi non potevano mai spegnersi, quante lacrime, quanto dolore, il carcere Francese, la perdita di Carolina, il ricatto e le angosce che giungevano dall’Italia. Ti vedo ora, qui… proprio come fosse ora, il tuo sorriso, le tue braccia forti che mi stringono prima della partenza per la Legione straniera, il mio triste saluto in quella mattina di freddo, lacrime che si mischiano alla pioggia che scivola nel mare che spinge la nave verso l’Algeria.
Guerra, guerra, quanta guerra, il Veneto e la Lombardia, gli Austriaci e poi i Francesi, la Repubblica Romana e gli amici, i fratelli dell’amato tricolore, Garibaldi, Saffi, Mameli, Mazzini
La tua prigionia a Sant’Angelo, e il fuoco che mai sopito divampava con ideali che apparivano come sole sull’alba di un nuovo mondo. Quante notti d’amore e avide letture, parole, lettere pensieri dei cari amici, Giuseppe Ferrari, Carlo Cattaneo, Proudhon, Fourier, Bakunin, Herzen, serbo ancor ora qui sul cuore tutte quelle innumerevoli pagine che scrivesti e che con me costruisti con dialogo paziente e continuo, Socialismo, libertà, Repubblica, Anarchia, diritti e giustizia, rivoluzione e pace. La meravigliosa pace della nostra casa sul colle Albaro presso Genova dopo le lotte di Roma… Roma bella e perduta dove con le mie mani lavai il sangue a tanti feriti e morti, dove il giorno e la notte non avevano significato per me e per la cara Cristina di Belgiojoso, e dove anch’io conobbi il dare la morte per violenza, per guerra che tutto lacera e distrugge. L’amore per te, e per l’idee di libertà che ormai pienamente mi pervadevano, e mi trascinavano come fuscello nell’impetuoso vortice che tutta Italia agitava.
La gioia della nascita di Silvia, e il tormento della tua infaticabile e incontrollabile, irrefrenabile costruzione della spedizione nel sud, il mio dolore e l’entusiasmo dei tuoi compagni, Nicola Fabrizi, Luigi Dragone, Giuseppe Fanelli, Nicola Mignogna, Giovan Battista Falcone, e il caro ed amato Giovanni Nicotera.
Quante notti insonni e folli t’ implorai di non partire, di non offrire alla morte la vita di tanti giovani fratelli, la tua vita, non mi apparteneva, tu dicevi, urlavi che era solo dell’Italia, ma io egoista pensavo all’amore, alla nostra figlia.. alla nostra travagliata vita che non poteva non doveva concludersi con simile terribile destino.
Del “Sacrificio senza speranza di premio” ma ora io so che le tue profetiche parole “ogni mia ricompensa io la troverò nel fondo della mia coscienza e nell'animo di questi cari e generosi amici... che se il nostro sacrifico non apporta alcun bene all'Italia, sarà almeno una gloria per essa aver prodotto figli che vollero immolarsi al suo avvenire” tanto servirono per la nostra adorata Patria.
Non voglio, non posso ricordare la notizia della tua morte tra Sapri e Sanza in quel maledetto giorno che tutti, ora spesso mi ricordano con fatti e scritti, 1 luglio 1857. Non voglio pensare a tutti quelli che tra torture, sevizie e immani dolori ti seguirono nella morte, gridando viva l’Italia.
Io allora non sapevo, come ben so ora, che quella spedizione fallita era un seme profondo per feconda terra Italica, e che da li nasceva nuova stagione, da li il Risorgimento.
Quante volte declamai a Silvia la “Spigolatrice di Sapri” Quante volte piansi con lei stretta tra le mie braccia, grazie anche a te ora vivo libera nella nostra patria, lavoro per il suo futuro, e per il futuro della nostra figlia, ma anche di tutti i figli di questa bella terra. Vivo di ricordi dolorosi e tristi, di viaggi e battaglie, d’amore e morte, ma non dimentico anche attimi di felicità intensa, di progetti e sogni che ora sento realizzati, ti vedo e sento ancora il vento del mare qui sulla baia di Napoli, dove sono tornata, e dove nacque il nostro amore, sento ancora forte e pieno il profumo di fiori rossi e caldi, che ci videro giovani e belli sussurrarci parole segrete d’amore eterno. Ora con il conforto di Garibaldi, Nicotera, Bertani attendo serena di venire di nuovo ad abbracciarti e con te di discutere ancora di pace e libertà per la nostra amata Italia.
A presto mio adorato Carlo.
Enrichetta Di Lorenzo Pisacane.
Napoli. Marzo 1861.
