"Torino era imbandierata di tricolori", ma stavolta non le hanno dato troppo fastidio. Fin da ragazzina preferiva la bandiera rossa. Ma in questi giorni ha interpretato quell'impavesamento come una risposta alla Lega. Dell'Unità d'Italia le piace pensare che la Resistenza l'abbia riscattata dal fascismo e che oggi debba essere salvaguardata dal secessionismo strisciante.
A Torino, Bianca Bracci Torsi c'è andata come delegata della sezione romana Villaggio globale, al congresso nazionale dell'Anpi, l'associazione dei partigiani in cui la responsabile Antifascismo di Rifondazione comunista (nel comitato direttivo, tra gli altri, è stata eletta Lidia Menapace), è consigliere nazionale.
Ecco un'altra cartolina di Bianca da Torino: la standing ovation, l'unica del congresso per l'intervento di Massimo Rendina, presidente dell'Anpi di Roma ma all'epoca comandante della Brigata Garibaldi in Piemonte. "E' stato riconosciuto come il liberatore di Torino grazie alla disobbedienza all'ordine degli Alleati di aspettarli. Ma bisognava salvare i gappisti che, con lo sciopero del 18 aprile del '45, erano ormai scoperti. E c'era da salvare la Fiat dalle mine naziste. Se qualcuno se lo fosse ricordato prima forse Marchionne non avrebbe fatto quello scempio dei diritti dei lavoratori".
Come ha reagito il congresso all'ennesimo vento di guerra, quello che sta soffiando sulla Libia?
A Torino, Bianca Bracci Torsi c'è andata come delegata della sezione romana Villaggio globale, al congresso nazionale dell'Anpi, l'associazione dei partigiani in cui la responsabile Antifascismo di Rifondazione comunista (nel comitato direttivo, tra gli altri, è stata eletta Lidia Menapace), è consigliere nazionale.
Ecco un'altra cartolina di Bianca da Torino: la standing ovation, l'unica del congresso per l'intervento di Massimo Rendina, presidente dell'Anpi di Roma ma all'epoca comandante della Brigata Garibaldi in Piemonte. "E' stato riconosciuto come il liberatore di Torino grazie alla disobbedienza all'ordine degli Alleati di aspettarli. Ma bisognava salvare i gappisti che, con lo sciopero del 18 aprile del '45, erano ormai scoperti. E c'era da salvare la Fiat dalle mine naziste. Se qualcuno se lo fosse ricordato prima forse Marchionne non avrebbe fatto quello scempio dei diritti dei lavoratori".
Come ha reagito il congresso all'ennesimo vento di guerra, quello che sta soffiando sulla Libia?
Ha reagito senza se e senza ma. E' stato votato all'unanimità l'ordine del giorno che ribadisce l'articolo 11 della Costituzione, che chiede lo stop ai bombardamenti e a qualunque tipo di intervento armato. Inoltre, il documento finale è esplicito quando chiede di favorire il ritorno dei "nostri" ragazzi dalle missioni di guerra e di tagliare le spese militari.
Do i numeri: 345 delegati per 120mila iscritti, 15mila in più nel 2011, 50mila fans su facebook. L'Anpi, sta cambiando.
Sì è cresciuta, non è più un'associazione solo combattentistica. Dal 2006, non solo per ragioni anagrafiche, ha aperto ai giovani e alle donne, intendendo per giovani tutti gli antifascisti che non hanno potuto fare la Resistenza. E' stato un congresso vero, il nostro, con un dibattito forte e civile da cui emerge un ruolo dell'Anpi come promotore di una nuova resistenza che raccoglie le sue forze nell'antifascismo militante che oggi si esprime nei partiti di sinistra ma anche largamente in nuove forze che magari quei partiti li criticano pur riconoscendo che esista più di un rischio per la democrazia: il suo nome è fascismo, al di là della riverniciatura e delle rivisitazioni.
Chi c'è oggi assieme ai vecchi partigiani?
Nell'Anpi ci sono cittadini democratici, i comunisti e anche attivisti di centri sociali, studenti dei collettivi, esponenti di associazioni coi quali molti di noi non hanno in comune storie e modalità di azione. Ma questo nel '43 non ha impedito l'unione del Cln. Io stessa mi sento più vicina a un gruppo anarchico piuttosto che ai liberali o ai monarchici che nel '43 erano con noi.
E' vero, s'era notato un nuovo attivismo attorno all'associazione dei partigiani, in controtendenza con la crisi dei partiti storici della sinsitra. Non temi che possa esserci il rischio che qualcuno veda nell'Anpi la destinataria di una sorta di supplenza della politica?
C'è stato dibattito attorno a una tesi di destra, ossia quella secondo cui i partiti non servono più, che la politica vera sia quella fatta fuori da essi. Una critica che non viene solo dai giovani più inesperti. Credo che i partiti non sono alternativi ma necessari alle aggregazioni varie. Ricordiamoci che l'antipartitismo è tipico dei fascismi.
Su cosa è avvenuto il confronto politico più intenso?
Si partiva da un documento che in molti abbiamo ritenuto blando e generico, ossia facilmente interpretabile per tutti i gusti. A partire dai congressi di sezione, e via via fino a Torino, c'è stato un lavoro diffuso che ha portato a chiarirlo e arricchirlo, renderlo più netto. Uno dei nodi era l'analisi
della destra alla luce delle sue recenti divisioni e il rischio che non fosse evidente il fatto che le destre italiane siano prive di ogni cultura democratica e antifascista. Prova ne sono i legami con formazioni dichiaratamente neofasciste. Altro terreno di confronto è stato sulla necessità di attuare la Costituzione, non solo di assumersi la salvaguardia dei principi.