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Sono qui a piangere come una stupida in questa giornata di primavera, in questa bellissimo maggio Parigino pieno di profumi e colori, anche il cimitero del Père Lachaise mi sembra sereno e quieto sotto questo luminoso sole… eppure il mio cuore s’agita fremente e dolorante qui davanti alla tua tomba mio amato Piero. I miei pensieri volano come le soffici nubi bianche che veloci passano nel cielo di Parigi… il viaggio che da Torino mi ha portato qui ha riempito i miei occhi di rovine e polvere.. ed ora le mie lacrime vogliono pulire per sempre i miei occhi che tanto sangue, devastazione e violenza hanno visto. Qui sembra tutto tranquillo, ma fuori da queste mura tutto porta ancora i segni di una violenza bestiale e disumana, eppure.. ecco… si sente da lontano una risata squillante e felice, piena di speranza e subito mi rivedo e ti rivedo; giovani di 16 – 17 anni che mano nella mano parlavamo lungo la strada che ci portava al “Gioberti” il nostro liceo, e fu tra quelle mura il nostro primo bacio, le nostre prime promesse, i nostri primi segreti, le nostre prime speranze.
E scrivere, e parlare, era abitudine quotidiana che ci faceva sentire cosa sola, come cosa sola eravamo quando ci sposammo in un'altra giornata di splendido sole che brillava sulla neve di quel felice gennaio, ti ricordi quel meraviglioso 1923 tra studi, e incontri, tra amore e amicizia, il nostro sole che nascondeva il male nero ed inguaribile che già avvolgeva l’Italia, i nostri amici, le loro belle parole, i limpidi pensieri scritti per le “nostre” riviste, la nostra “Rivoluzione Liberale”, il nostro “Il Baretti” che tante gioie ma poi anche tanti dolori ci portò. Sento la loro voce, Gramsci, Amendola, Salvatorelli, Fortunato, Antonicelli, Salvemini e Sturzo.
Amore e studio, parole e pensieri, idee e progetti, non ci potevamo fermare, non ci potevano fermare l’odio, la violenza, le selvagge persecuzioni fisiche e spirituali, il sole dell’avvenire sempre ci accompagnava.
Caro Piero, sento ancora qui sulla pelle le tue lacrime di gioia, i tuoi occhi brillare così forte che quando ti dissi di aspettare un figlio da te… la luce che essi emanavano oscuravano dubbi, paure, incertezze. Il nostro amato Paolo, che tu non hai mai visto crescere e diventare uomo, sai, caro Piero, fu proprio lui che mi strappo dalla follia, dalla perdita di ogni ragione, Dovevo reagire, lottare, resistere… tutte quelle percosse, tutte quelle torture che subisti, che ti portarono alla morte in quel terribile febbraio del 1926, quando Paolo aveva solo quaranta giorni di vita, e che senza di lui avrebbero spento per sempre il nostro sole.
Ricordare, studiare, discutere, e fu proprio vedere Paolo che cresceva con ideali cosi belli e puri, con l’aiuto di Benedetto Croce e degli amici più cari che mai ti dimenticheranno. Sai bene che anche con Sergio a cui ora ho donato il cuore, il programmare, e il vivere è sempre stato e sempre sarà, solo per gli ideali che tu mi hai inspirato…
E le parole si facevano carne, il partito d’Azione, Giustizia e libertà, e dopo l’otto settembre, il sole sulle montagne, la Resistenza, il camminare senza sosta tra valli e monti, non sentire più il freddo, la fame, il dolore, solo il desiderio di liberare l’Italia dal fascismo, dal nazismo, dalla tirannide che tutti i nostri ideali offuscava con morte e soprusi. Dolce Piero ho combattuto, lottato con tutte le mie forze, e Paolo era al mio fianco, senza soste tra neve e pioggia, ma sempre uno squarcio tra le nubi nere, e sempre il nostro sole, che mai mi ha mai lasciato. Sai non ho mai abbandonato la voglia di fermare sulla carta tutti i miei pensieri, la mia azione, e quanto mi piacerebbe che tu potessi leggere con me tutti quelli scritti di sangue e speranze.
E sapessi quante donne, belle, dolci e forti mi hanno aiutato in questo gravoso compito.
Adesso tutto è finito. Il sole brilla forte e caldo nel cielo, siamo donne e uomini liberi, abbiamo pagato tanto, forse troppo, ma è così bello poter riposare un poco qui accanto a te, parlarti, e sentirti felice perché tutto quello che tu hai fatto, non è stato vano.
L’Italia è libera, sono serena, e piena di voglia di costruire e progettare, per noi, per Paolo, per tutti i compagni che non ci sono più e per tutti quelli che sono qui al nostro fianco, sempre pronti a offrire tutto, per far si che sulla nostra bella terra sempre sorga il sole della libertà, dell’eguaglianza, della felicità.
Addio caro Piero, Arrivederci mio amato, a presto.
Ada Gobetti.
Parigi, maggio 1945.
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Caro Diario, ho conosciuto un ragazzo che arriva da lontano, e il profumo della sua pelle, il suo sorriso strano, mi portano pensieri e visioni di una terra calda che non conosco, mi piace e nello stesso tempo m’inquieta, quando siamo soli, ogni bacio è un discorso, ogni parola è una carezza… Continuiamo a cercarci, e poi subito lunghe discussioni, riflessioni, spesso anche litigate, il suo essere unico, il suo viaggio, la sua patria lontana così bella, ma ancora così oppressa e sfruttata, il suo continuare a cercare la libertà, la vita onesta e bella di un lavoro, di sentirsi “uomo” con tutti e dovunque è continua fonte di ragionamenti e progetti…
Forse e proprio questo che non ci fai mai stare zitti, anche con gli altri, gli amici e i compagni, ma soprattutto anche con chi pensa, e proprio non riesco a capirli, che non siamo tutti uguali, questi qui che comandano, e che continuano a buttare polvere negli occhi.
Questi qui che considerano le donne, oggetti, merce per il supermercato, poi basta un’etichetta colorata e lucida, per attirare attenzioni e trovare qualcuno che compra, fa niente se nella scatola solo il vuoto. Come ci arrabbiamo Karim ed io, caro Diario, tu neanche te lo immagini.
Io studio e lavoro, anche se chiamare lavoro questo schifo di contratto a termine, è davvero un esagerato complimento… si signor padrone, si signor cliente, si signore… 600 euro al mese, che non mi servono neanche per comprare i libri dell’Università… per fortuna che c’è Karim che mi fa ridere… ultimo tra gli ultimi che mi tocca pure pagargli la pizza… Che se non ci fossero papà e mamma, neanche quella potrei pagare, meno male che sono Antifascista e con gli amici abbiamo un bel po’ di progetti per il nostro quartiere, per l’Università, per la nostra vita… e ogni manifestazione ci vede sempre in prima fila.
L’anno scorso mi sono pure iscritta all’ANPI, papà era un secolo che me la menava, ma la voglia mi è venuta, quando ho cominciato a parlare con la nonna di quello che hanno fatto lei e il nonno, (che mi manca tanto) in una primavera di sessantasei anni fa…
Porca paletta e avevano sì e no la mia età… mi sembra impossibile, comunque anch’io se posso faccio la ribelle, ho litigato pure in posta con i soliti fascisti e razzisti, e poi mi sto davvero appassionando alla storia, quella vera… sono andata pure al congresso dell’ANPI cittadino, e ho visto che adesso le ragazze e i ragazzi come me sono tanti, e con loro è facile lavorare, progettare, sognare un mondo migliore… mi piacerebbe davvero poter contribuire a cambiare in qualche modo, questa triste città, questo strano paese, quest’Italia così bella ma sempre così oltraggiata, davvero io sogno tanto, tantissimo, forse anche più di Karim,
Voglio la natura e non il cemento, voglio una scuola per imparare davvero, voglio lavoro e non sfruttamento, voglio libertà, cultura e arte, voglio cantare, suonare, scrivere poesie, voglio giustizia ed equità, voglio davvero sognare un mondo giusto e bello, voglio amare… avere figli e vivere libera… ti sembra così difficile, mio caro Diario segreto… Mamma dice “apri gli occhi, smetti di sognare” io invece gli chiudo e sogno ancora più forte…
Adesso mercoledì che vado giù all’ANPI vedo come si può per fare avere la tessera a Karim, anche lui è Antifascista, e nel suo paese stanno combattendo ora per la Libertà, come combatterono mia nonna e mio nonno Partigiani in un’Italia di tanti anni fa… che poi la nonna lo dice sempre che non è di sicuro questa l’Italia che volevano e per cui hanno combattuto… E poi si avvicina il 25 aprile la nostra festa, non vedo l’ora di cantare “Bella Ciao” e scendere nelle vie del mio quartiere e della mia città per mio nonno, per i miei cari Partigiani, per tutti noi dell’ANPI, e per tutta questa Italia che chiude gli occhi, stringe i pugni e sogna ancora più forte, proprio come me…
Jessica.
Milano, Marzo 2011.
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ATTENZIONE: pura opera di fantasia… Le lettere di Enrichetta Pisacane e Ada Gobetti non sono documenti storici. Ho cercato di riportarvi (spero senza errori) alcuni fatti veri e documentati sulla loro storia. Il tutto, avrete capito… è immaginazione. Jessica poi… non esiste, ho meglio… forse esistono tantissime Jessica, e qualcuna per fortuna la conosco.
Allora diciamo: situazioni inventate che mi hanno permesso di scrivere e magari farvi leggere spero con piacere, un augurio particolare per il 150° della nascita dell’Italia. Tre donne e la loro storia… poi come esile ma tenace filo conduttore il Risorgimento, la Resistenza, l’Antifascismo, per una riflessione sentita su questa tormentata e amata Italia.
Ivano Tajetti.
ANPI Barona. Milano.
1 commento:
grazie sei una nuova scoperta.....in questo giorno così retorico le tue righe riportano freschezza.
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