Ecco, quali sono i compiti che s'è data l'Anpi?
Innanzitutto quello di mantenere vive la conoscenza e la condivisione dell'antifascismo e la consocenza di quello che è stato tutto il fascismo. Diversi delegati, molti di radici slovene, hanno sollevato il dramma dell'occupazione in Jugoslavia a partire dagli anni '20 contro il revisionismo implicito in quella celebrazione dell'orgoglio fascista che è la Giornata della memoria delle foibe. Il dibattito ha riscontrato che il nemico non marcia solo tra le forze esplicitamente neonaziste e neofasciste, presenti in tutta Europa, ma in ogni proposta e iniziativa che riproponga elementi di fascismo come il corporativismo di cui è portatore Marchionne. Nostro compito sarà anche quello di individuare gli aspetti più nascosti di questo ritorno. Quando si va nelle scuole bisognerà parlare dell'intero periodo fascista. Oltre all'impegno contro la campagna reviosionista - con l'attacco alla resistenza che passa per i ripetuti tentativi di equiparare repubblichini e partigiani, per la riscrittura della toponomastica e per il degrado di luoghi storici della Resistenza - servono azioni concrete contro la semischiavitù del lavoro, contro i centri di detenzione oggi inaccettabili e da chiudere. Dobbiamo lottare per abolire il reato di clandestinità, contro il secessionismo leghista e i tagli al welfare.
Do i numeri: 345 delegati per 120mila iscritti, 15mila in più nel 2011, 50mila fans su facebook. L'Anpi, sta cambiando.
Sì è cresciuta, non è più un'associazione solo combattentistica. Dal 2006, non solo per ragioni anagrafiche, ha aperto ai giovani e alle donne, intendendo per giovani tutti gli antifascisti che non hanno potuto fare la Resistenza. E' stato un congresso vero, il nostro, con un dibattito forte e civile da cui emerge un ruolo dell'Anpi come promotore di una nuova resistenza che raccoglie le sue forze nell'antifascismo militante che oggi si esprime nei partiti di sinistra ma anche largamente in nuove forze che magari quei partiti li criticano pur riconoscendo che esista più di un rischio per la democrazia: il suo nome è fascismo, al di là della riverniciatura e delle rivisitazioni.
Chi c'è oggi assieme ai vecchi partigiani?
Nell'Anpi ci sono cittadini democratici, i comunisti e anche attivisti di centri sociali, studenti dei collettivi, esponenti di associazioni coi quali molti di noi non hanno in comune storie e modalità di azione. Ma questo nel '43 non ha impedito l'unione del Cln. Io stessa mi sento più vicina a un gruppo anarchico piuttosto che ai liberali o ai monarchici che nel '43 erano con noi.
E' vero, s'era notato un nuovo attivismo attorno all'associazione dei partigiani, in controtendenza con la crisi dei partiti storici della sinsitra. Non temi che possa esserci il rischio che qualcuno veda nell'Anpi la destinataria di una sorta di supplenza della politica?
C'è stato dibattito attorno a una tesi di destra, ossia quella secondo cui i partiti non servono più, che la politica vera sia quella fatta fuori da essi. Una critica che non viene solo dai giovani più inesperti. Credo che i partiti non sono alternativi ma necessari alle aggregazioni varie. Ricordiamoci che l'antipartitismo è tipico dei fascismi.
Su cosa è avvenuto il confronto politico più intenso?
Si partiva da un documento che in molti abbiamo ritenuto blando e generico, ossia facilmente interpretabile per tutti i gusti. A partire dai congressi di sezione, e via via fino a Torino, c'è stato un lavoro diffuso che ha portato a chiarirlo e arricchirlo, renderlo più netto. Uno dei nodi era l'analisi
della destra alla luce delle sue recenti divisioni e il rischio che non fosse evidente il fatto che le destre italiane siano prive di ogni cultura democratica e antifascista. Prova ne sono i legami con formazioni dichiaratamente neofasciste. Altro terreno di confronto è stato sulla necessità di attuare la Costituzione, non solo di assumersi la salvaguardia dei principi.
Ecco, quali sono i compiti che s'è data l'Anpi?
Innanzitutto quello di mantenere vive la conoscenza e la condivisione dell'antifascismo e la consocenza di quello che è stato tutto il fascismo. Diversi delegati, molti di radici slovene, hanno sollevato il dramma dell'occupazione in Jugoslavia a partire dagli anni '20 contro il revisionismo implicito in quella celebrazione dell'orgoglio fascista che è la Giornata della memoria delle foibe. Il dibattito ha riscontrato che il nemico non marcia solo tra le forze esplicitamente neonaziste e neofasciste, presenti in tutta Europa, ma in ogni proposta e iniziativa che riproponga elementi di fascismo come il corporativismo di cui è portatore Marchionne. Nostro compito sarà anche quello di individuare gli aspetti più nascosti di questo ritorno. Quando si va nelle scuole bisognerà parlare dell'intero periodo fascista. Oltre all'impegno contro la campagna reviosionista - con l'attacco alla resistenza che passa per i ripetuti tentativi di equiparare repubblichini e partigiani, per la riscrittura della toponomastica e per il degrado di luoghi storici della Resistenza - servono azioni concrete contro la semischiavitù del lavoro, contro i centri di detenzione oggi inaccettabili e da chiudere. Dobbiamo lottare per abolire il reato di clandestinità, contro il secessionismo leghista e i tagli al welfare.
di Checchino Antonini su Liberazione (29/03/2011)
Nessun commento:
Posta un commento